Giuseppe Conte e il M5S hanno
chiamato a manifestare il prossimo 5 aprile contro la guerra, per la pace, per
una soluzione politico-diplomatica del conflitto russo-ucraino e contro il
riarmo europeo (voluto dalla fazione “liberal” del capitalismo transnazionale e
dalle tecno-burocrazie al loro servizio alla guida dell’UE) che non potrà che realizzarsi dirottando ingenti
risorse dalla spesa sociale a quella militare.
Le parole d’ordine di questa manifestazione
sono, dunque, molto semplici ma nello stesso tempo molto potenti: pace e stato
sociale, in contrapposizione alla guerra e all’aumento delle spese militari.
Lungi da me fare parallelismi fra
contesti storici completamente diversi, tuttavia non posso non notare che è stato
proprio il combinato disposto della semplicità e della potenza di quelle parole
d’ordine che ha innescato i grandi processi rivoluzionari di sempre. “Pace e
terra” fu la parola d’ordine che innescò la rivoluzione in Russia, “terra e
libertà” fu quella dei contadini messicani guidati da Pancho Villa.
Naturalmente, è superfluo anche dirlo,
Conte non è Lenin né Pancho Villa, l’Italia odierna non è la Russia né il
Messico di un secolo fa e soprattutto non c’è nessuna rivoluzione alle porte.
Tuttavia la guerra non è una cosuccia da niente, non si tratta di scegliere fra
una politica economica e sociale o un’altra, fra un governo o un altro; questioni
fondamentali, sia chiaro, ma che per quanto importanti non avranno mai il
carattere definitivo e terribile che comporta in sè la guerra. La guerra è uno
spartiacque, lo è sempre stato, per tutti, ed è qualcosa di cui non si possono
prevedere gli esiti. Le guerre, oltre a portare sempre e ovunque morte e
distruzione, hanno sempre modificato radicalmente, fino a rovesciarli
totalmente, gli equilibri politici nazionali e internazionali, in un senso o in
un altro, in base alle diverse epoche e ai diversi contesti storici e politici,
talvolta in una direzione rivoluzionaria, altre volte, spesso, verso soluzioni
reazionarie. Gli esiti di una guerra sono, appunto, del tutto imprevedibili.
La decisione delle classi
dirigenti europee di procedere al riarmo è oggettivamente di natura imperialista
e guerrafondaia. E qui ci si divide, non su una questione di lana caprina ma su
una questione fondamentale, e cioè essere a favore o contro la guerra.
Il M5S, per quanto mi riguarda, è
un partito con tante ambiguità e contraddizioni. Non escludo, anzi, è altamente
probabile, che fra un po’ torni a giocare al ”campo largo”, alle solite manfrine
politiciste e a fare accordi con il PD, però non c’è dubbio che al momento, su
un tema fondamentale come quello del riarmo e della opposizione alla
prosecuzione della guerra, ha assunto una posizione abbastanza netta. Per
questa ragione, essendo convinto che sia necessario avere un rapporto
dialettico e non dogmatico con la realtà, ritengo giusto appoggiare l’iniziativa
politica del M5S e partecipare alla manifestazione del 5 aprile, contro la
guerra, contro il riarmo, per la pace e per lo stato sociale. Poi si vedrà.
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