Renzi è il PD, tanto che ne è stato il segretario. Esprime in maniera autentica la conversione ideologica della sinistra, tutta concentrata nel presentarsi con un vocabolario imprenditoriale, mercantilista, spoliticizzato e tenutaria dell’equilibrio nel totalitarismo istituzionale affrancatosi nella Seconda Repubblica. Renzi ha espresso nella modalità più cristallina questo mutamento antropologico di mentalità, di essenza del progressismo. Nel quale si sacralizza il relativismo culturale gigionesco dei nostri tempi e un’approssimazione circense della politica.
Ciò che sfugge a Renzi, o che strumentalmente fa finta di non capire, è la missione di questa legislatura in capo all’apparato politico liberale. Accerchiare e normalizzare l’equivoco populista rappresentato dai 5Stelle. Intimamente liberali anch’essi ma seducenti per quelle masse non inserite nelle dinamiche affabulatorie della propaganda sulla civiltà dei mercati. Renzi difatti non può partecipare all’assedio nei loro confronti perché aveva provato a risolvere la questione populista da un altro punto di vista. Eliminare nel nome del giovanilismo e dell’efficienza, con il consenso popolare, gli strumenti dell’intermediazione sociale e politica. Questa operazione la sta svolgendo Draghi in maniera ineccepibile con il sostegno delle strutture sovranazionali e senza bisogno di alcun referendum. Per questo al di là di qualche carnevalata Renzi non serve più a nulla, se non per qualche giochino sporco indirizzato dal PD. E a questo servono le inchieste giudiziarie di questi giorni, contraddistinte dal classico tempismo della Magistratura negli anni della politica priva di corpi intermedi e di veri partiti.
Per lo stesso motivo il PD, una volta risolto per consunzione lo spauracchio sull’inaffidabilità di Berlusconi, è Forza Italia. Con la quale provvede alla custodia, in chiave reazionaria e padronale, degli indirizzi fondamentali di politica economica sviluppati dai Trattati sovranazionali. Non indifferente a questo meccanismo è anche la Lega, che risolve, insieme alla Meloni, il problema della regolazione del dissenso in un traffico comodo e pilotabile.
In questo contesto, con l’avallo fondamentale dei Presidenti della Repubblica, i partiti della Seconda Repubblica assumono, nessuno escluso, un tratto sovversivo e anti-costituzionale. Sia per ciò che concerne la democrazia sostanziale che per gli ingranaggi e i contrappesi della democrazia formale e borghese.