Deve essere approvato così com’è. Così è stata orchestrata la propaganda sul DDL Zan. L’alluvione catechistica di questi mesi che ha visto protagonisti influencer, vedette televisive, popstar, attori da botteghino, giornalisti da grande soirée imponeva l’assenza di qualsiasi dibattito sulla questione. Impossibile dunque discutere politicamente, culturalmente, filosoficamente sul disegno di legge. Non appena qualcuno osava mettere in discussione qualche eccesso presente nel testo o le conseguenze del non detto – le leggi vanno esaminate anche per quello che non dicono – ecco che arrivava puntuale lo stigma del conservatorismo o dell’oscurantismo.
La pratica è consueta e vale sia per gli indirizzi economici dell’azione pubblica che non possono essere oggetto di discussione politico/sociale sia per ogni questione etica non allineata con il liberalismo progressista e individualista. La prossima tappa sarà l’eutanasia libera, ci si può giocare due soldi.
In questi mesi si è sviluppato un dibattito sul DDL Zan che ha visto protagonista una larga fetta del mondo femminista – per fare un esempio – non ancora definitivamente asservito alla visione dei capricci personali o delle inclinazioni soggettive trasformate in diritti. Ebbene questo dibattito è rimasto ai margini della comunicazione ufficiale, volutamente nascosto. La comunicazione procedeva per appelli. Per dispacci. Deve essere approvato così com’è. Punto.
La radice di questa impostazione l’ha ben individuata Michéa quando scorge nelle prediche liberali la volontà di far apparire il liberalismo una dottrina assiologicamente neutrale. La presunta neutralità impone una didattica assolutistica, priva dell’onere del dubbio, incapace di accettare visioni morali, etiche, comunitarie. L’economia va da sé, il progresso è inarrestabile, le richieste individuali sempre giuste. Anzi giuste giuste. Non programmate per accettare contraddizioni.
Ma se la volontà è quella di chiudere l’universo di discorso e nascondere da un lato il conflitto sociale e dall’altro la dialettica culturale, vuol dire che la democrazia sia nella sua veste formale che in quella sostanziale è completamente esautorata. Per questo chi ha la forza di intervenire a gamba tesa lo fa. E il Vaticano lo fa.
Chi non lo fa sull’altro versante, quello del conflitto sociale, sono i sindacati. I quali nei giorni dell’inasprimento della repressione padronale, coperta e giustificata ideologicamente dal Governo Draghi, non indicono uno sciopero generale, ma si presentano sotto l’Ambasciata Iraniana per contestare il risultato delle elezioni. Comportandosi quindi come enti a difesa delle ragioni americane e padronali. Per supportare l’internazionalismo del capitale.
Se grazie all’iniziativa del Vaticano si aprisse un dibattito culturale serio, duro, ragionato, duraturo sul DDL Zan tutti ne beneficeremmo, anche coloro i quali contesteranno le osservazioni dei cattolici, dei critici marxisti o di parte del femminismo sul disegno di legge. Si chiama democrazia e non si riduce al voto in un gazebo. Quello è plebiscitarismo.
Fonte foto: periodicoitaliano.it (da Google)