Il neoliberismo non esiste, è una formula ideologica della propaganda in atto per potersi legittimare. Il sistema necessita di formule ideologiche con cui definirsi per poter occultare la verità di fondo: il liberismo e il liberalismo sono stati divorati dal capitalismo assoluto. Il liberismo comporta la competizione tra più soggetti economici, i quali per conquistarsi i mercati fanno circolare con i prodotti le idee, e specialmente, la conquista dei mercati implica la critica competitiva. Nulla di tutto questo avviene nel tempo presente, pochi soggetti padroni dei mercati come dell’informazione si spartiscono “pacificamente i dividendi”. Si tratta di un neofeudalesimo, in cui i nuovi signori della guerra governano porzioni di mercato mondiale con un patto di distribuzione di spazi e guadagni. Pochi soggetti governano ed usano gli Stati per affermare l’attuale sistema. Lo Stato è svuotato delle sue prerogative sociali per essere lo strumento attuativo del neofeudalesimo imperante. I signori della guerra hanno gerarchizzato il pianeta, l’apice è ammantato dalla stessa oscurità con cui i Greci antichi guardavano l’Olimpo convinti che i padroni ci fossero, benché non li vedessero, perché la cima dell’Olimpo era circonfusa di nubi. Tra i nuovi servi della gleba e l’apice della gerarchia vi è una lunga linea di intermediari del potere. Il punto massimo della linea gerarchica è soffusa dalle nubi come l’Olimpo: i nomi dei signori non appaiono, sono sostituiti dalle nuove ipostasi, si ripete che lo vuole il mercato, la borsa, l’Europa. I servi ribadiscono che devono accettare l’inaccettabile, perché lo vuole l’istituzione di turno e non c’è alternativa. A seconda delle circostanze le istituzioni intervengono confermandosi reciprocamente. Si ha l’impressione di vivere in un mondo plurale, mentre è “il medesimo” che si riafferma. I nomi non emergono, in modo da far apparire le decisioni come oracoli di enti semidivini.
Frattale di dominio
Ad ogni livello si ripete la logica di dominio e sfruttamento, il frattale può ben rappresentare il governo dei nuovi signori. Ad ogni livello in scala ridotta si ripete la stessa formula: dominare e sfruttare. Il consenso ai livelli medi regge fin quando le politiche di deregolamentazione ed indebolimento dei diritti sociali sussistono e si rafforzano. Il punto di congiunzione tra la sommità e la base è il livello medio che nelle sue figure dirigenziali e professionali è la cinghia di trasmissione e controllo del sistema. Dall’ufficio pubblico, alle scuole, alle attività private fino ai gradi più alti si ripete lo stesso tragico modello: sfruttare e privare l’altro della sua dignità. Il potere con questa modalità circola nelle relazioni quotidiane, i rapporti affettivi come i sodalizi amicali sono sotto assedio: l’altro è sempre uno strumento, mai un fine, con l’effetto che l’atomismo dilaga e dietro la solitudine globale vi è la verità che il sistema cela, mentre arpiona la logica dei diritti e del libero amore, non vi è che la pratica dell’alienazione e dello sfruttamento. Il suddito, il nuovo servo della gleba, non si scandalizza della logica del mondo che lo rende ogni giorno più povero nello spirito e lo precarizza, perché segue il mondo, si lamenta di non poter essere come “loro”, per cui la rabbia invidiosa si dirotta contro gli scarti del sistema: immigrati, i deboli, i diversi. Questi ultimi sono coloro che resistono alla forza ideologica del nuovo potere, verso di loro il pubblico disprezzo si unisce all’oscuramento delle loro parole, delle loro idee e delle loro vite. Nulla deve turbare l’automatismo macchinale e proprietario che governa il mondo. L’avvento dell’integrazione dell’uomo-macchina (transumanesimo) vero salto qualitativo della storia è preparato dagli automatismi con cui si addomestica il gregge a ripetere meccanicamente le parole del sistema ed a viverne la violenza legalizzata. Il nuovo catechismo è santificato da ogni istituzione. Il normare ogni atto in nome del diritto diviene un abile mezzo con cui legalizzare in ogni ambito la nuova logica neofeudale. Ogni aspetto della vita è normato in modo da trasformarlo in “occasione di mercato”. L’impianto dello sfruttamento acquisitivo entra nei gesti dei sudditi che in tal modo rafforzano il sistema, il potere circola divenendo dominio, si tratta della “democratizzazione” del dominio, ognuno ne ripete le logiche in un crescendo spaventoso e spaventevole. La menzogna dilaga, si amplifica, arrampica ed infetta ogni gesto.
