Sulla prostituzione. Una riflessione a partire da un’analisi di Carlo Formenti

Ho letto questa largamente condivisibile analisi dell’amico Carlo Formenti sul tema della prostituzione e della maternità surrogata https://www.sinistrainrete.info/societa/27658-carlo-formenti-libere-di-vendere-il-proprio-corpo-a-pezzi.html

Sulla seconda questione, cioè l’utero in affitto (anche i suoi sostenitori hanno pudore nel definirlo tale e infatti lo chiamano appunto ”maternità surrogata” proprio per renderlo più accettabile)  non ho nulla da dire perché condivido in toto la sua analisi.

Sulla prima invece ho un punto di vista diverso dal suo, forse perché – mi permetto di dire – ho indagato (e, probabilmente, anche esperito) un po’ più di lui l’argomento. Mi pare di poter dire, infatti, che anche Formenti – che pure ha da tempo elaborato una critica severa dell’ideologia femminista, in particolare nella sua attuale declinazione, quella neoliberale dominante – resta tuttavia ancora parzialmente prigioniero della visione femminista perché, anche indagando questo aspetto, parte sempre e soltanto dal punto di vista femminile e mai da quello maschile, con l’ovvia conseguenza di avere una visione parziale del problema. In parole ancora più semplici, anche Formenti, analizzando il fenomeno della prostituzione, non riesce ad uscire dalla coppia dicotomica carnefice/vittima, dove il carnefice è ovviamente l’uomo e la vittima è la donna. O meglio, ad un certo momento ne fuoriesce, meritoriamente, quando scrive: “…mi si potrebbe obiettare che, nel caso della prostituzione, è difficile negare che si tratta di un fenomeno patriarcale più che (o almeno altrettanto che) capitalistico. Anche perché fenomeni come il turismo sessuale e altre forme di violenza e la sopraffazione che i maschi esercitano sui corpi di donne e minori caricano il tema di forti valenze emotive. Muovendo da questo punto di vista unilaterale si finisce per distogliere l’attenzione dalla forma specifica che il fenomeno della prostituzione assume nella società capitalistica. Una società che disintegra i legami comunitari e familiari, trasformando uomini e donne delle classi inferiori in atomi condannati alla povertà e alla solitudine, e generando quella miseria sessuale generalizzata di cui la prostituzione, con il suo corredo di violenza di genere, è uno dei corollari”, ma subito dopo ci rientra, per lo meno così mi pare, nel momento in cui conclude il periodo facendo riferimento alla “violenza di genere”, da intendersi naturalmente nella sua accezione corrente, cioè come violenza maschile contro le donne subita solo ed esclusivamente dalle donne.  In ultima analisi, insomma, anche se il fenomeno della prostituzione – spiega – non è o non è più il prodotto della società patriarcale ma di quella capitalista (e su questo opera una cesura netta con tutti i femminismi, anche quelli sedicenti marxisti) alla fin fine a pagarne maggiormente le spese sarebbero sempre e comunque le donne (perché sono o sarebbero queste ultime a subire violenza).

Le ragioni di questo modo di leggere le questioni di genere  sono a mio parere da individuare in una sorta di tendenza innata in tutte le persone di formazione marxista (l’ho avuta anch’io) ad applicare un po’ pedissequamente e sistematicamente ad ogni aspetto dell’esistenza la dialettica hegelo-marxiana, quando la realtà si presenta invece in forme a volte molto più complesse. Come, ad esempio, nel caso della relazione fra i sessi, dove più o meno tutti i femminismi, a cominciare da quello liberale, hanno fatto una sorta di banale quanto maldestro copia-incolla (solo sul piano metodologico, sia chiaro) della dialettica hegelo-marxiana applicandola o per meglio dire, appunto, “copiaincollandola” alle questioni di genere.  Non solo. Le Sinistre, tutte, anche e soprattutto quelle più genuinamente marxiste, hanno sempre avuto al centro della loro analisi le questioni economiche e sociali tralasciando altri aspetti altrettanto importanti e non separabili dai primi, quali la sessualità, la psicologia e l’antropologia che sono fondamentali per analizzare lucidamente la relazione fra i sessi.  Indagare quest’ultima senza tenere conto di tutti quegli altri aspetti sopracitati della realtà nella sua complessità (e quindi nella sua totalità) non può che portare ad una visione parziale se non strabica (come infatti è quella femminista) della realtà stessa. Volendo portare un esempio banale ma forse efficace, è come andare a vedere una partita di calcio e osservare solo una metà del campo, oppure ancora una partita di calcio senza il pallone. Nel primo caso avremo una visione necessariamente distorta e non corrispondente al vero, nel secondo vedremmo soltanto ventidue matti che corrono di qua e di là su un campo in tutte le direzioni e senza nessuna razionalità.

