Magari avessero ragione le vestali forziste quando strillano che il c.d. Conte bis sará l’esecutivo “più a sinistra della storia italiana!”
Si tratta semplicemente di una risibile boutade propagandistica, che fa il paio con l’accusa specularmente rivolta al precedente governo gialloverde, egualmente presieduto da Giuseppe Conte, di essere stato “il piú a destra della storia della Repubblica”: il principio di non contraddizione impedisce di ritenere antipodiche due compagini composte in gran parte da esponenti dello stesso partito (i Cinque Stelle) ed i cui scopi dichiarati sono in larga misura sovrapponibili. Detta questa ovvietà, ed escluso che (il moderato) Conte si sia trasformato in un anno da vessillifero dell’ultradestra a estremista di sinistra, si tratta di guardare ai contenuti del discorso programmatico proposto ieri dal premier alla Camera dei deputati. Molti commentatori ne hanno rilevato la genericità, peraltro forse inevitabile: come mi attendevo ho ascoltato alcuni passaggi condivisibili (acqua pubblica, salario minimo ecc.), altri che – per me – non lo erano affatto, altri ancora decisamente fumosi. Al netto di fuffa e buone o persino ottime intenzioni c’é un “dettaglio” da non sottovalutare: l’enfasi posta dal premier sulla duplice appartenenza dell’Italia all’Alleanza atlantica e all’Unione Europea (“da rinnovare”, si intende). Le chiacchiere sul Mediterraneo sono complemento, contorno.
Il senso dell’operazione giallorossa é tutta qui: piú che di un governo di tregua, come fanno in tanti, sarebbe corretto parlare di un governo di armistizio con una pluralità di forze esterne (USA, Istituzioni UE, cosiddetti Mercati) non sempre concordi fra loro ma tutte comunque interessate a tenere il nostro Paese sotto controllo tutorio. Ció non significa riconoscere a Salvini velleità di rivoluzionare un sistema in cui la Lega é pienamente inserita: piú banalmente l’establishment sovranazionale non si fida di scamiciati arruffapopoli, prediligendo maggioranze e leader dai toni pacati in grado di placare gli animi anziché di esacerbarli.
La scommessa fatta da PD e M5S é che il sospiro di sollievo tirato dalla UE dopo il harakiri agostano di Matteo Salvini frutterà al Paese un benevolo lassismo verso l’Italia da parte di Bruxelles e delle cancellerie: se si assume – e le perplessità sono legittime, visto il comportamento passato di costoro – che il continente sia retto da persone ragionevoli l’azzardo puó anche non apparire tale, e allora si spiega il programma di “sinistra compatibile” (con il sistema attuale e le sue regole) enunciato lunedí mattina da Conte.
Ripeto: se gli eurocrati agiranno in coerenza con i loro interessi immediati (cioè di breve periodo) alla quiete sociale e alla marginalizzazione di forze apparentemente estreme che, benché a disposizione dell’élite, costituiscono per essa l’ultima carta, allora il governo potrà realizzare con una certa tranquillità il suo programma in versione soft e i ceti medio-bassi beneficeranno dell’armistizio cui ho alluso in precedenza. Non mi nascondo che questa prospettiva resta malgrado tutto auspicabile.
Non é tuttavia sicuro (non lo é per nulla) che la convenienza prevalga sul dogmatismo di un ceto tecnico-politico egoista, spietato e bigotto; e anche ove ció avvenisse nulla sarebbe risolto, perché rimarremmo comunque esposti – rectius: assoggettati – alle lune e agli arbítri di una élite che ci vuole, a regime, precari e inebetiti consumatori di locuste fritte.
Una tregua d’armi é in ogni caso preferibile a una guerra d’annientamento di cui saremmo null’altro che vittime, vuoi perché consentirebbe ai cittadini di respirare, vuoi per il fatto che il tempo “regalatoci” (ma gli usurai non regalano niente…) potrebbe venir utilmente utilizzato, a sinistra, da chi non si é ancora rassegnato allo status quo rappresentato oggi dalla fase neoliberista del capitalismo.
Come rapportarci allora con il governo Conte 2? Semplice: evitando sia ingenue aperture di credito che sciocche scomuniche aprioristiche. Nella migliore delle ipotesi (quella in cui la UE lo favorisca: la nomina di Gentiloni agli Affari economici é il primo autentico segnale positivo) dovremo incalzarlo quotidianamente sui temi “di sinistra” (la presenza di LeU in maggioranza ci fornisce un argomento in piú), cioè sulle promesse, per ora generiche, concernenti lavoro, diritti sociali ecc., mettendone in luce in ogni occasione l’atteggiamento servente in ambito internazionale e astenendoci se possibile dall’alienarci la simpatia degli italiani con vacue e ipocrite prediche buoniste di cui possiamo e dobbiamo fare a meno.
Dovremo insomma essere piú concreti del solito, evidenziando al contempo la totale inattuabilitá di misure davvero utili alle masse popolari (cioé di misure socialiste) all’interno di un’Unione Europea oligarchica e prona agli interessi delle lobby economico-finanziarie.
In conclusione: su questo governo non do alcun giudizio, né mi aspetto di esprimerne a breve o medio termine uno positivo (e neppure negativo, poiché dal Conte bis mi aspetto al massimo benefici indiretti come quelli indicati). Ció non toglie che nelle circostanze presenti qualsiasi alternativa non “fantapolitica” sarebbe stata ben peggiore, e che ci siamo risparmiati per il momento la macelleria sociale che accompagnerebbe la somma ingiustizia di una flat tax costruita su misura di ricchi e benestanti.
Fonte foto: Tiscali Notizie (da Google)