Un posto nelle nebbie

Attraversati gli ingorghi delle mie giornate, la sera, in famiglia, mi dedico a spensierate evasioni. Dopo essermi inutilmente arrovellato sulla parola chiave della ghigliottina, aver perso la pazienza per lo zapping tra i telegiornali, da qualche anno mi adagio pigramente su una soap opera italiana. Nulla di ricercato dunque. La cena scivola tra una chiacchiera e una distratta attenzione per le vicende di un gruppo di storici inquilini insediati in un prestigioso palazzo napoletano. Sono certo che più di qualcuno sentirà una certa premura nel consigliarmi passatempi meno disimpegnati e più arricchenti.
Un posto al sole ricalca la struttura narrativa delle classiche soap opera intrise di sogno americano. Ma rinvigorita da notevoli accortezze. La struttura classica delle soap prevede un intreccio di trame parallele inserite in una comunità ristretta. Drammatiche o comiche che siano, queste ripropongono sempre dei micro lieto fine che ristabiliscono la concordia del gruppo. I personaggi non subiscono mai sostanziali evoluzioni. La loro fissità li rende affidabili. I buoni saranno sempre buoni e i cattivi sempre cattivi. Il canovaccio si spiega tra vicende personali, familiari o professionali. In un mondo senza tempo. La sua irriconoscibilità è data dall’assenza di accenni di qualsiasi tipo sull’attualità politica.
Ma seguendo lo spirito della rivoluzione perbenista e progressista operata a suo tempo da Guglielmi, Rai3 propone una variazione sul tema. Anoressia, bullismo, razzismo, violenza di genere, alcolismo, tossicodipendenza, piovra camorristica sono tra le tematiche che irrompono in scena con dialoghi didascalici e artefatti. La forzatura vorrebbe rimarcare il decoro del servizio pubblico. Soap sì ma pensosa. Siamo di sinistra, diamine!
Nel pregiato codominio di Posillipo convivono ricchi e poveri, ceto medio imprenditoriale e impiegatizio. Così anche i ricchi si umanizzano. Certo mantengono una cinica perfidia ma in fin dei conti sono dei vicini di casa e a volte piangono. Tra loro emerge il più ricco tra i ricchi, uno squalo d’impresa. Un glaciale proprietario di cantieri navali che sfornano barche di lusso. Il personaggio si divide tra atteggiamenti yuppie anni ottanta e pallido rigore manageriale dei nostri tempi. Ed è cattivo, anzi spregevole. Umano ma spregevole.
E ovviamente è un capo. Che striglia gli operai. Pochi giorni fa il nostro eroe si cala improvvisamente nel ruolo di un irreprensibile padroncino di fine ‘800. Nel pretendere efficienza arringa le maestranze con tono duro. Le parole sono scudisciate. Per incentivare un’ottimale performance appare giusto strigliare chi lavora con brutale fermezza. Con umiliante severità. Propria di chi rischia in proprio. Difatti i lavoratori, frustati e frustrati, si allontanano col capo chino. Tranne uno. Il ribelle.
Il ribelle è povero, il più povero tra i poveri. E risponde a tono. Ferito nell’orgoglio, rivendica dignità. E si licenzia. Bene, ora, ho pensato, la tv progressista, tanto attenta al politically correct, ci mostrerà come nasce uno sciopero, una lotta. Magari la GKN, le rivendicazioni operaie di questi mesi avranno fatto breccia nei cuori di sceneggiatori così civilizzati. Arriverà uno spiraglio di sole.
Al contrario però il sole si riempie di nubi. L’atmosfera dell’ambiente si incupisce. La comunità è scossa per la sconsiderata ribellione. Lui era anche un raccomandato. Una mancata riconoscenza. Compatito perché ragazzo difficile, lo si invita alle scuse. Si può sempre rimediare. Ha passato un periodo burrascoso. Innamorato e non corrisposto. Ma con la forza di volontà si supera ogni trauma. Il capo capirà. Perfido ma umano. È uomo di mondo. Sa perdonare.
Questo è un piccolo racconto sull’egemonia. Su come la pedagogia di regime è accorta nel persuadere gli esseri umani alla resilienza. A incamerare quelle peculiarità caratteriali che serviranno all’impiego. Quelle potenzialità future diventate materia scolastica. A somministrarsi quella dose di scorrevole accondiscendenza. Ad accettare i rapporti di forza per quello che sono.
Un piccolo racconto sul progressismo reazionario. Di sinistra.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante cielo e testo

 

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