Ora, la questione comincia a diventare più complessa e articolata, e quindi andrò per punti.

Innanzitutto una premessa. Cominciamo col dire che donne e uomini non possono essere considerati  come due categorie omogenee perché entrambi vivono condizioni completamente differenti le une dalle altre e gli uni dagli altri per ovvie ragioni sociali, economiche, ambientali, culturali, estetiche, relazionali, psicologiche e quant’altro. E’ il femminismo che sulla base del “copia-incolla” di cui sopra ha operato questa sorta di “categorizzazione” e di “semplificazione”, cancellando ogni briciolo di complessità e sposando una visione ad essere generosi parziale che non poteva che avere come esito finale una logica sessista e interclassista (quindi l’esatto contrario di una logica di classe). Questa visione rigidamente dicotomica e manichea delle cose, già fallace se applicata ai tempi passati, nel contesto attuale diventa addirittura farsesca.

Veniamo ora al tema in oggetto.

Parlare di prostituzione in senso lato non ha senso perché ci sono diversi tipi di prostituzione che vedono le donne che la esercitano in situazioni e condizioni  completamente diverse fra loro. La condizione di una cosiddetta “escort” (termine imposto dal politicamente corretto per definire una prostituta di alto bordo o anche di medio livello che lavora autonomamente o tutt’al più versa una commissione all’agenzia che le procura i clienti) è completamente diversa da quella di una prostituta di strada. Le prime sono delle libere professioniste (ce ne sono moltissime, molte di più di quanto non si pensi) che hanno scelto di fare del sesso il loro strumento di arricchimento personale mentre le seconde, che spesso (ma non sempre) lavorano per qualcuno o per qualcuna (comunemente si pensa che lo sfruttatore sia sempre un uomo ma non è affatto così, moltissime donne hanno ruoli di comando nel traffico della prostituzione), cioè per organizzazioni criminali che gestiscono il traffico, sono delle proletarie sfruttate. Fra questi due poli estremi  ci sono poi diversi livelli. Molte donne, spesso studentesse o che svolgono mestieri normali, svolgono in modo relativamente saltuario attività di prostituzione, sia lavorando in proprio che con agenzie (in questo caso non parlo di organizzazioni criminali ma di vere e proprie agenzie di “public relation”, diciamo così, che mettono in contatto il cliente con la prostituta). Abbiamo quindi giovani (ma non solo) donne che in un weekend possono mettersi tranquillamente in tasca anche dai 3 ai 5mila euro. Questa facilità di guadagno spinge molte di loro che magari svolgono un lavoro normale (e quindi spesso precario e mal pagato né più e né meno degli uomini) ad intensificare il loro lavoro di prostitute che in tal modo diventa sempre meno “saltuario”, dal momento che quest’ultimo gli procura un reddito enormemente superiore a qualsiasi altro. E’ ovvio che ciò comporta anche delle conseguenze sul piano psicologico perché è evidente che vedere sfacchinare i propri genitori o le proprie amiche per uno stipendio di 1000 o anche 1500 euro al mese quando se ne possono guadagnare il doppio o il triplo in un paio di giorni di marchette, modificherà l’approccio alla vita di molte ragazze. Questo spinge molte di loro a praticare la prostituzione a tempo pieno. E una prostituta a tempo pieno che lavora autonomamente in un appartamento che ha preso in affitto, può mettersi in tasca anche dai 20 ai 40mila euro al mese esentasse. Molte donne straniere che lavorano autonomamente come prostitute tornano dopo una decina di anni nel loro paese e aprono una loro attività commerciale oppure acquistano dei beni e vivono di rendita. Vale naturalmente anche per diverse donne italiane. Capisco che il discorso è scabroso ma se vogliamo vederla da un altro punto di vista, al fine di osservare la realtà nella sua totalità (che è sempre fondamentale per capire come stanno veramente le cose) quella del sesso è una risorsa di cui gli uomini, tranne rarissime eccezioni che confermano la regola, non dispongono. Un uomo comune mediamente povero può infatti contare solo sulla sua forza-lavoro o sulla sua capacità di lavoro, fisica per lo più o anche intellettuale. Per sgombrare subito il campo da possibili repliche scontate (non mi riferisco, ovviamente, a Carlo Formenti, ma ai soliti noti e alle solite note) è fondamentale ribadire che la prostituzione come fenomeno di massa è femminile e non maschile non per ragioni di ordine economico o per imposizione ideologica-culturale-politica, bensì perché donne e uomini sono diversi e hanno un differente approccio al sesso, un differente bisogno di sesso e anche un differente modo di viverlo. Questa diversità (non assoluta, ovviamente, si parla sempre nella media), del tutto naturale, determina a sua volta una asimmetria che vede gli uomini in una posizione di costante bisogno rispetto alle donne e quindi di dipendenza sessuale; in parole molto povere, nella posizione di chi chiede, e chi chiede non è colui che decide. E’ su questa asimmetria che gioca e si incista la logica mercantile e la razionalità strumentale capitalistica (che oggi pervade ogni aspetto e in primis la sfera sessuale) che tende a ridurre e ad inglobare la relazione sessuale entro la dinamica dell’offerta e della domanda. Partendo da questa a mio avviso semplicissima constatazione (per chi ha un briciolo di onestà intellettuale, non c’è necessità di particolari studi antropologici per capirlo…) è evidente che considerare gli uomini i soggetti dominanti per definizione nella sfera sessuale è privo di ogni fondamento.  Tale dominio da parte maschile può rilevarsi soltanto in casi rarissimi, dove cioè un uomo dispone di una tale quantità di risorse e di capitali (oggi può esserlo anche la visibilità pubblica) da metterlo nelle condizioni di invertire il rapporto, di essere quindi egli stesso l’oggetto del desiderio o tutt’al più di poter comprare il sesso dettando lui le condizioni. E qui arrivo al secondo punto.

