Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Da anni e anni il nostro sport preferito è stato quello di attaccare il Pds/Pd. Lo abbiamo fatto come socialisti “tout court”; per continuare a vendicarci, almeno verbalmente, di coloro che erano stati i nostri carnefici. E come partecipi della sinistra antagonista; per contestarlo radicalmente come pilastro del sistema “ordoliberista” e del “politicamente corretto”.
Tutto vero e tutto giusto. Come è vero che Zingaretti merita pienamente il titolo di “Sua mediocrità”.
E però, tutti i processi politici contengono in sé la possibilità del cambiamento per i loro protagonisti. E, in determinate circostanze, il diritto alla solidarietà politica e magari anche umana. E, nella fase in cui viviamo, occorrerebbe scommettere sul primo e garantire la seconda.
Oggi, il nemico principale è la destra, quella di Salvini e, ancor più, quella di Berlusconi: quella del “fai da te”contro lo stato e le istituzioni; quella che considera la lotta all’evasione e alle disuguaglianze un attentato alla libertà; quella che, in definitiva, continua a sostenere quella linea del “meno tasse meno spese”già rovinosamente praticata lungo tutti questi anni.
Una linea sostenuta a spada tratta anche da Renzi. Il capo di un partito che ha fatto dell’ostilità esistenziale verso il Pd il filo rosso della Leopolda. Uno che vorrebbe diventare il Macron italiano e che, nell’impossibilità di scompaginare il centro-destra, si dedica, per l’intanto, a distruggere lo schieramento di cui fa parte. Uno che dichiara apertamente che sostiene il governo perché gli fa comodo ma di considerare a futura memoria, come avversari sia il Pd che il M5S. Il quale M5S veleggia in una permanente crisi di identità. Con un capo politico che ha la mentalità del capoclasse; ma non la capacità di svolgerne il ruolo.
In tali circostanze, Conte e il Pd hanno diritto alla nostra solidarietà e al nostro sostegno. Che non significa complicità; perché è l’esatto contrario.
Chi non rivendica la sua identità e i suoi obbiettivi finisce con rivestire gli abiti che i suoi nemici gli hanno cucito addosso. Chi si lamenta per la campagna di odio scatenata nei suoi confronti non può rispondere invocando tolleranza e comprensione ma deve difendersi e contrattaccare. Chi parla di svolta praticandola in modo confuso e omeopatico non la rende credibile anzi la cancella dall’immaginario collettivo. E, infine, chi vuole cambiare e si ferma di fronte alle proteste corporative di quanti non vogliono rinunciare a nessuno dei privilegi di cui godono, perde la sua stessa legittimazione politica.
Non può allora essere difeso a lungo chi non merita di essere difeso. E difendersi vuol dire reagire. A partire dalla rivendicazione come titolo di merito di quello che, per i nostri nemici, è colpa grave. “Sìssignori, noi siamo il governo del “tassa e spendi”. Perché riteniamo che la gestione corretta di questi due strumenti spetti allo stato e a nessun altro. E che la lotta all’evasione, se vuole essere una cosa seria, deve costruire un nuovo rapporto tra stato e cittadino e non essere sbandierata come lotta ai grandi evasori e nulla più. Perché riteniamo, assieme alla stragrande maggioranza degli economisti e buona parte dei governi, che l’unico strumento praticabile per uscire dalla stagnazione cronica per assenza di domanda siano grandi investimenti pubblici mirati e che la politica di austerità non sia altro che sterile ortodossia. E, infine, perché riteniamo che l’unico modo per recuperare la fiducia dei cittadini non sia quello di ascoltarli ma di spiegargli con chiarezza i nostri propositi”. Queste le “parole di sinistra” che vorremmo sentire qui e ora. Per i fatti, siamo disposti ad aspettare…