Pride

Gli slittamenti linguistici sono la costante del capitalismoneoliberista. Le parole sono speculari ai fenomeni storici e materiali, indicano un contenuto, consentono di associare la parola ad un fenomeno storico concreto.

Le parole che indicano i movimenti e sommovimenti in atto sono evocative di un periodo storico con i suoi intrinseci dinamismi costituiti da forze sociali in lotta o in arretramento. Il gay pride evoca le lotte e il dolore di una marginalità secolare che conosce  dopo secoli la visibilità.

Il capitalismo è ostile alle lotte e i capitalisti, con il loro servidorame, si può ben ipotizzare, associano le manifestazioni di piazza – anche quando sono organiche ai soli diritti individuali – al “pericolo rosso”, ne temono le “degenerazioni”  e la “possibile crescita politica”.

Il gay pride raccoglie persone di estrazione sociale diversa, per non pochi l’inganno dei soli diritti individuali si svela nella vita concreta del singolo. L’unione civile e la progettualità affettiva stabile in un sistema di sfruttamento legalizzato del lavoro e di precarietà effettiva è nei fatti impossibile. Si tratta di diritti individuali per pochi, per i più ricchi. Il sistema riproduce la logica elitaria in ogni ambito, i diritti che concede rafforzano le posizioni dei privilegiati e si palesano come diritti formali e non sostanziali per i comuni mortali.

In tale contesto si può notare uno slittamento linguistico, non poche testate giornalistiche di Stato gradualmente stanno sostituendo al “marchio” gay pride il solo nomignolo “pride”. Non è uno slittamento casuale, il movimento di “emancipazione” ha esteso enormemente le forme di sessualità-affettività da liberare, per i più forme sconosciute, e quindi non mediate da nessuna discussione  pubblica. Il primo pride (gay pride) si connotava per la denuncia e per la discussione sui diritti delle persone omosessuali, nel nuovo pride il termine diritto è un bollino da applicare ad una festa di piazza, sempre più simile ad un folcloristico carnevale estivo, nel quale prevale la festa e l’edonismo di massa, unico catalizzatore di una democrazia che teme i popoli pensanti. Dove vi è pensiero e discussione può sorgere il nuovo ed un progetto politico, ma dove ci sono slogan e feste di piazza si può solo riprodurre il potere nelle sue forme in una mascherata della democrazia che non c’è.

E’ stato semplice e demagogico per Giuseppe Sala sindaco di Milano prendere la parola e dichiarare tra gli applausi che lotterà per il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Naturalmente Sala non si esporrebbe mai per difendere i diritti sociali, dei precari e delle pensioni che non ci sono. Il futuro senza diritti sociali è splendido per le sole classi dirigenti, ai restanti si concede un po’ di festa con qualche parola politicamente corretta con cui strappare consenso ed applausi.

Il gay pride è stato cannibalizzato dal capitale, il capitalismo come il dio Crono divora i suoi figli e le sue parole. Il pride è un fenomeno mediatico, panem et circenses per il popolo, nel frattempo i diritti individuali e sociali attendono la stagione della discussione politica che avviene a luci spente.

Il capitale vuole la festa perenne per la sua eterna sopravvivenza, ma alla festa bisogna sottrarsi affinché inizi la politica con l’esodo dai pride organizzati dal potere.

Pride 2017: Show love, show progress, #ShowUp

Fonte foto: da Google

1 commento per “Pride

  1. Yak
    4 Luglio 2022 at 17:53

    Come diceva anche Pasolini anni fa, le ribellioni e le rivoluzioni di costume, anche quelle apparentemente più radicali e alternative, sono destinate poi ad essere assorbite e addirittura sfruttate dal capitale.

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