Nella modernità il conflitto sociale era lotta di classe degli sfruttati contro gli sfruttatori, del proletariato contro il padronato; nella post modernità il conflitto sociale è stato superato dalla lotta per l’egemonia tra le élites. Politica e cultura sono diventate appannaggio delle sole élites; la Democrazia è diventata solo competizione tra ceti politici funzionali alle élites che si contendono il potere politico e che sul piano culturale lottano per affermare la propria egemonia legata ad una “visione individualista del mondo”. Il conflitto tra élites non è altro che lotta per l’accaparramento di fette sempre più larghe di mercato o per costruire nuovi mercati.
A partire dal trionfo del Liberalismo l’idea di progresso ha finito, via via, per coincidere con l’assolutizzazione della libertà individuale. Tutto ciò che a livello di istituzioni, di cultura ecc. rappresenta una limitazione alla libertà individuale è da bandire, da rifiutare. Il conflitto tra le élites è tra progressisti e conservatori. Tale conflitto solo in apparenza non ha un fondamento per così dire di tipo economico. Entrambe le visioni del mondo hanno come scopo quello di giustificare e rendere accettabile il relativo sistema produttivo. Storicamente il passaggio da una fase all’altra del capitalismo ha avuto bisogno di giustificazioni sul piano ideologico. Le trasformazioni sono il risultato della interazione tra sovrastruttura per così dire culturale e struttura produttiva. La rottura che avviene nel ‘400 – ‘500 interessa sia il sistema produttivo, con l’affermazione dell’individualismo economico,la sfera culturale con le trasformazioni nel campo giuridico, teologico e filosofico. Le istituzioni politico – giuridiche come l’aspetto strettamente ideologico nel senso di visione del mondo interagiscono con il sistema produttivo, creando le condizioni per il superamento delle esternalità che sono tanto le enclosures in Inghilterra, quanto i vincoli di ordine religioso ed etico.
Il riconoscimento del “giusto guadagno” apre la strada alla legittimazione del “denaro dato in prestito” e alla logica di fondo che ha ispirato la progressiva ascesa del sistema capitalista. Le innovazioni tecnologiche sono parte integrante della sovrastruttura che ha determinato cambiamenti nei processi produttivi. Il passaggio dalla teoria del valore – lavoro al marginalismo è anche esso legato a momenti diversi dello sviluppo capitalista, come lo sono la teoria di List sull’economia politica dello Stato chiuso, la Scuola economica austriaca in contrapposizione a quella Storica tedesca, le teorie di Keynes o lo stesso keynesismo senza Keynes come ha spiegato Kalecki, per arrivare al neoliberalismo e a quanto sta succedendo oggi.
Quali sono le caratteristiche dell’ideologia progressista e le differenze rispetto al conservatorismo? Le differenze attengono temi valoriali, non certamente il modello economico che resta quello Liberalcapitalista. Il progressismo è legato alle libertà individuali, al superamento dello Stato e delle istituzioni sociali tradizionali quali famiglia, identità culturali, nazioni, popolo, classe sociale. Le istituzioni tradizionali sono esternalità che impediscono la piena realizzazione dell’individuo che passa attraverso la fluidità del suo essere, della sua individualità.
La fluidità non attiene la sola identità sessuale. Certamente l’identità sessuale è la più forte perché attraverso una serie di vincoli di tipo biologico ti impone determinate scelte. Costituendo il vincolo più forte rispetto alla definizione dei rapporti sociali necessita di un’azione sul piano ideologico che deve portare al suo superamento. Affermare che il sesso è qualcosa di diverso dal genere equivale a rendere l’individuo ancora più libero e quindi più flessibile rispetto alle esigenze di un sistema capitalista almeno nella sua accezione liberale alla ricerca di nuovi mercati e di nuove occasioni per investimenti.
