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Nelle riforme della scuola e dell’Università che si sono succedute in questi ultimi anni, si sono pronunciate inesorabilmente parole come competizione, valutazione e selezione: insomma, il mantra della retorica ultra/liberista – ciò che da almeno una trentina d’anni siamo costretti a sentirci cantare in coro dalla mattina alla sera…
Io credo che dovremmo totalmente rifiutarci di entrare nella logica di queste parole. Entrarci dentro, sia pure per discuterle criticamente e ottenere qualche aggiustamento, infatti, significherebbe (come di fatto sta accadendo) capitolare. Occorre cioè avere ben chiaro i termini reali della questione senza cadere nelle false alternative dei politicanti – oggi servi del capitale.
Non c’è bisogno di competizione, valutazione e selezione. O, meglio, queste cose nella scuola ci sono sempre state. Gli insegnanti, diversamente dai politici, per diventare tali, hanno dovuto superare mille esami e sono abituati da sempre alla concorrenza, alla valutazione e alla selezione. Il problema vero è che sia loro stessi sia la loro funzione pubblica è a tutti gli effetti umiliata.
Si dirà: ci sono insegnanti inadeguati. Come negarlo? Ci sono insegnanti inadeguati come ci sono cardinali inadeguati, cantanti inadeguati, magistrati inadeguati e (forse qualcuno c’è anche in quell’ambiente) politici inadeguati. E allora? Perché non si pensa piuttosto che si è fatto di tutto, attraverso il precariato, la mortificazione della strutture, il taglio dei finanziamenti, la proletarizzazione indecorosa degli stipendi, per aumentare il numero degli insegnanti incapaci e consentire soltanto agli “eroi” di conservare ancora entusiasmo?
Ed ora, dopo questo pluridecennale percorso, ci vengono a dire che la scuola deve diventare una azienda? Com’è possibile? Com’è possibile – dico – che una Istituzione fatta non per produrre ma per “formare”, all’interno di un ambito simbolico che con la produzione non c’entra niente, anzi spesso con essa giunge in rotta di collisione, come è possibile dunque immaginare la scuola come una azienda? La scuola ha la funzione essenziale, assolutamente prioritaria e irrinunciabile, di formare delle donne e degli uomini, delle cittadine e dei cittadini, possibilmente insegnando loro ad essere liberi, e non ha alcun compito di formare dei “prodotti finiti” di una azienda.
E’ chiaro che, su questa strada, la scuola, non soltanto non funzionerebbe meglio, ma addirittura, ne sono convinto, affosserebbe ulteriormente, e direi definitivamente, quel poco di entusiasmo che ancora rimane in essa e nella società italiana.
Se vogliamo essere seri, la formazione e la ricerca hanno bisogno di investimenti – simbolici oltre e prima che finanziari. Una istituzione di questa importanza dovrebbe essere considerata il primo motore “mobile” del vivere civile. Esattamente il contrario di ciò che si sta facendo.
Si richiama l’attenzione su questione tecniche (aziendali) per distogliere lo sguardo dai problemi reali, ossia quale modello di civiltà vogliamo opporre alla tecnica e alla finanza. Evidentemente, è necessario che non si sappia che anche la scuola – e dunque la mente delle generazioni future – deve diventare un chierichetto della divinità imperante, sua maestà il Capitale. Tutto il resto non conta. Il modello di civiltà a cui il contemporaneo sembra di fatto “appeso” sembrerebbe poter semplicemente scegliere fra due mostri abnormi: “il politicamente corretto” di una sinistra anglofila, tecnicizzante e aziendalistica che ha tradito la sua storia e si è adeguata alle oligarchie globalizzate, e una destra becera e ottusa che, per essere autentica, “ti rutta in faccia”. Diventa così effettivamente un autentico paradosso storico il fatto che l’ultima grande, importante riforma della scuola in questo paese l’abbia fatta il filosofo Giovanni Gentile: un ministro fascista. Che cosa dovremmo concluderne – forse che il totalitarismo contemporaneo è peggiore di quello fascista?
Ormai è questione di poco tempo: quando anche la mente dei discenti, oltre a quella dei docenti – umiliati in mille modi e spesso scelti sulla base di criteri che con la conoscenza e la didattica non hanno niente a che fare – sarà stata piegata, allora sì, la scuola sarà perfetta!