Alleandosi con burbanzosi ectoplasmi anziché con i 5Stelle liberatisi delle scorie (forse non tutte) il PD gioca per perdere queste elezioni, ma lo fa scientemente, a ragion veduta.
Malgrado le sue continue e accorate professioni di atlantismo perinde ac cadaver la destra reazionaria e classista capitanata da Giorgia Meloni non suscita affatto gli entusiasmi dei poteri finanziari e del dominus d’oltreoceano, che si sentono maggiormente garantiti dai c.d. democratici e dalla variegata corte di “supertecnici” e comunicatori che gravita loro intorno. Non a caso il partito di Letta ha subito abbracciato l’Agenda Draghi, che altro non è se non una versione riveduta e corretta della famigerata letterina che, nel 2011, diede scacco matto all’esecutivo Berlusconi, comunque pessimo di suo. I contenuti sono gli stessi, perfettamente in linea con l’ideologia neoliberista che, al netto dei giochi di prestigio esibiti per imbonire il pubblico (che si reputa) “di sinistra”, permea da lustri i vertici del PD.
Dal momento che il voto non poteva essere rinviato all’infinito e che le destre sono con ogni probabilità destinate a imporsi il Partito Democratico cede in apparenza le armi e si prepara al dopo, cioè alle turbolenze che investiranno l’Italia una volta insediatasi una maggioranza sgradita a quelli che, all’interno e (soprattutto) all’esterno del Paese, contano davvero. Investiti da una tempesta perfetta a base di spread, richiami europei e accuse magari farlocche (cui potrebbe aggiungersi il rientro sulla scena del Covid, oggi snobbato dai media) i partiti di destra perderebbero rapidamente la – malriposta, dico io – fiducia degli italiani e finirebbero per sgretolarsi, spalancando le porte a una replica del governo Draghi (con o senza di lui) in cui il PD reciterebbe un ruolo da protagonista. Se dovesse arrivare direttamente la trojka, niente paura: i “responsabili” esponenti del centrosinistra new age saprebbero dottamente spiegarci, con il fattivo ausilio dei media, che in fondo non c’è alternativa, e che anzi privatizzazione dei servizi pubblici (già quasi portata a termine: l’uomo con l’agenda non è rimasto con le mani in mano!), cancellazione delle residue tutele giuslavoristiche e delle misure a protezione dei ceti più deboli andranno a vantaggio “dei nostri figli”. Mancheranno i denari per la sanità, non per l’acquisto di armi USA: quando il padrone detta la linea, specialmente in politica estera, è doveroso scattare sull’attenti e sacrificarsi a sua maggior gloria.
Passato il 25 settembre rischiamo di friggere in padella per poi finire sulla brace: spero (quia absurdum) in un lampo di saggezza degli elettori snobbati piuttosto che in una tardiva resipiscenza dei leader di una sinistra mai come oggi frammentata e incapace di parlare alle masse.
Fonte foto: Domani (da Google)