La teoria gender fluid libera l’individuo dai vincoli familiari, dai vincoli riproduttivi, dall’affettività stessa legata alla differenza sessuale. Tradizionalmente, direi naturalmente, ci si innamora dell’altro sesso, ci si riproduce con l’altro sesso, la famiglia tradizionale è anche una unità produttiva e riproduttiva che impone al sistema produttivo capitalista determinati ritmi e determinati costi e benefici. L’aspetto riproduttivo viene svincolato dal rapporto tra sessi diversi per diventare ne più e ne meno che una scelta legata al grado di soddisfazione individuale, risponde alla legge dell’utilità marginale decrescente e quindi al capitalismo neoliberale. L’unità produttiva e riproduttiva non è più la famiglia naturale rappresentata da un uomo e una donna ma l’individuo in sé il quale opera all’insegna del grado di soddisfazione che ricava dal contesto ossia dal mercato. Il concetto di fluid gender è sinonimo di lavoro precario, di migrazione, di sradicamento, di perdita di identità e di senso di appartenenza. L’individuo fluido è il lavoratore flessibile, è l’individuo imprenditore di se stesso, è il consumatore, è l’individuo precario, è l’individuo che vive il qui ed oggi, è l’individuo che sceglie il “fine vita” come strumento estremo scegliendo di porre fine alla sua esistenza nel momento in cui non trova più un grado di soddisfazione ritenuto accettabile.
Il referendum promosso dai Radicali sul “fine vita” aveva come slogan “liberi di scegliere”, nulla a che vedere con il dramma del malato terminale o dell’accanimento terapeutico. In quel “liberi di scegliere” il messaggio è fin troppo chiaro. Sul piano industriale avere individui flessibili, disponibili a muoversi nello spazio, per le multinazionali con impianti disseminati nello spazio – mondo, significa avere la possibilità di spostare l’individuo prestatore d’opera da un impianto all’altro a seconda delle esigenze produttive dei singoli impianti, delle legislazioni nazionali, in una parola del mercato. E’ significativo quanto sta succedendo presso l’impianto industriale Stellantis di Melfi e non solo lì. I lavoratori dell’impianto vengono delocalizzati da un impianto ad un altro rispetto alle esigenze produttive e quindi del mercato. L’esodo incentivato, strumento adottato presso l’impianto Stellantis di Melfi, è una spinta all’emigrazione, all’essere fluidi. Coloro che accettano la proposta aziendale molto probabilmente vivono la situazione con disagio non solo per il futuro incerto ma per una serie di implicazioni legate all’essere strutturati e non sufficientemente fluidi. Il lavoratore che ha una famiglia deve ragionare tendendo presente le esigenze della famiglia: moglie, figli, legami con la comunità di appartenenza. Questi lavoratori devono ragionare perfino con i vincoli di tipo economico legati ad un immobile di proprietà acquistato con un mutuo che gli imporrà delle ulteriori scelte. Per il sistema liberalcapitalista destrutturare vincoli, identità, rendere fluido l’individuo significa eliminare una serie di costi che non sono solo per il sistema produttivo in sé ma per il sistema nel suo complesso. L’individuo fluido riduce la necessità da parte dello Stato di garantire il Welfare, riduce la spesa pubblica e con essa la pressione fiscale. La stessa proprietà, diritto privato per eccellenza, assume una fisionomia diversa. L’individuo per essere fluido non deve avere legami stabili, la proprietà di un bene come ad esempio l’abitazione diventa un vincolo. L’individuo fluido ha bisogno di avere beni di facile consumo o quanto meno facilmente scambiabili. I contatti in rete, lo scambio delle abitazioni per le vacanze, l’utilizzo in comune dell’auto, la sessualità vissuta sempre di più come un bene da consumare con una relazione rapida, veloce, senza implicazioni di nessun genere, lo stesso incentivo dell’utilizzo all’uso del denaro elettronico, come tanti altri esempi che possono essere tratti dalla pubblicità, dall’estetica di personaggi dello spettacolo, dagli influencers, sono esempi significativi per capire come stiamo assistendo ad una trasformazione dell’essere umano in funzione del sistema produttivo post – moderno.
