Dalla vittoria di Trump alla Presidenza degli Stati
Uniti la narrazione in merito al conflitto ucraino – russo è cambiata. L’input
è venuto dal Presidente uscente Biden quando con una decisione da lasciare
basiti ha autorizzato l’Ucraina ad utilizzare i missili a lunga gittata contro
la Russia. Alla decisione di Biden sono
seguite le prese di posizione del nuovo segretario della NATO e quelle dei governi
britannico, francese, tedesco e italiano. Di recente il cancelliere Scholz ha
incontrato Zelensky rassicurandolo circa il sostegno del governo tedesco. Pur
in presenza di una crisi economica terribile che segna, per l’economia di quel
paese, l’ufficializzazione della recessione, le risorse finanziarie per il
sostegno all’Ucraina verranno poste nel prossimo
bilancio sottraendole a voci di spesa utili per affrontare la crisi. Stessa
cosa dicasi per il Governo Italiano il quale aumenta la posta finanziaria per
la spesa in armamenti prevedendo, nel contempo, tagli per
12 miliardi di euro che finiranno con il pesare sul bilancio delle famiglie.
Alle dichiarazioni del Ministro della difesa Crosetto
fanno da eco quelle dell’ex commissario Gentiloni per il quale è urgente prevedere
l’introduzione di eurobond per finanziare il riarmo dei Paesi UE tra i quali
l’Italia. L’establishment economico, finanziario e militare sta utilizzando i
media per inculcare nell’opinione pubblica l’idea che siamo in presenza di una emergenza
paragonabile a quella sanitaria, questo al fine di rendere accettabile qualsiasi
tipo di provvedimento che sia l’UE che i Governi nazionali si apprestano a
varare. Tra i possibili provvedimenti la sospensione deal patto di stabilità
per quanto riguarda la spesa militare. Spesa pubblica a debito che, come è
successo per la crisi pandemica, dovrà comunque essere successivamente
recuperata con ulteriori vincoli da imporre ai singoli Stati come è successo di
recente con il ritorno a politiche di
austerità. Detto in modo semplice, è possibile contrarre debito pubblico
per produrre carri armati, bombe, missili ed altri ordigni bellici, non è
possibile contrarre debito pubblico per la sanità, la ricerca, l’innovazione
tecnologica, per il rinnovo dei CCNL scaduti, per un piano di assunzioni nella
P.A., per la transizione ecologica e così via. Storicamente solo gli Stati militaristi
e guerrafondai hanno operato in questo senso.
Quanto si appresta a fare l’UE, e i governi dei
singoli Stati ad essa aderenti, ricorda periodi molto bui della storia europea.
Negli anni 30 del secolo scorso la
Germania nazista ha operato nello stesso senso di quanto si appresta a fare
l’U.E. . Il ministro dell’economia del Governo presieduto dal Cancelliere Adolf
Hitler, Hjalmar H.G. Schacht, fece leva sulla spesa militare per favorire la ripresa
economica della Germania distrutta dalla Crisi del 29 e dalle politiche di
austerità adottate dai governi di quell’epoca. Non attuò solo politiche di
riarmo, fece anche altro finalizzando il tutto al riarmo della Germania.
Schacht non aderì al Nazismo, era un esponente
della borghesia liberal-nazionalista della Germania dell’epoca. Questo solo
per evidenziare come capitalismo, liberalismo e nazionalismo, nella Storia si sono
trovati spesso e volentieri a braccetto. L’economista Kalechki ha definito le
politiche economiche del Governo nazista con il termine di keynesismo di
guerra. Gli indirizzi che vengono dall’UE e dai singoli governi nazionali sono
riconducibili alla formula utilizzata da Kalechki. Le politiche economiche
attuate da Schacht, come provano i provvedimenti varati dai due governi, sono molto simili a quelle attuate da F.D.
