Quella che definiamo come ideologia
“politicamente corretta” è stata l’ideologia che ha caratterizzato il processo
di globalizzazione, cioè il dominio del blocco occidentale capitalista-imperialista
a guida USA sul pianeta, dal crollo del muro di Berlino ad oggi. Quel processo che
dopo il crollo dell’URSS e del socialismo reale sembrava inarrestabile (la
famosa “fine della storia”, come preconizzata da Fukujama), si è invece oggettivamente
interrotto a causa dell’affermarsi dei BRICS e in particolare di grandi potenze
tecnologiche, economiche e militari come Cina e Russia che costituiscono ormai
un polo alternativo per tanti paesi che si stanno gradualmente affrancando dal
dominio e dalla dipendenza dal mondo occidentale. L‘esaurirsi di questo processo comporta anche
la fine del concetto stesso di crescita economica in linea teorica infinita e
illimitata che lo ha accompagnato. E non controllare più il pianeta da parte
del blocco occidentale comporta inevitabilmente il non poter più saccheggiare più
o meno impunemente le risorse materiali e umane del globo intero. Una delle
conseguenze di ciò è l’inevitabile peggioramento delle condizioni di vita delle
popolazioni occidentali che non possono più godere – sia pure in modo ovviamente
diseguale – del saccheggio di questa ricchezza sistematicamente estorta da
secoli ai popoli dei tutto il mondo. E il peggioramento delle condizioni reali
di vita comporta, sempre, un calo o una crisi di consenso per le classi
dirigenti.
L’ideologia politicamente
corretta ha avuto ottimo gioco nell’affermarsi come ideologia egemone proprio
in ragione di quella crescita economica e sociale che sembrava o veniva
presentata come inarrestabile. Venendo meno quella crescita, è ovvio che quella
stessa ideologia cominci seriamente e inevitabilmente a scricchiolare. Le
ragioni di ciò sono abbastanza ovvie. Quando le condizioni materiali di
esistenza si fanno più stringenti è ovvio che diventa sempre più difficile
convincere le persone che le priorità siano il binarismo o la fluidità di
genere e agli occhi di molti queste questioni cominciano ad apparire sempre più
per quello che sostanzialmente sono, cioè un diversivo se non addirittura la
costruzione di una realtà immaginaria che prima o poi finisce però col cozzare
con quella reale. Fra i molti esempi che
potremmo portare di questa realtà immaginifica, i più significativi vanno dalla
ottusa reiterazione dell’idea che saremmo tuttora in una società dominata dal
patriarcato – dogma inamovibile e bandiera ideologica di tutti i femminismi – fino
alla negazione di ogni fondamento naturale del genere maschile e di quello femminile
(dalle cosiddette “teorie gender” al “transumanesimo”).
Questa ideologia – che non è nata
in un laboratorio ma è il risultato di un processo storico che è quello che ho
sommariamente descritto sopra – ha avuto una duplice finalità, interna ed
esterna. Quella interna (alle società occidentali) è stata quella di alimentare
la più subdola delle guerre orizzontali, quella delle donne e delle minoranze
sessuali contro gli uomini eterosessuali accusati di essere in una condizione
di privilegio e di dominio a prescindere. Quella esterna è stata quella di
camuffare tutte le guerre imperialiste e le politiche neocolonialiste come
guerre “etiche”, umanitarie”, per portare diritti, democrazia e liberare le
donne dal velo e dall’oppressione dei regimi oscurantisti, totalitari e
patriarcali; in pratica tutto il mondo non occidentale o, diciamola meglio, non controllato dall’Occidente (nel caso
invece di regimi amici, anche se si tratta di dittature brutali, la questione
non viene neanche sollevata..).
Come dicevo, l’accanimento con
cui questa ideologia, in tutte le sue diverse articolazioni, è stata di fatto
imposta, ha raggiunto livelli asfissianti, fino a renderla insopportabile a
tanta gente, soprattutto dei ceti popolari. Il corto circuito è avvenuto e sta ancora
avvenendo, come dicevo prima, nel momento in cui questa narrazione ideologica
sostanzialmente priva di un fondamento concreto (sia pure con qualche verità,
altrimenti non sarebbe credibile, come qualsiasi altra ideologia …), entra in
contraddizione con la realtà concreta, cioè con le condizioni materiali di
esistenza della gran parte delle persone. A quel punto il re, comincia a essere nudo.
E’ in queste contraddizioni che
le nuove destre americane ed europee si sono inserite – anche e soprattutto in pressoché
totale assenza di forze realmente alternative e autenticamente socialiste – e
hanno avuto buon gioco nell’attecchire e nel radicarsi fra i ceti popolari,
presentandosi come “antisistema”, anti establishment e come difensori degli interessi
di quei ceti popolari ai quali il “neoliberalismo in salsa politicamente
corretta” aveva promesso quella crescita complessiva che alla prova dei fatti si
è rivelata essere un bluff.
Si tratta di una nuova destra,
anzi di nuove destre, per certi versi simili e per altri differenti fra loro.
