Giudicare la manifestazione di Eurostop a Roma come una manifestazione di “sinistra”, con l’accezione che tale termine ha acquisito negli ultimi tempi di adesione sia pure critica o contestaria all’Unione Europea e alla sua strategia politica ed economica di devastazione sociale ed ambientale, costituirebbe una lettura superficiale e deviante.
E’ ben altro. Sia pure in termini ancora contenuti, si tratta dell’embrione di un possibile processo di trasformazione che vede i primi passi con la formazione di un composito blocco sociale alternativo non solo al servile ed evascenente governo italiano e alle sue propaggini per così dire “riformiste” ma anche alla governance della finanza mondialista imposta in Europa dall’imperiale Germania merkeliana e dalle sue appendici costituite dai maggiordomi più notabili.
Tale processo prevede in questa fase lo scollamento dall’ideologia neoliberista di aree sempre più numerose della popolazione, la messa in liquidazione delle “verità” padronali relative al mondo del lavoro, la presa sempre più marcata di distanza dalle dirigenze complici sindacali, l’acquisita consapevolezza che nessuna emancipazione è realizzabile senza una fuoruscita dalla gabbia costituita dall’Euro, dall’Unione Europea, dalla Nato, e soprattutto l’avvenuta maturazione della propria forza, della capacità non solo contestativa ma anche propositiva nell’immediato come anche in una prospettiva strategica.
Si è ancora agli inizi. Nessuna conquista all’ordine del giorno del “palazzo d’Inverno”. Ma si è visto a Roma, come precedentemente in altre città ( Napoli, Milano, Torino…) l’emergere di quel blocco sociale (lavoratori della logistica, dei comparti del pubblico impiego, studenti, pensionati, precari, disoccupati, operai, immigrati…) destinato ad allargarsi e a crescere d’intensità, ad ampliarsi nelle campagne dove vige uno sfruttamento di tipo “schiavistico”.
Unità ma su parole d’ordine che siano antagoniste al “nemico” che si annida oggi nelle stanze dell’apparato politico/finanziario per interposta persona. Unità – veramente senza se e senza ma – contro il mondialismo guerrafondaio e genocida.
Unità costruita, non su ammucchiate prive di teoria e di strategia anticapitalista che si formano periodicamente ad ogni tornata elettorale alla ricerca di un leader carismatico, ma su proposte strategiche alternative al dominio del mercato. Recupero della sovranità politica e monetaria, dell’intervento pubblico nell’economia e nel rispetto dei beni comuni, nell’occupazione, nello stato sociale, nella dismissione delle spese militari e delle missioni all’estero, nell’abrogazione delle leggi sul lavoro relative agli ultimi decenni…
Unità con aggregazioni politiche diverse che sappiano ideare un progetto di medio termine indispensabile per fuoruscire dalla devastazione sociale ed economica attuale e che sappiano posporre idealità strategiche successive.
Chi è stato affascinato ultimamente dal micro pensiero economico delle destre e delle sinistre di governo chiarisco che il debito pubblico senza la crescita della produzione, dei salari, degli stipendi e delle pensioni è destinato a crescere. Come è infatti avvenuto con l’Unione Europea e con l’Euro.
Ed inoltre il debito pubblico costituisce un problema solo quando non si ha una moneta propria, quando non si ha una banca nazionale centrale al servizio del Tesoro e non della speculazione, quando non vi sono leggi bancarie che impediscano la creazione dal nulla del denaro, quando non vi sono leggi sulla borsa che favoriscano la speculazione.
Siamo più forti. I popoli sono più forti dei potenti della terra, come diceva un grande dirigente cinese oggi poco ascoltato. Possono perdere solo quando si fanno male da soli, quando su obiettivi qualificanti non riescano a trovare l’unità necessaria.
Foto: Usb (da Google)