Roosevelt. Tra i provvedimenti varati a
quell’epoca dagli USA è da annoverare l’approvazione della Legge affitti e
prestiti che consentì agli USA di sostenere, attraverso la consegna di
materiale bellico, il Regno Unito, l’URSS, la Francia e la stessa Cina nella
guerra che li contrapponeva alle forze armate dell’Asse. Il suddetto strumento
legislativo era anche utile per sostenere la domanda aggregata dell’economia
USA. Il debito pubblico degli USA in quegli anni era enorme. Eleanor Roosevelt,
consorte del Presidente, ebbe modo di dichiarare che con La legge affitti e
prestiti l’industria americana avrebbe avuto commesse tali da aiutarla ad
uscire dalla crisi nella quale versava. Il recente discorso di Draghi al
Parlamento UE fa riferimento alla necessità di avviare una politica di riarmo
attraverso l’introduzione di eurobond, a tale invito ha fatto immediatamente sponda il
presidente di Bankitalia, Panetta. Il discorso tanto di Draghi quanto quello di
Panetta, come era ovvio, è stato infarcito di altra roba, del tipo: serve un
debito pubblico comune per superare il
gap tecnologico, essere competitivi, favorire la transizione ecologica,
aumentare la produttività del lavoro ed altro ancora. Il punto è che
l’emergenza immediata è il conflitto ucraino – russo, il quale in
previsione dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, cosa che non
avverrà prima di gennaio del prossimo anno,
stando a quanto detto in campagna elettorale potrebbe cessare nel giro
di qualche mese, modificando il contesto con effetti negativi sul complesso
industriale – militare. Non bisogna mai dimenticare che la fine dell’occupazione
dell’Afghanistan da parte degli eserciti occidentali ha rappresentato la
riduzione di spesa pubblica a favore dell’industria delle armi, per cui, non è
da escludere che tra le tante cause che hanno determinato il ritorno di
conflitti bellici possa esserci anche quella del rilancio dell’industria degli
armamenti e del suo indotto. Essendo la fine del conflitto ucraino – russo uno
scenario possibile, quanto fatto da Biden e a ruota dai governi dell’UE, sia da
ricondurre alla volontà di creare le condizioni
per il prolungamento del conflitto bellico impedendo qualsiasi trattativa. Come
diceva il titolo di un film interpretato dal grande Alberto Sordi, “ Finchè c’è
guerra c’è speranza” per cui il prolungarsi del conflitto è un’occasione da non
perdere per il complesso industriale militare, per la speculazione finanziaria e
per il sistema capitalista. Il punto è che non si capisce il limite massimo
oltre il quale il conflitto mondiale cessa di essere a pezzi, per dirla con
Francesco I, per diventare un conflitto generalizzato. Il rischio di un
conflitto generalizzato non è una ipotesi tanto peregrina. I quotidiani
italiani, a leggerli, sembra che abbiano avuto il mandato, salvo qualche
eccezione, di abituare l’opinione pubblica alla ineluttabilità del conflitto
bellico con la Russia. Ogni giorno si sprecano le notizie riportate da varie
testate giornalistiche sia cartacee che on line circa il possibile conflitto
bellico. Gli articoli trattano dal potenziale militare delle nostre forze armate
fino alla possibile mobilitazione in massa con la specifica delle classi che
verrebbero richiamate sotto le armi. Altri articoli trattano gli strumenti da
adottare al fine di evitare l’inevitabile dovuto ad un conflitto che non potrà
che essere nucleare e così via. Questa narrazione ha un solo fine: educare
l’opinione ad accettare l’allargamento del conflitto bellico come inevitabile e
addirittura non procrastinabile.
Ciò che fa specie è la totale mancanza di spirito critico da parte dei media italiani, salvo poche eccezioni, quanto l’ignavia del mondo politico che riguarda tanto il governo quanto le opposizioni a partire dalle dichiarazioni di Gentiloni e Crosetto, quanto il sostegno congiunto alla von der Leyen dato sia dal principale partito di governo, ossia Fratelli d’Italia, quanto dal principale partito di opposizione il PD. Non si vuol capire che l’educazione alla guerra non è altro che educazione alla morte.