Si susseguono i casi efferati di cronaca, sempre più estremi e sempre più irrazionali. Il sistema agisce e reagisce secondo modalità già viste: trasmissioni in cui esperti o presunti tali ricostruiscono il caso, sciorinano le loro ipotesi, mostrano scandalo dinanzi al nuovo caso. L’eterno ritorno dell’eguale è tra di noi. L’imputata, solitamente, è la cultura maschilista o l’immaturità dei maschi a livello emotivo. Se si osasse divergere dall’interpretazione ufficiale e si osasse battere altre vie, forse, riusciremmo a capire quanto sta accadendo e a prevenire atti di ferocia inaudita.
Se si guardasse la realtà in cui siamo gettati con sguardo critico, scopriremmo una banalità assoluta di cui non vogliamo prendere atto: dalle trasmissioni televisive al nostro quotidiano, passando per quelle che un tempo erano le istituzioni etiche, ovunque il messaggio è unico: individualismo narcisistico senza limiti. Se si osa porre un limite alla deriva dei desideri si è accusati di essere reazionari, pertanto le nuove generazioni crescono fragili, in quanto sono allevate per diventare consumatori o imprenditori sfrenati. Devono godere e accumulare. Una tale realtà è trasversale, tocca ogni classe sociale e genere, essa è dinanzi a noi in tutta la sua drammaticità. Dovremmo cominciare a porci il problema delle tossine morali che entrano nella psiche dei giovani, i quali coltivano sogni distopici legati ad una libertà astratta indotta e coltivata dal sistema capitale. La libertà astratta è incentrata sul desiderio, il principio di realtà è sostituito dal principio di piacere. Ogni ostacolo alla realizzazione del proprio desiderio è insopportabile, per cui lo si abbatte senza la mediazione della ragione. La logica dell’azione è di ordine quasi meccanico.
In questi decenni di liberismo integrale, dalla famiglia alla scuola e in ogni istituzione, ogni fondamento etico è stato neutralizzato in quanto limite al consumo. A scuola lo studente è un cliente, in famiglia il figlio o la figlia sono principi i cui genitori, se ci sono, devono esaudire i desideri, nella pubblicità e nelle trasmissioni di intrattenimento si esaltano il “vivere alla grande” e il “godimento infinito”. La resistenza alle frustrazioni è sempre più debole. L’abitudine all’impegno, in non pochi casi sempre più modesta.
Il sistema alleva i giovani stimolando sogni di grandezza che si svelano frustranti deliri distopici. Il senso sociale e l’empatia relazionale sono sempre più labili, non a caso ogni regola e legge sono vissute come un limite all’individualismo. La deregolamentazione produce individui senza identità e coscienza morale, cannibalizza ciò che vorrebbe esaltare: la libera individualità. Le nuove generazioni, e non solo, sono nutrite col solo digitale che alimenta la distanza emotiva. Nessun contenuto o qualità, tutto dev’essere veloce, consumabile e spendibile. Di tutto questo si tace. Si costruiscono modelli di vita nei quali l’empatia, l’impegno e la responsabilità sono cancellati. Un contesto simile sviluppa solo l’atomistica delle solitudini la quale non è una garanzia di razionalità e principio di realtà. La ragione è linguaggio che si affina e sviluppa all’interno di relazioni amicali e di pensiero. Chiunque abbia esperienza nella scuola può constatare la regressione linguistica sostenuta dalla cultura della vetrina: l’azienda scuola per arpionare clienti deve incentivare i desideri dei clienti. Una cornice di questo genere non può che generare tragedie immani. Gli adulti, nel frattempo, sono diventati bambini grandi, e in molti casi temono studenti e figli. Il giornalismo non ci è di ausilio per capire, è preso dall’audience e dalle esclusive. La legge del mercato governa ed impera.
Non tutta la realtà è tale, ma ormai vi è una tendenza ben consolidata e diffusa che ha assunto tale piega. Dinanzi al dolore che attraversa tante vite devastandole per sempre, dolore che ci appartiene, in quanto siamo appartenenti ad un’unica umanità, piuttosto che spolverare interpretazioni vetuste dovremmo cambiare prospettiva. Hegel affermava che filosofare significa usare lo scandaglio. La filosofia, grande assente in questi dibattiti, ci insegna che per capire la genesi non episodica della violenza bisogna riportare la parte al tutto. Se indugiamo sull’intero pensandolo collettivamente, forse, riusciremo a fermare la violenza che al momento sembra inarrestabile, nel frattempo “la bestia selvatica del mercato” domina le vite e governa le istituzioni.
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