Comunemente si pensa o si è stati indotti a pensare che colui che paga, che compra quel lasso più o meno breve di tempo per fare sesso con una donna, quindi l’uomo, sia il soggetto dominante, colui che determina e detta modalità e tempi di quella prestazione sessuale. Nulla di più falso. Posso confermare, anche per esperienza diretta, avendo fatto ricorso anche io al sesso mercenario (come la grande maggioranza degli uomini che però per pudore o per vergogna non lo ammettono pubblicamente) – che è una delle esperienze più squallide che un uomo possa fare nella sua vita e che, soprattutto, è sempre la donna a dettare i tempi e le modalità, sia della prestazione che del pagamento che deve avvenire rigorosamente prima della prestazione stessa (non esiste il soddisfatti o rimborsati in questo ambito..). Nonostante ciò che il senso comune percepisce o, come ripeto, è stato indotto a percepire, si tratta infatti di un “rapporto” dove, nella grande maggioranza dei casi, gli uomini ne escono con uno stato di profonda insoddisfazione e frustrazione. Molto spesso – avendo indagato la questione, essendomi confrontato anche con tanti altri uomini – non riescono neanche a portare a termine il rapporto sessuale dal momento che è assai difficile eccitarsi in un simile contesto dove una persona maneggia i tuoi organi sessuali con minor delicatezza di quanto possa fare un meccanico con lo spinterogeno di un automobile, e ti invita con la stessa delicatezza ogni minuto che passa a darti una mossa perché lei non ha tempo da perdere. Questa che sto descrivendo e che può apparire (e in effetti è) anche una scenetta grottesca, è il rapporto che mediamente si consuma fra una prostituta “normale”, cioè non di medio o alto bordo, nell’abitacolo di una utilitaria in una strada di periferia o anche in un appartamento. Derubricare tutto ciò come un rapporto dove da una parte c’è il “carnefice”, l’uomo, e dall’altra la “vittima”, la donna, è ridicolo sotto ogni profilo. Del resto, e qui veniamo ad un altro risvolto che viene occultato, qual è l’uomo che preferirebbe pagare per avere quello che potrebbe avere gratis, se lo potesse avere gratis? Nessuno, ovviamente. Sarebbe come pensare, ipoteticamente, di stare davanti a due ristoranti di pari qualità, in uno si mangia gratis mentre nell’altro si paga. Chi sceglierebbe quello a pagamento? La risposta è pleonastica.

E’ quindi evidente che quegli uomini che vanno con le prostitute (tranne una esigua minoranza) non lo fanno certo per una libera scelta ma per bisogno, o meglio, perché non riescono a vivere una sessualità degna di questo nome per le ragioni più disparate.

E qui scatta un’altra truffa. Quella cioè di pensare che nella nostra società (capitalista) occidentale il sesso sarebbe libero. Anche in questo caso, nulla di più falso e il cane continua mordersi la coda.  Se il sesso fosse realmente libero non ci sarebbe bisogno di pagare ma, soprattutto, sarebbe sottratto a qualsiasi logica, in primis quella economica, né ci sarebbe necessità di esporlo dalla mattina alla sera né più e nè meno di come si espone una qualsiasi altra merce in una vetrina. Forse quando si entra in un negozio perché si è sollecitati a farlo dalla sua esposizione costante e sistematica (del resto, siamo in una società che si fonda sull’iper consumismo) e si compra un articolo, possiamo dire che il compratore è il carnefice e il negoziante/venditore la vittima? Non mi pare proprio. Se c’è una vittima, in questo caso,  è il lavoratore (o la lavoratrice) che l’ha fabbricata in un paese remoto per una spesa di produzione complessiva di 10 euro (di cui solo 3 vanno nelle sue tasche) e il prodotto del suo lavoro viene rivenduto nei nostri paesi a 100 euro.

