Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
“Your account was disabled because we determined that you are ineligible to use Facebook”.
Questa la sintetica ed unica spiegazione che delibera il blocco del mio account sul social e con esso anche il blocco della mia persona ad ogni ulteriore accesso.
La notifica arriva dopo molti anni di navigazione attiva, al punto che pochi giorni prima, in una delle finestre inopportune e non richieste di avvisi feedback con i quali Fb tende a fidelizzare i suoi utenti, mi veniva comunicato di aver raggiunto la soglia degli 88.000 “mi piace” sui miei post.
L’ovvia radicale incongruenza della giurisdizione sommaria della conduzione Fb sta già tutta in questo: ci vogliono anni per decretare che qualcuno è “ineligibile” all’uso di qualcosa che è già in uso da anni? Non si può chiedere coerenza e logica normativa in un ambiente geneticamente privato ed arbitrario per intrinseca disposizione. Questo è ovvio, anche se non accettabile dal momento che Fb assume una posizione egemone nello sviluppo delle comunicazioni interattive a largo raggio tra le persone reali in un contesto dove i feedback dell’identità sociale sono altrimenti gestiti alla falsificazione mediatica e passivizzante dei network televisivi. Tra la funzione ipnotica delle televisioni e l’interattività effettiva della rete il confronto è evidente. Nel secondo caso il virtuale si riduce alla dimensione spaziale mentre resta in qualche modo operativa la potenzialità degli utenti di interagire con le fonti diversificate di informazioni e tra loro stessi. Gli effetti si sono visti in occasione delle recenti esperienze di mobilitazione di massa in occasione di referendum, elezioni, e movimenti di opinione. La conseguenza ulteriore è stata che i gestori politici delle reti sono corsi ai ripari con campagne di restrizione, controllo, falsificazione programmata, banalizzazione dei contenuti e, in casi specifici, con la creazione diffusa di agenzie di contrasto tramite l’azione di troll che intervengono nei gruppi di opinione. Tutte queste operazioni passano sotto una massiccia campagna mediatica imbastita all’insegna di una lotta senza quartiere ai danni delle fake news in rete.
Come ogni processo mafioso e totalizzante, chi vuole imporre l’arbitrio del proprio dominio con la censura, ha bisogno di imputare alla vittima le intenzioni truffaldine che sono a monte delle finalità private di chi gestisce per fini propri le necessità vitali di tutti.
Il paragone che si potrebbe fare per descrivere la posizione di un utente medio dei canali telematici è quella di un pesce in una vasca di acqua sempre più priva di ossigeno dove ogni tanto viene introdotta una corrente di rabbocco ma sempre insufficiente alla sopravvivenza biologica.
Il privato che assurge a forma di dominio esclusivo, senza neppure la mediazione di una gestione sociale delle regole, è più che mai una forma di privazione, di spossessamento, di riduzione all’unico delle differenze; in ultima analisi è pura regressione e violenza esercitata sulla natura socializzante degli individui.
Pratica e teoria coincidono in un unico assioma ideologico nel capitalismo estremo che caratterizza questa fase dello sviluppo produttivo sul pianeta: deve essere così e basta!. Ogni funzione vitale, ogni risorsa, ogni bene comune, ogni facoltà che appartiene all’ambiente naturale e agli stessi individui vengono prima arbitrariamente spossessati e privatizzati (cioè se ne vieta l’uso libero, comune e condiviso), quindi, in qualità di beni essenziali, vengono erogati nella forma di una concessione di merce che deve essere acquistata al fine stesso di legittimare l’ordine gerarchico del potere. Si crea la subordinazione sociale per legittimare il comando di pochi, attraverso una prassi di rapina che è premessa e finalità della follia psicotica narcisista del capitalista in quanto tale. La logica del capitalista è psicotica. Perversa. Non può essere giustificata da alcuna teoria perché nasce da un compulsione che non lascia spazio ad alcuna legittimazione o confronto. E’ puro arbitrio e basta.
L’informazione è come l’aria, circola libera per sua stessa definizione strutturale. Ma per il capitalista non è così. Innanzitutto perché lui stesso non è capace di comunicare. Ovvero esiste solo in quanto incapace di empatia umana. Il denaro è l’unico termine di relazione purché egli lo possegga tutto. Il capitalista teme la relazione, teme il confronto paritario. Figuriamoci se può tollerare l’informazione libera ed il concetto di sovranità di ciascun individuo.
L’informazione e la comunicazione umana sono per il capitalista come l’acqua…; è intollerabile che possa essere considerata un bene comune ed una risorsa da tutelare come realtà essenziale, necessaria e libera; addirittura costituente, dal momento che la vita esiste su questo pianeta solo grazie all’acqua. Come si può privatizzare un bene da cui noi stessi siamo nati? Capite il fulcro della questione? Capite fino a che punto i capitalisti odiano la vita ed i loro simili? Capite fino a che punto sono generati da una entità materna deforme, infelice, distruttiva, ostile, invidiosa e violenta che ha generato il figlio vampiro a sua immagine e divina sembianza?
Ho fatto il paragone con l’acqua perché è profondamente rivelatore.