Manomissione delle parole
Le parole dell’emancipazione divengono i fusti di cannone con cui il potere penetra ovunque, si autolegittima manipolandole. Le responsabilità più gravi ricadono sugli intellettuali, i quali consapevolmente in nome dell’apparire sono i divulgatori del neofeudalesimo, mentre invocano i diritti individuali in nome della libertà. Tacciono in modo colpevole dinanzi alle violenze, esaltano i nuovi potenti in un circolo vizioso di adulazione e distruzione. La violenza circola, le nuove logiche di dominio si traducono in atti che palesano dietro la cortina di ferro del politicamente corretto la verità del sistema. Il TSO praticato ad un ragazzo di Fano che protestava in classe contro l’uso della mascherina è il sintomo che svela la gravità della patologia. Il sistema non ammette contestazioni, non ha razionalità nell’azione: ogni proporzione è persa, al punto che la resistenza va sedata con la morte sociale della persona. Si ripetono episodi di tal genere, il governo degli automatismi non conosce la mediazione della ragione, non pratica la gradualità e la contestualizzazione dell’azione. In un mondo senza significato, in cui regna l’automatismo, le reazioni del sistema non possono che essere sproporzionate e violente, ma specialmente, deve far riflettere il silenzio generale. Si alzano gli scudi contro la violenza, ma nello stesso tempo la si pratica contro i dissenzienti e specialmente gli appelli contro la violenza denunciano la verità del sistema. Si rifiuta ogni confronto razionale, perché la verità dev’essere unica ed intrascendibile. Si usa continuamente la parola “inclusione”, ma si governa con “l’esclusione”. La società più esclusiva si autorappresenta come inclusiva. La difficoltà è nel nominare il presente con il suo vero nome, necessitiamo di una nuova semantica. Il termine neoliberismo è generico e fuorviante, perché presuppone una storia ideologica libertaria, invece siamo a confronto con un nuovo soggetto che non riusciamo a definire in modo appropriato. Decostruire le parole con cui significhiamo il mondo per poterlo guardare ed osservare nell’abbaglio accecante della sua violenza è il primo passo per uscire dall’automatismo semantico-gestuale nel quale siamo caduti. Le trappole linguistiche permettono al sistema di ritagliarsi spazi di consenso inaudito, poiché vi sia una sfasatura evidente tra l’immaginario che evocano parole come diritto, libertà, benessere e la pratica che ne fa il potere. Decostruire per capire l’abisso tra parole e l’uso che si fa di esse è il primo passo per uscire dall’oscuramento neofeudale in cui siamo. Si assiste ad un moto retrogrado, per Hegel la storia dello Spirito rompeva la ripetizione della natura con il pensiero, il neofeudalesimo si caratterizza per la negazione della ragione per assimilare l’essere umano alla nuda natura, alla ripetizione automatica dei gesti e delle parole senza la razionalità significante ed autoriflettente. L’automatismo è la violenza che diventa normalità e sistema, pertanto il futuro che ci attende mostrerà in modo sempre più evidente gli effetti delle nuove procedure di potere che preparano la fine dell’essere umano ed il trionfo di un nuovo essere ibrido tra macchina ed umano. Al moto retrogrado bisogna opporre più umanità e più spirito da tradurre in prassi quotidiana. La nostra è un’epoca che necessita di eroi piccoli e grandi, il cui compito è riportare le parole al loro significato per mostrare la menzogna del neofeudalesimo. All’esteriorità del sistema bisogna opporre l’intenzionalità significante con cui riportare senso ed oggettività, in modo da inceppare la ripetizione con il dubbio e la visione del rimosso. Necessitiamo dell’Umanesimo della parola e del logos contro l’avanzare del macchinale. Senza parole non siamo che natura consegnata agli automatismi proprietari.
Fonte foto: Hic Rhodus (da Google)