Come vediamo, più procediamo nel ragionamento e più emergono le contraddizioni e la complessità di una relazione che non ha senso derubricare come quella fra un carnefice e una vittima. Come dicevo, questa relazione mercenaria, può vedere invertiti i ruoli – cioè l’uomo in una posizione dominante – nel momento in cui si sia in presenza di un soggetto talmente ricco da potersi permettere di spendere con leggerezza qualsiasi cifra per fare sesso. La sua ricchezza e il potere che ne deriva vanno a compensare lo squilibrio dato dalla asimmetria naturale della sua condizione (a parti invertite una donna socialmente ed esteticamente normale e mediamente attraente è costantemente sollecitata e gode di attenzioni che un uomo pari grado non conosce neanche lontanamente a meno che non sia, appunto, un divo del cinema o il proprietario di un impero finanziario). Ma stiamo parlando di una più che esigua minoranza di uomini che, è bene sottolinearlo, ricorre al sesso ufficialmente mercenario o perché non ha tempo da perdere o per puro divertimento, non certo per necessità, perché, come già detto, un uomo siffatto, un personaggio dello spettacolo, una rockstar, un industriale, un capitalista, costituisce egli stesso l’oggetto del desiderio e non ha certo necessità di pagare delle prostitute.

La contraddizione di una simile concezione, “uomo-carnefice donna-vittima”, diventa ancora più stridente nel caso del “sesso online”, oggi molto di moda (una “moda”, data dal sempre maggiore isolamento in cui si trovano tante persone nella società contemporanea che vede gli uomini di rango sociale basso e medio basso in una condizione di maggiore difficoltà, non a caso il fenomeno degli “hikikomori” e degli “incel” è prettamente maschile), dove tanti uomini si masturbano a pagamento davanti ad un computer dove dall’altra parte dello schermo c’è una che si spoglia per soldi e che tanto più mostra quanto più l’uomo mette mano alla carta di credito. E’ questa la condizione di un carnefice e di uno che secondo la narrazione femminista sarebbe in una condizione di privilegio e di dominio in quanto appartenente al genere maschile? Un soggetto in posizione privilegiata e dominante sulle donne si ritrova, secondo voi, a masturbarsi a pagamento davanti al PC? Lascio ai lettori la risposta.

Quindi, tornando al tema in oggetto, quello che si può dire è che entrambi i soggetti, donne e uomini, all’interno della relazione mercenaria, vivono una condizione di alienazione, anche se dettata da condizioni diverse e con modalità diverse. Personalmente, quando ho fatto ricorso al sesso mercenario, data anche la qualità mediamente scadente del rapporto (sia chiaro che non ne faccio una colpa alla prostituta, molto probabilmente mi comporterei anche io nella sua stessa maniera al suo posto perché cercherei di estraniarmi quanto più possibile, ottimizzando i tempi e cercando di mettermi in tasca quanto più denaro possibile speculando sul bisogno dell’altro) mi sono sentito uno sfruttato, non certo uno sfruttatore, oltre naturalmente al risvolto psicologico, dato dalla avvilente condizione di esser dovuto ricorrere ad una prestazione mercenaria per assolvere ad un bisogno naturale.  Un bisogno naturale deriso, perché criminalizzato, e  trasformato in una merce. Chi sfrutta chi?

E quindi, ancora una volta, un uomo che per le più disparate ragioni (condizione sociale bassa, isolamento, scarsa possibilità di socializzare, timidezza, non particolare avvenenza fisica etc. etc. ) vive in uno stato di miseria sessuale e dunque ricorre al sesso mercenario, può essere considerato un carnefice (e tanto meno un privilegiato e un dominatore)? E ancora una volta, per l’ennesima volta, la risposta è pleonastica.

In conclusione, ringrazio l’amico Carlo Formenti che mi ha sollecitato ad una riflessione su un tema assai delicato che meriterebbe ben altro spazio e attenzione e che oggi viene interpretato a senso unico, secondo i dettami e le griglie dell’ideologia femminista in tutte le sue declinazioni, comunque organiche e funzionali, per come la vedo io, all’ideologia neoliberale dominante.

La prostituta ha diritto a essere pagata?

Fonte foto: Laleggepertutti (da Google)

 

15 commenti per “Sulla prostituzione. Una riflessione a partire da un’analisi di Carlo Formenti

  1. armando
    20 Marzo 2024 at 19:02

    ottimo articolo.