La vita è come l’acqua.
La madre è il tramite della vita.
Entrambe generano la vita e la nostra stessa identità su questo pianeta.
Se la madre è malata anche l’acqua è avvelenata. Ed ogni richiesta di dissetamento si muta in aceto!
Incapace di dare affetto crea figli deformi che si nutrono del sangue degli altri. Mors tua vita mea; trarre giovamento del sacrificio programmato su un capro espiatorio o rubare la terra e le risorse degli altri definisce la natura antiumana dell’identità giudaico-cristiana, in una parola sionista, del capitalismo in Occidente.
Insomma solo chi è un vero bastardo e figlio di puttana può anche solo pensare di togliere l’acqua, l’aria, la comunicazione umana dalla naturale condizione di libera fruizione e farne una merce privata!!!
Quante campagne giornalistiche, quanti articoli parascientifici erogati in questi anni per seminare la previsione terroristica della degenerazione geopolitica di conflitti per la spartizione di una risorsa rara e sempre più preziosa come l’acqua…. Quanta falsificazione mediatica!
Si dia il caso che l’acqua è l’unica risorsa che si usa e che non si può consumare mai perché fa parte di un ciclo continuo della natura che la fa evaporare, distillare e ridistribuire sul pianeta sotto forma di precipitazione metereologica, di fiumi, di laghi. Inoltre le tecnologie di desalinizzazione alimentate da una energia praticamente gratuita come quella solare possono implementare ulteriormente le disponibilità idriche per tutti e più ancora. A patto che lo si voglia fare. A patto che si vogliano affrontare i veri problemi che la risorsa idrica subisce ad opera dell’inquinamento e dello sfruttamento industriale. A patto che non prevalga una logica di morte dell’economia narcisista autistica del capitale a scapito di una sana cultura della vita.
E’ impossibile mettere nella gabbia della merce e del profitto beni come l’acqua e la comunicazione umana senza distruggere la stessa natura umana dei rapporti sociali!
Anche solo pensare questo significa aver varcato la soglia della salute mentale. Cioè significa mettere una seria ipoteca sulla possibilità dela nostra specie di sopravvivere nel novero della diversità biolgica della natura.
Per tornare alla mia personale e modesta verifica pragmatica di quanto sia idiota il modo di procedere del monolitismo autistico nel monopolio mediatico, qualnque sia l’anonimo operatore del palazzo kafkiano che mi ha inviato quel messaggio di “ineligibilità”, qualunque sia stato l’input politico che mi ha selezionato come oggetto da estirpare per far spazio incontrastato al discorso unico della falsificazione mediatica, ciò che è evidente è la totale insignificanza della possibilità di trattare dei contenuti, delle opinioni, delle idee o delle forme espressive da contestare; tutta la valenza è spostata sulla persona, sul soggetto da abolire, cancellare, rimuovere dal mondo della ristretta casistica di ciò che può esistere nel mondo lobotomizzato della comunicazione, nella porzione che loro considerano come compatibile con la loro esistenza reale.
Sono davvero convinti che la realtà sia fatta da ciò che si può rappresentare e non invece da ciò che è in sé. Che ciò che sembra sia più vero di ciò che è vivo. Basta allora togliere il bambino dal contesto della folla che assiste alla sfilata del Re ed impedirgli di parlare, per convincersi davvero che il monarca sia vestito degli abiti più sfarzosi e belli del reame.
La follia è salita al potere. Non diversamente da così accadde a quel fanfarone di Benito che credette davvero che far sembrare infinita la potenza del regime grazie unicamente ai mezzi di informazione, allora in precoce e magica espansione, equivalesse a moltiplicare anche la potenza “imperiale” dell’economia e di quella militare. Il capitalismo è un bluff, è un fake che ha creduto che montare la maionese della bolla speculativa finanziaria significasse davvero creare infinita ricchezza. Il fascismo è ancora una volta l’esigenza strutturale del capitalismo nella sua dissoluzione imperiale, nella sua fase estrema, quella teocratica in cui pretende di sussumere l’intera genetica della natura in qualità di variabile dipendente dalla loro cosmica coglionaggine settaria. Solo chi è veramente insignificante verso se stesso può assumere concretamente la pretesa di essere Napoleone o Dio. Ma il fascismo è anche più che mai antistorico. La tecnologia è l’esatta antitesi di ogni limitazione. Per struttura amplifica, espande e prolunga le funzioni di ciascun individuo creando scenari sociali incomparabili con il riduzionismo all’autismo dei vampiri del Nuovo Ordine Mondale. Ecco allora il disappunto, l’impotenza e l’ira della putrefazione borghese che per conservare il paradigma della sua alienazione strutturale è costretta a imporre uno scenario sociale e politico dove il bisogno di reprimere, censurare, dirigere si risolve nel rappresentarsi come una enorme farsa del FALSISMO mediatico. Siamo tutti ospiti paganti e microchippati in questo circo Togni delle falsità. Al ballo mascherato delle celebrità artefatte, nella migliore delle ipotesi, non può che finir male. La storia ne è testimone e strada maestra.