Le trasformazioni che ho descritto, sostenute dall’ideologia progressista, trovano delle resistenze e non può che essere così. Resistenze che vengono da quelle èlites che, pur condividendo tanto il Liberalismo quanto il Capitalismo, da queste trasformazioni hanno più da perdere che da guadagnare. Alle èlites conservatrici la difesa di valori per così dire tradizionali interessa in quanto strumenti di lotta politica verso le èlites progressiste. Settori economici dove gli effetti delle innovazioni tecnologiche sono minime se non addirittura nulle come ad esempio attività imprenditoriali ad alto impiego di mano d’opera. Rispetto alla costruzione ideologica questo modello di capitalismo offre protezione alle classi sociali subordinate rispetto alla fluidità del mercato a patto e condizione che accettino moderazione salariale e riduzione dei diritti sociali. Lo scambio proposto dalle élites conservatrici alle masse subalterne è semplice: protezione rispetto alla concorrenza riveniente dalla globalizzazione ossia da un sistema mondo fluido in cambio di farsi carico dei costi legati al mantenimento di un sistema economico chiuso.
Potremmo dire che l’alternativa è tra un progressismo fluido contro un conservatorismo rigido. Sono soluzioni funzionali entrambe al dominio delle élites sulle masse. Sul piano concreto le politiche fluide lasciano “libero” l’individuo di spostarsi da un luogo all’altro del Mondo inseguendo le occasioni che il mercato gli offre; le politiche rigide offrono protezione a patto di una riduzione dei diritti. Il risultato di entrambe le impostazioni è comunque lo stesso: i costi del sistema vengono comunque scaricati sulle classi sociali subalterne.
Provo a spiegarmi con un esempio prendendo proprio a riferimento la vicenda Stellantis di Melfi. L’opzione fluida è che i lavoratori facciano propria l’idea dell’esodo, l’opzione rigida è che accettino riduzione dei salari e dei diritti. In entrambi i casi l’obiettivo che le élites si pongono è lo stesso: scaricare i costi sul lavoro. Esempi di politiche economiche rigide ispirate da politiche conservatrici sono quelle dei governi ungherese, polacco, slovacco, romeno ecc..
Rispetto a tutto questo qual è il ruolo delle masse? Sul piano politico non hanno nessun ruolo, sul piano economico interessano nella misura in cui sono una “moltitudine” (non a caso uso questo termine) di consumatori, lavoratori flessibili, masse disponibili come la plebe della Suburra, ad applaudire il Nerone di turno. Un tempo le masse servivano anche come risparmiatori oggi sono utili solo come debitori: basta dare uno sguardo rapido al debito privato dei Paesi del Mondo Occidentale. Da questa tendenza sono esclusi, ancora per poco gli Italiani i quali continuano ad avere un debito privato relativamente basso rispetto agli Olandesi, ai Francesi, ai Tedeschi, ai Britannici o agli Americani. Il debito privato è anche esso sinonimo di fluidità, di commerciabilità e di scambio. Altra cosa rispetto al debito pubblico che implica rigidità del sistema economico che viene dal ruolo “pesante” dello Stato.
In conclusione il progressismo è l’ideologia della conservazione, il dramma è che esso viene assecondato da movimenti e partiti politici che si dichiarano di sinistra, memori dell’origine storica del concetto di sinistra, dimenticando che le condizioni storiche non sono quelle che portarono alla Rivoluzione Francese. Pensare che progressisti e quindi di sinistra siano il movimento femminista, i vari movimenti dei c.d. diritti civili, il movimento LGBTQ+ ecc. è un’eresia. Non vi è nulla di più reazionario e di conservatore, nel senso di conservazione e riproduzione del sistema liberalcapitalista di movimenti come questi. Non vi è nulla di più reazionario e conservatore che pensare che la lotta politica possa riguardare solo questioni valoriali senza voler incidere sulle condizioni materiali relative al sistema produttivo. Non vi è nulla di più reazionario che pensare che le semplici innovazioni tecnologiche e quindi la ricerca scientifica possano essere strumenti di progresso senza cogliere che da sole sono semplici strumenti di dominio delle èlite sulle masse. Il conflitto politico ridotto a confronto tra progressisti e conservatori è quanto di più fuorviante vi sia in circolazione perché distoglie le masse dalle condizioni di subalternità e sfruttamento alle quali sono condannate. La lotta per una società più giusta non può che partire da tre questioni: il lavoro per le implicazioni che esso ha sul piano politico, etico e culturale; il ruolo dello Stato e infine il recupero della Comunità.