Primo Maggio ridotto a parodia


La festa dei lavoratori è sempre stata occasione di incontro e di discussione. I lavoratori non si limitavano a “festeggiare” i diritti acquisiti e i tanti ancora da conquistare, ma denunciavano, pensavano e discutevano della condizione lavorativa. La Festa era un momento topico di un processo dialettico che attraversava tutto l’anno. La rappresentanza politica e le idee, che pur fra tante contraddizioni circolavano, consentivano alla festa del Primo maggio di essere una manifestazione nella quale era ancora possibile progettare l’azione politica e motivarsi alla lotta. In questo nostro Primo maggio, invece, come da anni accade, la Festa dei Lavoratori è solo un’immensa parodia.

La società dello spettacolo, vera essenza del capitalismo del controllo ha cannibalizzato e reso superflua la Festa dei Lavoratori, l’ha addomesticata facendola rientrare nel circuito del capitalismo. Concerti e tavolate si moltiplicano. La Festa diventa ennesima occasione per pochi di fare busness e per molti  è solo esperienza ludica, una delle tante che si rincorrono durante l’anno in una corsa verso l’irrilevanza e la noia. Non ci sono discussioni e non si programma la lotta; i giovani che affollano i concerti piccoli e grandi, in media, sono lì per la musica, per il divertimento e nulla più. Non sono colpevoli, o quanto meno molte sono le attenuanti che potremmo utilizzare per capire il processo di irrilevanza in cui la Festa è caduta. Non conoscono altro che la società dello spettacolo, essi stessi mediante i social sono protagonisti passivi degli automatismi del capitalismo. La formazione, dalla scuola  primaria all’Università, è solo una lunga vetrina, è la gabbia di vetro nella quale si impara ad esibirsi e a vendere le competenze sul mercato. La realtà non è pensata, è fuori;  la si vede, ma non la si pensa. Si vive nella distanza e si perseguono i propri obiettivi. Abituati a pensare solo al presente e a consumare, il futuro è una dimensione estranea e straniera. Pensioni e futuro sono solo espressioni vocaliche, forse non ci saranno per loro, ma nel frattempo ci si gode il presente. Vita e mercato coincidono, pertanto vittime di un processo formativo che li vuole consumatori e precari, non percepiscono la stranezza di una Festa dei Lavoratori nella quale il lavoro è solo un complemento d’arredo, mentre lo spettacolo è tutto. In questa cornice ancora una volta non si può non constatare quanto il capitalismo sia “assoluto” nella prospettiva dei festeggianti che ne sono canibalizzati. Marxismo e socialismo sono trattati come “cani morti”, o forse non sono mai stati vivi per molti di coloro che si accalcano intorno ai palchi.  Restano solo canzonette ed esibizioni; nel frastuono impera il grande silenzio della lotta di classe.

Oggi proletari sono anche coloro che pur avendo una condizione economica media, non decidono nulla, sono gli esecutori passivi degli ordini cha calano dall’alto. La depressione sempre più diffusa tra i lavoratori è il segno della sofferenza, si è umiliati, in quanto chi non decide nulla è un servo, anche se ha una condizione sociale passabile. Precari e lavoratori con diritti sono egualmente alienati nella passività. I precari vivono anche l’offesa di essere poveri. Si può lavorare ed essere poveri: nulla è più scandaloso di questo. Si muore e si è poveri, mentre si lavora.

In questa giornata le parole e le grida dei lavoratori che vivono nella loro carne la mercificazione e la solitudine sono sommerse dai concerti e dai concertoni. La ridda della musica silenzia ancora una volta un’occasione per parlare e far conoscere a tutti, giovani in primis, che è possibile lottare e che un altro modo di vivere il lavoro è possibile.

Bisogna riconquistare la parola, dare parola ai lavoratori, solo in tal modo la verità potrà cominciare il suo difficile percorso.

Nel tempo attuale dobbiamo riconoscere le modalità con cui la società dello spettacolo rende muti i lavoratori. Il Primo maggio sia  il giorno in cui ricominciamo a parlare della realtà dei lavoratori e delle prospettive di lotta, questa deve essere la nostra speranza. Senza coscienza e autococienza nessuna lotta è possibile. Ci attende un lungo e tenace lavoro per riportare la verità al centro dell’azione politica. Senza verità nulla è possibile, per questo bisogna smascherare le false categorie con cui il capitale può continuare ad agire e a rendere i lavoratori “superflui” o “merci” da sacrificare sull’altare del profitto:

Lode del lavoro illegale

Bello è

prender la parola nella lotta di classe,

a voce alta e sonante chiamare a battaglia le masse

per calpestare gli oppressori, per liberare gli oppressi.

Duro è ed utile il piccolo quotidiano lavoro,

con segreta tenacia annodare

la rete del Partito davanti

alle canne dei fucili degli imprenditori:

parlare ma

celare chi parla

Vincere ma

celare chi vince.

Morire ma

nascondere la morte.

Chi non farebbe molto per la gloria, ma chi

farebbe per il silenzio?

Ma il povero convita l’Onore al suo tavolo,

dalla stretta e cadente capanna esce

irresistibilmente la Grandezza.

E la Fama invano s’informa

su chi compì la grande azione.

Venite avanti

per un attimo, voi

ignoti, col viso coperto, e abbiate

il nostro grazie!

B. Brecht, Poesie e Canzoni, Einaudi 1959

Fonte foto: Il Mattino (da Google)

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