La leader del partito di estrema destra tedesco Alternative Fur Deutchland
(AFD), Alice Weidel, ad esempio, è una lesbica dichiarata che convive con una donna
originaria dello Sri Lanka con la quale ha anche due figli adottivi. La sua
ostilità, e quella del suo partito, nei confronti degli immigrati, in
particolare quelli islamici, è dettata proprio dal fatto che il mondo musulmano
sarebbe portatore di una cultura omofobica, maschilista e oscurantista, arrivando
a dichiarare in una intervista all’ex direttore della rivista gay “Manner” che “L’AFD è l’unica vera forza
protettrice di gay e lesbiche in Germania». Una posizione sicuramente diversa da quella di
Trump che nel discorso del suo insediamento ha dichiarato “che esistono
soltanto due sessi, quello maschile e quello femminile” con l’intento
dichiarato di mandare un messaggio chiaro a tutto il mondo liberal e “woke”
americano e occidentale. Tralasciando per carità di patria i deliri come quello
per cui Hitler sarebbe stato un comunista perché era uno statalista (dichiarazione
di A. Weidel), l’AFD è un partito ultraliberista, ultra filo sionista e ultra filo
israeliano, cosa che con la tradizionale vis antisemita dei movimenti fascisti
e nazisti ci azzecca ben poco. In questo è naturalmente del tutto allineata con
Trump e anche con il partito di Giorgia Meloni, altrettanto ultra filo
israeliano (per la cronaca, anche Israele fa della difesa dei diritti lgbtq uno
dei suoi cavalli di battaglia in funzione antipalestinese).
La destra trumpiana e “muskiana” americana
è invece un coacervo di spinte che vedono insieme la teorizzazione del
liberismo più sfrenato (Milton Friedman, von Mises, Hajek, Smith e Ricardo sono
fra i principali riferimenti ideologici), dell’antisocialismo (in questo del tutto
affini ai liberal) e dell’antistatalismo – inteso ovviamente come stato sociale,
considerato fonte di parassitismo e di ostacolo alla libera impresa, al merito
e all’iniziativa individuale – la celebrazione sciovinistica dell’individualismo,
l’idea messianica declinata in chiave “superomistica” della missione cui
sarebbero destinati alcuni pochi determinati individui, di cui Elon Musk è l’incarnazione,
chiamati a proiettare l’umanità verso le sorti magnifiche e progressive del
capitalismo, anzi, del “tecnocapitalismo puro”, libero da lacci e lacciuoli di
ogni genere, l’esaltazione della tecnica a cui l’umanità è sostanzialmente chiamata
ad asservirsi (anche se questo aspetto va ben oltre gli schieramenti politici
ed è una delle caratteristiche dell’attuale dominio tecno capitalistico al di
là se a governare è la destra o la “sinistra”), l’ostilità verso l’ideologia woke
e politicamente corretta non per le ragioni per cui anche noi la osteggiamo,
cioè in quanto falsa coscienza del dominio capitalistico in una determinata fase
storica, bensì perché considerata una
sorta di nietzchiana “ideologia del risentimento” dettata dal rancore e dall’invidia
sociale e umana. Aggiungiamo una fortissima dose di nazionalismo, di razzismo, di
ostilità e di (neanche tanto) malcelato disprezzo verso tutto ciò che non è
americano o anglosaxon e il piatto è servito.
Come dicevo poc’anzi, dopo mezzo
secolo di “controrivoluzione” politica e culturale che ha distrutto ogni forma
di reale criticità sociale e di coscienza
di classe, riducendo le persone ad una
massa di atomi separati gli uni dagli altri, queste nuove destre hanno avuto
buon gioco nel ricostruire un nuovo paradigma identitario, riuscendo a
coinvolgere e ad aggregare larghi settori popolari, che erano stati abbandonati
a loro stessi nel mentre erano bombardati dal fuoco mediatico politicamente corretto.
In questo sfacelo complessivo, ideologico, culturale e anche psicologico – è il
caso di dirlo – una elite di ultra miliardari, esclusivamente animati dalla
loro illimitata volontà di potenza, sono riusciti a far credere a tante persone
comuni che i loro interessi coincidono con i loro. Altri
multimiliardari, come Bezos e Zuckerberg, fino a poche settimane fa imbarcati
sul vascello liberal e sostenitori accesi del politicamente corretto, si sono
affrettati a salire sul battello di quella che per ora è la cordata vincente. Altri
ne seguiranno, molto probabilmente. Uno spettacolo vergognoso se non indecente,
che ci dice quale sia la natura di questa gente e soprattutto del sistema di
dominio sociale nel quale ci troviamo.
Questo non significa che l’ideologia
politicamente corretta sia finita. La narrazione femminista, ad esempio, che è
il suo mattone fondamentale, non verrà a mio parere toccata perché nessuno,
neanche Trump e i suoi sodali, hanno la forza e il coraggio di metterla in
discussione. Quello che accadrà e che in parte sta già da tempo accadendo è che
le destre reinterpreteranno il femminismo in una chiave diversa o parzialmente
diversa rispetto a quella delle “sinistre, liberal o radical che siano. Del
resto, non mi pare proprio che le donne della destra, dalla moglie di Trump a
Giorgia Meloni, passando per Marine Le Pen e Alice Weidel, incarnino la concezione
di una donna remissiva e subordinata agli uomini né siano intenzionate e
resuscitare il cadavere del patriarcato il quale, anche ammettendo ogni possibile
sforzo ideologico, non può essere resuscitato perché le condizioni reali e
oggettive lo rendono impossibile, al di là e se a governare e a dettare l’agenda
ideologica sia la destra o la “sinistra”.
La battaglia, in ogni caso, non è
certo conclusa. I passaggi di fase sono graduali e quindi anche quelli
ideologici. L’ideologia politicamente corretta e neoliberale è ancora potente e
non mollerà la presa.
La “sinistra”, in tutte le sue
articolazioni, continuerà ottusamente a battere sugli stessi tasti non capendo o
non potendo capire (perché la sua stessa identità è ormai tutt’uno con l’ideologia
politicamente corretta) che sono proprio
quelli che l’hanno portata all’attuale disastro.
Ancora una volta – ma non è una novità – ci troviamo prigionieri di questa tenaglia, di questa polarizzazione sempre più radicale fra destra e “sinistra”, in una fase storica che paradossalmente si dice essere post-ideologica.
Fonte foto: Sky News (da Google)