Proteste spettacolo
La società dello spettacolo impera. Le manifestazioni popolari sono sempre più somiglianti ad una duplicazione del mondo dello spettacolo. Si susseguono nuovi stili di proteste, il più diffuso è il flasch mob, ovvero il lampo di folla. Il lampo è improvviso, la sua durata è minima, mentre il popolo è ridotto a folla indistinta di partecipanti. Il lampo di folla non preoccupa nessun potere, anzi, è organico alla cultura dello spettacolo, in esso prevale l’apparire sull’essere, l’atto dell’apparire al concetto. Il flasch mob si costituisce come una forma di protesta senza concetto, e dunque non intimorisce nessuno. Esso è improvviso, si appare, si decide quale postura ostentare e si scompare: non vi è struttura ideologica o politica a sostenere la protesta, la quale riguarda in media singoli provvedimenti e mai il contesto. Non si agisce contro il sistema, ma si protesta debolmente contro taluni aspetti. Chi guarda il lampo di folla resta attratto dallo spettacolo: ci si stende per terra, si sta immobili in piedi, ci si veste in un certo modo, o come è accaduto in Spagna i medici hanno protestato in mutande. Le cronache evidenziavano i bei corpi dei giovani medici spagnoli. Naturalmente, nulla di tutto questo è rivoluzionario, ma fortemente reazionario. Si usa il linguaggio della società dello spettacolo, si è già all’interno del modo di produzione, se ne condividono le parole, i comportamenti, i gusti, anzi lo si rafforza, perché si diviene veicolo della scomparsa del concetto, della protesta critica sorretta da strutture critiche e progettanti. Il concetto, nel migliore dei casi, resta inespresso, pertanto chi guarda ha semplicemente assistito ad un lampo di spettacolo e nulla più. In un’epoca in cui si teme di appartenere ad ideologie, questo nuovo modo di protestare, funge da catalizzatore per coloro che non vogliono impegnarsi, difatti si riproduce un individualismo di massa: ci si unisce e divide in tempi brevi senza incidere su nulla.
Modello neoliberista della protesta
Non è secondario che si importi dai paesi anglosassoni un modo di protestare ed un linguaggio associato interno alla globalizzazione neoliberista di cui si scontano gli effetti. La folla che protesta si ritrova in un dato luogo dopo il tamburellare in rete. La prima manifestazione di questo genere è stata nel 2002 a News York. Col tempo la protesta ha differenziato l’offerta degli spettacoli:
Freeze o Frozen: i partecipanti ad una certa ora si ritrovano in un luogo e restano immobili
Silent Rave: si riuniscono in certo luogo dotati di cuffie per musica e ballano in silenzio
Human Mirror: coppie di gemelli si radunano per attrarre l‘attenzione
Massive: migliaia di persone contemporaneamente in più città si uniscono per protestare, i partecipanti svolgono attività plurali dal ballare a leggere.
Anche in questi giorni si susseguono forme creative di flasch mob: genitori che protestano contro le chiusure autoritarie delle scuole, mai concordate con docenti ed utenti, si ritrovano dinanzi alle scuole con libri e penne per protestare contri il taglio del servizio dopo aver assunto personale covid, comprato banchi a rotelle, investito in dispositivi e mezzi per sterilizzare gli ambienti. Questa estate le scuole sono state attive per accogliere gli alunni in sicurezza. Nelle scuole sono rimasti i banchi e personale covid senza nulla fare dopo che in estate, in nome dell’economia, chi invoca la chiusura ha consentito la diffusione del virus. Costoro sono come i sovrani delle monarchie assolute, nessuno osa evidenziare le responsabilità, perché tutti concordano nell’economicismo più integralista, per cui la vita vale meno del PIL. Il punto focale sono stati i tagli alla sanità, coloro che hanno effettuato i tagli (governo Monti) restano imperturbabili sui loro scranni, mentre la nazione muore e non in senso metaforico. Il disastro ha i suoi responsabili, non è un evento anonimo e fatale, ma di questo si tace.
Se le proteste divengono la riproduzione della società dello spettacolo il potere non può che dormire sogni tranquilli, mentre per i popoli si profilano anni da incubo.
Fonte foto: La Stampa (da Google)