  2. Rino Della Vecchia
    20 Marzo 2024 at 21:01

    Bene. Ho quindi letto anche l’articolo di Formenti che hai linkato. In esso l’autore rimanda tutti i mali della relazione F/M al capitalismo, al pari di ogni altro male sociale, ciò è ovvio per un marxista. Niente di nuovo, come non è nuova, perché risale a Marx la definizione, implicita, del genere maschile come di una associazione a delinquere al pari del padronato capitalistico in quanto gli UU- ancorché proletari – riproducono in famiglia lo sfruttamento, le rapine, le violenze della fabbrica. Vittime in fabbrica, carnefici in famiglia. Si sa.
    Oltre a tutte le tue osservazioni, inoppugnabili, rilevo che in quel quadro è comprensibile che Formenti glissi sul fatto che prima della “liberazione sessuale” le pro avevano 9.000.000 di clienti e adesso, 50 anni dopo, abbiano 9.000.000 di clienti. Parimenti egli glissa sul fatto che nel 40% delle coppie europee non c’è sesso (Congresso di Sessuologia – Vienna 2008) – e io mi chiedo: a causa di chi? etc.. In sintesi, e senza offesa per lui, egli sostiene la tesi del femminismo c.d. “intersezionale” il quale include la questione delle classi sociali per affermare che gli UU sono carnefici e le FF vittime. Quel che fa il femminismo “di genere” al pari di quello “della differenza”. Tre maschere, un solo volto.

    • Fabrizio Marchi
      20 Marzo 2024 at 21:30

      Sono d’accordo, del resto Marx non era un semidio ma un uomo e come tale poteva anche sbagliare, come infatti è accaduto anche e soprattutto in questo frangente, anche se, va detto, non ha mai veramente approfondito la questione, cosa che è stata fatta in modo maldestro, a mio parere, da Engels. Diciamo che dati i tempi – Marx ha vissuto in una fase storica dove effettivamente a livello pubblico il maschile (l’1% della popolazione maschile adulta) era quello dominante e dove le donne costituivano insieme ai minori la maggior parte della classe operaia (sottopagata rispetto agli operai maschi, ma non per discriminazione sessuale bensì perchè il lavoro non era ancora del tutto automatizato e meccanizzato per cui la capacità muscolare e quindi produttiva maschile era superiore) – può essere giustificato. del rsto non c’erano ancora le condizioni affinchè sorgesse una “questione maschile” come invece ci sono oggi. Nel complesso ha trattato questo aspetto in modo assolutamente marginale, si ritrova qualche riferimento scarso e sparso in pochissime righe qua e là nelle sue opere. C’è anche da dire però – e ti invito a leggerlo – che alla seconda pagina del Manifesto del Partito Comunista Marx scrive nero su bianco che il patriarcato è morto, ucciso dalla borghesia insieme a tutti gli altri cascami dell’ancient regime. E questo non viene mai sottolineato da nessuno per ovvie ragioni.
      Su Formenti. Sei troppo severo, a mio parere, non hai letto il suo ultimo libro dove l’attacco al femminismo è molto forte, e non solo a quello liberale e neoliberale. Anche quello sedicente marxista (il sedicente lo dico io perchè per me è oggettivamente impossibile coniugare e sovrapporre la questione di classe con quella di genere, sicuramente non oggi) e intersezionale viene sottoposto a critica perchè accusato di essere organico al sistema capitalista, la qual cosa non mi pare poco. Dopo di che capisco che tu hai una visione, una origine e una formazione non marxista, però il passaggio è affatto irrilevante.

    • Fabrizio Marchi
      20 Marzo 2024 at 21:35

      Aggiungo che nel suo libro la principale critica che muove al femminismo è proprio quella di individuare il nemico nel genere maschile anzichè nel sistema capitalista dominante, che lo stesso Formenti sostiene NON essere patriarcale. Il che non mi sembra affatto poco, insisto, dati anche i tempi e il contesto.

    • Fabrizio Marchi
      20 Marzo 2024 at 21:35

      Aggiungo che nel suo libro la principale critica che muove al femminismo è proprio quella di individuare il nemico nel genere maschile anzichè nel sistema capitalista dominante, che lo stesso Formenti sostiene NON essere patriarcale. Il che non mi sembra affatto poco, insisto, dati anche i tempi e il contesto.

