Sanna Mirella Marin (Finlandia), Maia Sandu (Moravia), Giorgia Meloni (Italia), Magdalena Andersson (Svezia), Kaja Kallas (Estonia), Von der Leyen (Presidente Commissione europea) ecc. sono alcune tra le donne premier che governano l’Europa. Sono compattamente filo-atlantiste ed interventiste nella guerra ucraina. Per decenni la geremiade del mainstream ha ripetuto che le donne al potere avrebbero portato la pace e, specialmente le donne, contrariamente agli uomini, sono più concrete, conoscono la realtà quotidiana, per cui la politica necessitava delle donne per rivitalizzarsi. Gli uomini astratti e guerrafondai dovevano lasciare il passo alla rivoluzione rosa-arcobaleno.
L’Eden ci attendeva con la rivoluzione arcobaleno. Il Re, ovvero il modo di produzione capitalistico, è nudissimo dinanzi a noi. Non c’è bisogno di usare grandi apparati concettuali per guardare la verità nella sua verità. Il modo di produzione capitalistico si regge sulla menzogna: dichiara la rivoluzione per affermare la continuità e celare le contraddizioni che lo minano.
La verità prima da cui tutto discende è che le donne al potere sono in perfetta continuità nelle politiche sociali, economiche e internazionali con gli uomini che le hanno precedute. Devono attuare “tutte e tutti” l’agenda 2030, pertanto la politica è solo un ferro vecchio, deve attuare quanto prescritto dalle oligarchie. Gli Stati devono piegarsi servili agli imperativi delle multinazionali. Si pensi all’OMS, è un’istituzione privata che detta le leggi sanitarie agli Stati, è solo un esempio della privatizzazione globale. Il pubblico, dunque, deve recepire gli ordini del privato.
Per nascondere la morte della democrazia e dell’oblio della giustizia sociale le donne afferenti all’area delle oligarchie servono a rafforzare il sistema. Il modo di produzione capitalistico si presenta al pubblico come difensore dei diritti delle minoranze e delle escluse, per ottenere un minimo di consenso le pone in posizione verticale, in modo da rappresentarsi come rivoluzionario, purchè siano in continuità con le politiche oligarchiche. Tutto cambia e nel contempo tutto resta tragicamente eguale. Operazione di cambio di genere al potere al fine di conservare gli equilibri capitali.
La verità è che si sta consumando una rivoluzione conservatrice. In questo momento al potere vi sono un numero notevole di donne ma la pace e la giustizia sono lontanissime, anzi la guerra si avvicina. Le contraddizioni e le violenze sono state imputate agli uomini, i quali sono colpevoli della loro residua autorità e responsabilità nelle istituzioni. Colpevoli sono gli uomini, per cui non ci sono mai sufficienti donne nei ruoli decisionali. La propaganda per velare le responsabilità del modo di produzione capitalistico le proietta sugli uomini tutti, malvagi per genere, e santifica le donne liberatrici dalla violenza. Il velo dell’ignoranza ormai come il velo di Maya si è squarciato: la guerra e le ingiustizie continuano, anzi le contraddizioni si acuiscono. Le donne al comando, rappresentano il solo mondo elitario, spingono per l’invio di armi come i loro colleghi uomini privilegiati, e si tagliano i servizi pubblici e si accelera sulle privatizzazioni. Dinanzi a tutto questo vediamo “il capitale nella sua verità”: il dominio è il suo obiettivo, per cui nella sua neutralità etica, non conta il genere al potere ma la fedeltà alla tagliente logica del capitale.
L’unica vera rivoluzione è il valore qualitativo dei singoli a prescindere dal genere, dovrebbero avere valore primario la storia personale e la qualità del progetto politico “a prescindere dal genere”, invece, il grande inganno lavora per la continuità senza progettualità. “Essere donna” ed “essere giuste” è una coincidenza inaccettabile, un dogma che viene utilizzato come arma contro gli uomini che ancora per storia e lavoro vorrebbero porre un limite all’avanzata annichilente del capitale e non consegnare istituzioni e figli all’autorità del mercato.
Vi sono donne che mostrano un’autonomia critica verso il sistema, ma per loro le possibilità di ascesa sono praticamente impossibili. Per superare tale fase bisognerebbe trascendere la guerra dei generi e porsi compatti contro il vero nemico e progettare assieme una società di eguali nel rispetto delle differenze. L’uguaglianza come omologazione di genere è già in sé una violenza palese. Ora che abbiamo constatato che la pace non è una qualità che appartiene per sostanza ad un genere e la violenza è l’effetto di un sistema produttivo e non di genere, forse possiamo iniziare un percorso di emancipazione dai pregiudizi positivi e negativi che il sistema inocula per anestetizzare le menti. Non ci sono fascismi alle porte, ma è il capitale che divora le nostre certezze e i nostri diritti il nemico da combattere. Uomini e donne del popolo sono le vittime di un sistema divisorio e classista che si regge sulla propaganda, la grande scommessa è l’unità di uomini e donne per riformare un sistema che mentre dichiara l’uguaglianza di genere aggredisce il diritto al lavoro degli uomini e delle donne. Uniti bisogna lavorare per la pace e per l’uguaglianza contro la normalità con cui nel momento storico si accetta la precarietà e la povertà. La rivoluzione prima è la qualità della persona e della progettualità a prescindere dal genere, ma al momento siamo distanti da ciò, le persone sono catalogate per generi negando in ciò la loro comune umanità.
Fonte foto: Alamy (da Google)