Il caso abbastanza recente di Tor sapienza ci invita a compiere delle riflessioni, sia dal punto di vista teorico che pratico, in sintesi, politico.
Molti hanno definito il caso Tor sapienza come un fenomeno xenofobo e razzista; occorre però compiere una distinzione, quella tra fascismo organizzato e fascismo diffuso. Il primo lo riscontriamo nel fascismo militante, nelle organizzazioni o partiti neo fascisti, che a volte si fanno chiamare “centri sociali” (è l’esempio di Casa Pound) . Chiaro è che in questo caso le azioni prodotte da questi soggetti non saranno “bravate” o atti di impulso, ma azioni premeditate politicamente.
Il caso del fascismo diffuso è invece il fenomeno che si è verificato nella periferia romana e che è latente in molte altre oltre Tor sapienza; si tratta di un fenomeno che vede protagonista un soggetto sociale non pienamente cosciente di se, che magari è in grado di individuare appunto a livello inconscio i suoi nemici, ma che si vede privo di mezzi, strumenti e linguaggi volti al proprio obiettivo. Questo chiaramente non esclude il fatto che le estreme destre (fascismo organizzato) non colgano o non abbiano intenzione di cogliere la ghiotta occasione per cavalcare l’onda, che non si estinguerà presto né tanto meno sarà l’ultima.
Arriviamo quindi alla questione del razzismo. Il razzismo, per definizione, consiste nel considerare possibile determinare gerarchie razziali migliori in base a capacità intellettive, valoriali o morali. Nel caso di Tor sapienza, quindi, tale definizione appare in larga parte impropria; è in atto un altro tipo di razzismo che potremmo definire “razzismo economico”. Il razzismo è presente ma non è il punto fondamentale, dal momento che il vero problema non è il razzismo ma la povertà, sciolta nella formula “guerra fra poveri” che tutti i media ultimamente amano tanto usare.
Chomsky (teorico della comunicazione) può esserci utile a comprendere il fenomeno. Egli chiarisce quelli che sono gli elementi del controllo sociale. Fra questi troviamo “creare il problema e offrire la soluzione”: una situazione produrrà una determinata reazione , in modo tale che sia questa la ragione delle misure che si vogliono far adottare. Il problema della povertà è un problema insito e potremmo dire strutturante di un modello economico. Come spiega Marx, “finchè il capitale resterà tale, l’eccedenza dei capitali non sarà impiegata a elevare il tenore di vita delle masse perché ciò provocherebbe una diminuzione dei profitti dei capitalisti.” I guadagni si alzano mediante l’esportazione di tali profitti in paesi in cui vi sono pochi capitali, salari bassi e materie prime a poco prezzo! Chiaro è che nuove spartizioni portano a un inasprimento dell’oppressione nazionale, ed ecco creato il problema. La reazione in questo caso potremmo dire che si presta anche a soluzione, la reazione è la guerra fra poveri ma è anche una soluzione (momentanea?) per il capitale.
La guerra fra poveri non è la lotta di classe, questo è evidente. Del resto tutto ciò non è nuovo; Botero, dopo la nascita degli stati nazione, parlava della “ragion di stato”, identificando la ragione come giustificazione di qualsiasi mezzo volto al mantenimento del potere (ragione in quanto retta da conoscenza). Tale potere per mantenersi, secondo Botero, avrebbe dovuto portare al suo interno una qualche misura che per necessità coniugasse l’utile e l’onesto. Altrettanto evidente è che di onesto da parte del “potere” ora non c’è nulla.
Altro metodo di controllo avanzato da Chomsky consiste nell’usare l’aspetto emozionale più della riflessione, impiantando così idee, paure e timori; in questo caso paura di essere espropriati del proprio lavoro o essere abbandonati dal presunto welfare in favore dell’immigrato/intruso, oppure sentirsi in pericolo, minacciati dallo “straniero stupratore”. Tutto ciò ovviamente penetra in quello che abbiamo chiamato “fascismo organizzato” poiché, da non tralasciare, il fascismo opera in e a fianco di quello che è un sistema ultra liberista.
Per concludere, credo sia utile ricordare le linee guida leniniane riguardo a coscienza/spontaneità; Lenin sostenne che l’elemento spontaneo fosse una forma embrionale della coscienza e che quando la coscienza cominciasse ad oscurarsi si fosse in presenza di un pericolo, poiché ogni menomazione dell’elemento cosciente rappresenterebbe un rafforzamento dell’ideologia borghese. Queste parole possono oggi essere riattualizzate e rianalizzate, capendo la necessità di portare alla luce “quell’elemento cosciente”, capendo che il luogo di periferia (che sia Tor sapienza o altrove) è il luogo dove oggi si gioca l’alternativa ed è il luogo in cui chi “riuscirà” farà la differenza.