  3. gino
    20 Marzo 2024 at 22:12

    non leggo l´articolo di formenti perché giá mi ha fatto inviperire lo stralcio riportato da fabrizio… figuriamoci il resto.
    potrei scrivere molto sull´argomento, avendo esperito molto negli ultimi 2 anni, ma non ho tempo.
    quello della prostituzione é un “mondo” che merita studio. fermo restando che (mi dicono) le P brasiliane in brasile sono molto meglio di tutte le altre (dal punto di vista del comportamento, della relazione, sono piú “umane”) direi che sono delle PRIVILEGIATE. se un uomo é in difficoltá finanziaria, o non gli va di lavorare, o non gli va di lavorare alle dure condizioni del mercato, che fa? il bandito e viene sterminato dalla polizia (qui in brasile…). la donna invece fa la P, guadagna bene e non la stermina nessuno.
    l´unica negativitá che rilevo in ALCUNE P (ma non credo che ne soffrano…) é che perdono la capacitá di viversi l´uomo e il sesso esclusivamente per il piacere. alcune, non tutte.
    poi é vero quello che dice fabrizio che per un uomo non é facile, tecnicamente parlando, la relazione con una P, ma qui in brasile se ne trovano molte che ti trattano in modo amichevole, ridono e scherzano, sono sensuali e non guardano il cronometro. poi ogni tanto trovi quella che ti tratta male e allora non si rizza manco con la gru :), ma puó accadere con qualsiasi donna.
    oddio, dice che molti superano il problema prendendo la pilllolina… non so, non la prendo.
    ho sempre avuto remore sull´andare a P ma mi sono ricreduto. ovviamente é lungi dall´ideale ma tocca domandarsi: qual´é l´alternativa? dopo essere rimasto vedovo ho ricevuto varie avances ma… quarantenne brasiliana media odierna:
    – ingrassa a vista d´occhio peggio dell´inflazione in argentina :), peso medio 140kg
    – dolce e simpatica come un rinoceronte, sempre incazzata a strillare
    – stereone con musica animalesca al massimo volume
    – tracanna 15 birre da 600ml ogni fine settimana
    – scroccona
    no grazie, preferisco la P 25enne di 60kg amichevole e allegra e quando esco dal “casino” nessuno mi rompe le scatole.
    quindi la mia al 50% é una scelta per cui manco mi sento vittima.

  4. Rino Della Vecchia
    20 Marzo 2024 at 22:14

    Ok. Non ho letto il libro che citi e infatti mi riferivo all’art linkato. Ci sarebbero molte altre osservazioni a aggiungere, una è questa: se la prostituzione è intrinseca al capitalismo perché nei paesi comunisti vigevano leggi che la vietavano? Che bisogno c’è di vietare e punire un comportamento che …non esiste e non esiste perché “non può” esistere? Il fatto è che la prostituzione (formale e palese o informale e occulta) accompagna tutte le società a prescindere dalla proprietà privata, dal mercato etc. perché la differenza tra F ed M precede ogni cosa.
    Certo, ciò presuppone che esista la Natura, e qui sta il busillis.

    • Fabrizio Marchi
      21 Marzo 2024 at 0:35

      Non c’è dubbio che la prostituzione sia sempre esistita, ben prima della nascita del capitalismo che è “soltanto” una forma sorica dell’agire umano che nella storia si è manifestata. Dopo di che è altrettanto vero che la proprietà privata è sempre esistita ben prima della nascita del capitalismo, così come il mercato del resto…Il capitalismo dà una nuova forma al mercato e al capitale e inventa il lavoro salariato…Ma la proprietà privata c’è sempre stata per lo meno fin dall’inizio della civiltà, anche se c’erano anche forme di comunitarismo poi col tempo scomparse. Ciò detto, come da sempre sostengo non ha senso separare negli uomini natura e cultura, perchè l’essere umano è un essere naturale e culturale nello stesso tempo e questa è la sua spcificità. Questa è l’annosa discussione che si è sempre fatta da decenni nell’ambito della QM che però è mal fondata, diciamo così, per le ragioni suddette. Dopo di che che non si voglia mettere mano a queste questioni anche da parte degli intellettuali marxisti o post marxisti è fuori discussione. Mi pare, per la verità, che nessuno voglia metterci mano, ma questo è un altro discorso…

      • Rino Dv
        21 Marzo 2024 at 8:01

        Ok. Concordo. Ed è vero che la questione natura Vs cultura è senza soluzione. Non si riesce a trovare un confine tra le due. Ho letto di tutto, ho riflettuto, ho studiato, non se ne viene a capo.

  5. Piero
    21 Marzo 2024 at 5:52

    Costano le donne costano, più dei motori, dei gioielli e delle lacrime…

    Così cantava la Vanoni nella sua “Ricetta di donna” di oltre 40 anni fa.

    A testimoniare che, per le donne, puttane o madonne che fossero, l’uomo doveva sempre aprire un ipotetico portafoglio. Quindi ben oltre le banalità marxiane.

