Una cosa è certa. Laura Boldrini deve la sua fortuna e la sua oggettivamente straordinaria carriera alla discriminazione che subisce da sempre in quanto donna. Qualcuno/a sostiene per la sua intelligenza e soprattutto per la simpatia che è in grado di suscitare al primo impatto. Glielo concediamo, del resto de gustibus non disputandum est. Ho conosciuto persone che trovano simpatiche Asia Argento e Michela Murgia, figuriamoci se non può suscitare lo stesso sentimento anche la Boldrini.
“Come porre fine al potere maschile sulle donne”, si chiede la “Nostra” nel suo ultimo libro, augurandosi (la comprendiamo…) che quel potere che lei stessa subisce fin da quando sta al mondo non abbia mai a cessare. E’ vero che ormai la carriera l’ha fatta però è ancora giovane per chiudere bottega.
Certo, in quanto donna e quindi discriminata per definizione, per giunta nata e cresciuta in Italia, paese patriarcale e maschilista per eccellenza, non potrà ambire a diventare Primo Ministro o Presidente della Repubblica; in altri paesi occidentali non avrebbe avuto di questi problemi. E questa è stata la sua sfortuna. C’è da dire che in altri paese europei, specie del Nord Europa (molto più attenti a questi aspetti) molto probabilmente sarebbe stata costretta a dimettersi per non aver pagato i contributi ad una vera subordinata (in quanto lavoratrice dipendente e precaria, non in quanto donna) ma, come sappiamo, la coperta è sempre corta, non si può pretendere tutto dalla vita.
Ci consola sapere che anche qualora il dominio maschile, maschilista e patriarcale che le ha consentito cotanto successo dovesse iniziare la sua parabola discendente, non dovrà preoccuparsi di nulla perché in quanto deputata e già Presidente della Camera (e Commissario Onu e tanto altro ancora…) percepirà una pensione che le consentirà, in quanto donna e discriminata, di trascorrere una serena vecchiaia. Anche se non più all’ombra del potere maschile (che ha fatto la sua fortuna).