Fonte foto: Pidieffe (da Google)
L’attuale crisi in Bielorussia mi spinge ad una considerazione di ordine “culturale”, diciamo così, che riguarda il potere seduttivo dell’America e quindi del mondo occidentale nel suo complesso costruito a sua immagine somiglianza, ma soprattutto del modello americano.
Il potere “seduttivo” degli USA, anzi, dell’America, è talmente potente da far sì che anche sommovimenti massicci e rivolte sociali di profonda e vasta portata, vedano nell’Occidente e nell’America il punto di riferimento al quale guardare.
Il paradosso è evidente, se andiamo a vedere, perché le contraddizioni che fanno esplodere quelle rivolte e quei movimenti, dalle “primavere arabe” (Egitto e Tunisia) fino alla Bielorussia e in parte anche all’Ucraina (con tutte le ovvie e dovute differenze fra un contesto e l’altro, ovviamente, nelle quali ora non entro…) hanno in tutto e per tutto un carattere di classe e sono il prodotto delle contraddizioni strutturali del dominio capitalista e imperialista a trazione occidentale (quindi in primis americano) ormai esteso a livello planetario (con alcune eccezioni non senza, a loro volta, altrettanto profonde contraddizioni).
Naturalmente questo stesso sistema di potere che si incista nei vari e differenti contesti culturali e sociali che variano da paese a paese, si appoggia e si serve delle strutture e delle oligarchie locali, politiche e/o religiose, per poter perpetrare e rafforzare il proprio dominio.
Eppure questo sistema è talmente abile da far sì che le contraddizioni che determina, siano in realtà lette dai più (anche e soprattutto dai protagonisti di quelle rivolte, cioè da vaste masse popolari) come ad esso esogene e quindi come un prodotto esclusivo di questo o quel contesto locale nella sua specificità. Ecco, dunque, che una rivolta sociale che per la sua ampiezza e profondità potrebbe essere addirittura paragonabile ad una vera e propria rivoluzione, finisce per avere come riferimento ideologico proprio quel sistema capitalista e imperialista che è causa delle contraddizioni che l’hanno fatta esplodere.
Nel caso delle cosiddette primavere arabe, il fenomeno è ancora più evidente rispetto alle vicende che riguardano la Bielorussia, dal momento che sia quello di Mubarak che quello di Ben Alì (a differenza di quello di Lukashenko che è molto vicino alla Russia anche se gioca spregiudicatamente su più tavoli) erano regimi capitalisti filooccidentali e filoamericani seppur declinati, come è ovvio che fosse, nelle forme storiche, culturali e religiose dello specifico contesto. E però la (legittima) ribellione contro quel contesto repressivo e oppressivo ha finito per limitarsi alla critica a quello specifico contesto, senza avere la capacità di guardare oltre e anzi, in molti casi, finendo per avere come bandiera e riferimento ideologico proprio quel sistema capitalista e imperialista che garantiva e sosteneva quello specifico contesto (comunque capitalista). La stessa cosa sta avvenendo in Bielorussia, anche se, come ripeto, in un contesto politico, geopolitico e culturale molto differente, ovviamente.
Questa incapacità di leggere la realtà nella sua complessità è dovuta a due fattori fondamentali. Il primo è la pressochè quasi totale assenza in quei contesti (come quasi ovunque, ormai, con alcune eccezioni soprattutto in America Latina…) di soggetti e forze politiche di classe e socialiste in grado di imprimere una direzione, appunto di classe e socialista, a quei sommovimenti sociali.
Il secondo, come dicevo, è il potere seduttivo, dal punto di vista ideologico e culturale, del modello americano. Nessun paese nella storia del mondo, a mio parere, ha avuto la capacità seduttiva dell’America. Il “mito americano” non ha eguali né rivali al mondo nella storia, forse (ma io non c’ero e non sono oggettivamente in grado di dirlo), solo l’impero romano ha avuto, a suo tempo, mutatis mutandis, la stessa capacità. La Germania, la Francia, la Spagna, il Portogallo, l’Italia, la Russia, il Giappone, la Mongolia, l’Olanda, il Belgio, l’Austria e neanche la Gran Bretagna all’apice del suo splendore (cioè del suo dominio coloniale) hanno avuto quella stessa capacità. Così come non l’ha la Cina attuale, un paese economicamente potentissimo che sta conoscendo una crescita incredibile ma che non è in grado di sviluppare quel potere seduttivo.
Quest’ultimo si fonda a sua volta su alcuni aspetti fondamentali: il mito della possibilità di arricchirsi (e di un contesto che garantisce o garantirebbe quella possibilità), della libertà (intesa come assenza di limiti alla ricerca del raggiungimento della propria felicità individuale), della “frontiera”, cioè di uno spazio fisico e/o metaforico nel quale muoversi in linea teorica illimitato, e naturalmente del benessere e del consumo altrettanto illimitati.
Questi aspetti si fondono assieme ed è proprio questa miscela che costituisce la forza di quel modello. L’industria mediatica e soprattutto cinematografica americana ha fatto il resto e ha avuto un ruolo determinante nell’alimentare e nell’esaltare quel modello, anche e soprattutto quando lo criticava. E questo è stato l’altro fondamentale elemento di forza. Bombardare mezzo mondo, incenerire, occupare, invadere, sfruttare, “genocidiare” interi popoli, tirare bombe atomiche, organizzare colpi di stato ovunque, sostenere le più feroci dittature al proprio servizio e poi farci sopra dei film per criticare tutto ciò, non è obiettivamente da tutti. Gli americani ci sono riusciti. Il loro modello è talmente potente da essere in grado di reggere la critica – anzi, l’autocritica – ed è tanto più potente quanto più è in grado di sviluppare quell’autocritica. Sul piano interno, sono devastati da contraddizioni spaventose: diseguaglianze sociali incredibili, discriminazioni razziali, un tasso di violenza diffusa e un consumo di alcool e soprattutto di droga fra i più elevati al mondo ma nonostante tutto ciò, la loro capacità attrattiva nel mondo non è stata fondamentalmente incrinata. Paradossalmente lo è (un po’) di più proprio nei paesi occidentali e in alcuni paesi musulmani che dell’antiamericanismo culturale hanno fatto la loro bandiera, ma non nel resto del mondo e in particolare nel mondo più povero. Ma anche in quei paesi musulmani l’area di coloro che guardano al modello americano/occidentale (spesso come modello/simbolo di liberazione…) è molto diffusa.
E’ questa la ragione o quanto meno una delle ragioni fondamentali, a mio avviso, del suo successo che, appunto, non si fonda solo sul suo strapotere economico e soprattutto militare. Ce ne vorrà per abbatterlo…
Fonte foto: Il Momento (da Google)