    Da ora in avanti, tra Intelligenza artificiale e manipolazione genetica, il capitalismo strumento operativo del pensiero liberale, in connubio con la scienza venale, nel suo bisogno di fare sempre più profitto, per sopravvivere, andrà oltre l’umano e forse il problema si risolverà

  6. Lucilio Santoni
    21 Marzo 2024 at 10:34

    Se dovessimo sintetizzare il nostro tempo, lo potremmo fare citando il Vangelo di Giovanni: ECCE HOMO. Pensiamo, per esempio, al film su Rocco Siffredi, fatto da una lesbica e con la direzione della fotografia di un’altra donna. Si intitola Supersex per mera ignoranza delle autrici e per ragioni di mercato, altrimenti, il titolo dovrebbe essere proprio “Ecce homo”. Rocco è il prototipo del maschio malato, il cui organo genitale comanda irreversibilmente il cervello, quindi, in fondo, da sbertucciare e magari anche commiserare. Ecce homo disse il governatore Ponzio Pilato 2000 anni fa, ecce homo dice la femminista a pieni poteri di oggi.

  7. AndOr
    21 Marzo 2024 at 14:43

    Quindi se vieti la prostituzione è colpa degli uomini (come lo era nelle vere epoche patriarcali) se lasci decidere alle donne è colpa degli uomini e puniscono solo gli uomini.
    Secondo me ci vorrebbe una nuova scienza sociale, lo scaricabarilismo che poi produce il doppiopesismo e tutta una serie di pioggia sul bagnato oppure incudini e martelli.
    Ma chi studia la Bibbia consce bene queste problematiche che sono una deriva della libertà della scelta di decidere da soli “la conoscenza del bene e del male”.
    Vediamo ad esempio cosa fu scritto da Salomone 3000 anni fa nel libro dei proverbi, ma ci sono tanti altri punti in cui l’autore ci fa capire cosa produce un certo modello di società grazie ad un certo modo di vedere il sesso e quindi in generale lo scopo della vita fine a sè stesso in quanto a illudersi di elevarsi al rango di divinità per un tempo limitato come indusse a fare l’angelo ribelle satana a Adamo ed Eva ma costantemente ricordate da Dio nella sua parola.

    TNM:
    Proverbi 7
    1 Figlio mio, osserva le mie parole
    e fa’ tesoro dei miei comandi.
    2 Osserva i miei comandi e continuerai a vivere;
    custodisci i miei insegnamenti* come la pupilla dei tuoi occhi.
    3 Legateli alle dita
    e scrivili sulla tavoletta del tuo cuore.
    4 Di’ alla sapienza: “Sei mia sorella”,
    e chiama “parente” il discernimento,
    5 perché ti salvaguardino dalla donna ribelle,
    dalla donna immorale con le sue seducenti* parole.
    6 Stando alla finestra di casa mia,
    ho guardato attraverso la grata
    7 e, nell’osservare gli ingenui,
    ho visto tra i giovani un ragazzo che mancava di giudizio.*+
    8 Camminava per la strada vicino all’angolo dove stava lei
    e si dirigeva verso casa sua
    9 al crepuscolo, di sera,
    all’avvicinarsi della notte e del buio.
    10 Poi ho visto una donna venirgli incontro,
    vestita come una prostituta,+ astuta di cuore.
    11 È chiassosa e provocante;
    non se ne sta mai* a casa.
    12 Ora è in strada, ora è nelle piazze;
    si apposta a ogni angolo.
    13 Lo afferra e gli dà un bacio;
    sfrontata, gli dice:
    14 “Dovevo offrire sacrifici di comunione;
    oggi ho adempiuto i miei voti.
    15 Per questo ti sono venuta incontro,
    per cercarti, e ti ho trovato.
    16 Ho coperto il mio letto di eleganti stoffe,
    lino colorato dell’Egitto.
    17 Ho cosparso il mio letto di mirra, aloe e cannella.*
    18 Vieni, inebriamoci d’amore fino al mattino;
    deliziamoci insieme dei piaceri della passione.
    19 Mio marito non è a casa:
    è partito per un lungo viaggio.
    20 Ha preso con sé una borsa di denaro
    e non sarà di ritorno prima del giorno della luna piena”.
    21 Lo svia con grande persuasione;
    lo adesca con discorsi seducenti.
    22 All’improvviso lui le va dietro, come un toro che va al macello,
    come uno stolto che per punizione viene messo ai ceppi,*
    23 finché una freccia gli trafigge il fegato.
    Come un uccello che si precipita nella trappola,
    non sa che tutto questo gli costerà la vita.*+
    24 E ora, figlio mio, ascoltami;
    presta attenzione alle mie parole.
    25 Non lasciare che il tuo cuore si incammini nelle vie di lei
    e non vagare per i suoi sentieri,
    26 perché ha fatto molte vittime;
    quelli che ha ucciso sono numerosi.
    27 La sua casa conduce alla Tomba;*
    scende alle stanze interne della morte.

  8. Yak
    27 Marzo 2024 at 8:15

    A titolo informativo faccio presente che il “turismo sessuale” che viene citato come pratica maschile è pratica ampiamente unisex. Una mia collega recentemente stata in un villaggio turistico in Kenia per motivi vacanzieri mi descriveva come tanti baldi giovani, disponibili a manciate agli ingressi del resort o sulla spiaggia, venissero ingaggiati dalle signore per servizi al volo oppure anche “noleggiati” per diversi giorni. Questo avviene anche, ad esempio, nei Caraibi.

  9. Aluquis
    28 Marzo 2024 at 11:38

    Uno dei motivi della solitudine, citati da Fabrizio Marchi, e’ secondo me particolarmente azzeccato. “Impossibilita’ di socializzare”. L’ho sperimentato io stesso. Sono rientrato nel mondo del lavoro, come operaio, dopo tanti anni come autonomo; ho subito un travaglio che non mi ha consentito di occuparmi di altro. Adesso, come uomo di una certa eta’, che lavora 8 ore al giorno su turni, che quando torna a casa e’ stanco e deve pure occuparsi delle faccende domestiche, vedo che in giro, per il poco tempo libero che resta, non c’e’ nulla.
    Se provo con club e associazioni culturali di vario genere, mi e’ impossibile seguirli a causa dei miei orari di lavoro. Se provo in locali, bar, luoghi di ritrovo, vedo che non c’è ne sono…..e quelli che ci sono sono fatti apposta per chi e’ gia’ accoppiato.
    Qui secondo me c’ e’ una differenza rispetto a 50 anni fa; allora si sapeva dove andare.
    Tutto e’ atomizzato, hanno fatto in modo di renderci soli. Quindi, uno dove va?

  10. Marco
    28 Marzo 2024 at 14:13

    Buongiorno, ho trovato molto interessante questo articolo e il dibattito che ne è seguito (anche sul sito sinistrainrete che lo ha ripreso). Mi ha fatto tornare alla mente alcune percezioni del passato che non ero riuscito a ben interpretare e che erano calate nel dimenticatoio. Le condivido così come le ho vissute soggettivamente senza pretesa di valore generale. Premetto che non ho mai avuto rapporti a pagamento prima ancora che per riserve di qualunque ordine morale, intellettuale o politico perché mi sentirei molto in imbarazzo e per nulla eccitato di fronte a una persona che non conosco, con cui non ho avuto almeno qualche rapporto verbale e percepito un reciproco interesse e attrazione.

    Episodio 1: cena tra amici e conoscenti, seduto accanto a me c’è un signore bonaccione e generoso con un lieve ritardo mentale che gli ha garantito un lavoro da facchino alle ferrovie. Mi racconta che la settimana successiva avrebbe preso la settimana di ferie più attesa dell’anno per andare in Austria. “Perché in Austria?” chiedo stupito. Perché una volta all’anno va in Austria presso un bordello di lusso, dove probabilmente spende gran parte dei suoi risparmi. Parla di quelle ragazze come dee da venerare. Qui nella vita reale tenta ripetutamente approcci con amiche e amiche di amici, senza nemmeno rendersi conto quanto siano inarrivabili per lui, soprannominato bonariamente “ciuciù” (ciuccio). Racconta con gli occhi che brillano di attesa e devozione: “Non puoi immaginare, sono bellissime e gentilissime, mi trattano bene, mi sorridono, parlano anche in italiano e mi chiedono di me”. Io rimango rigido come un baccalà, da maschio di sinistra dovrei contrariarlo, evito almeno di assecondarlo, ma le mie certezze granitiche da maschio privilegiato con una “normale” vita lavorativa, relazionale e sessuale vanno in cortocircuito di fronte a quella persona abituata a farsi maltrattare da chiunque tranne che da quelle dee gentili. Ancora adesso attraverso i suoi occhi le immagino vestite di candide tuniche bianche su uno sfondo di luce celestiale.

    Episodio 2: per onorare una stupida scommessa di anni prima, mi trascinano in un locale di spogliarelli, entro guardandomi intorno come se stessi facendo una rapina in banca, con il magone per contribuire allo sfruttamento di quelle “povere ragazze”. Ecco, ne sono uscito sereno e anzi divertitissimo: i poveracci lì stavano solo dalla parte della platea, orde di maschi frustrati che si svuotavano i portafogli di fronte a due tette, qualcuno ululante, i peggiori un po’ in disparte che sorseggiavano cocktail pagati come champagne con aria indifferente che tentava di celare sguardi morbosi. Loro sì – non le ragazze – davano una sensazione di tristezza infinita. Ero senza ombra di dubbio dalla parte degli sfigati, molto contento per quell’inattesa inversione di ruoli.

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