L’idea dominante secondo cui la violenza è imputatabile alla “cultura patriarcale” è, a mio parere, del tutto ingiustificata e priva di qualsiasi fondamento sostanziale. Infatti, da un punto di vista critico, è possibile riscontrare un impegno deciso, sostenuto almeno negli ultimi sessanta anni, nell’abbattere l’edificio dell’educazione tradizionale. Tale impegno è stato coronato da totale successo. L’attività di smantellamento, però, ha privato la società di un pilastro essenziale al suo funzionamento. Il nostro tempo, di conseguenza, appare chiaramente caratterizzato dall’incapacità di instillare discernimento e senso di responsabilità individuale.
Sostenere che la violenza trovi la sua radice in un presunto contesto patriarcale equivale a compiere una confusione concettuale intollerabile, poiché tale attribuzione confonde la causa con l’effetto. In realtà, è piuttosto la mancanza di figure paterne, e la pervasiva tendenza a persistere in uno stato di perenne adolescenza, che ostacolano lo sviluppo di personalità capaci di affrontare le avversità in maniera autonoma.
Inoltre, emerge chiaramente come il sistema di valori dominante, sostenuto dalle élite economico-sociali, abbia un interesse intrinseco nell’incoraggiare la persistenza degli individui in uno stato di immaturità. Questo modello, consolidatosi nella seconda metà del Novecento, favorisce la prolungata adolescenza, scoraggiando il processo di crescita e di assunzione di responsabilità nelle dinamiche sociali. Le élite, consapevoli dell’effetto destabilizzante e controllabile, conseguenza di una popolazione tenuta in uno stato di perenne adolescenza, contribuiscono così a mantenere un ordine sociale basato su dinamiche di potere in cui c’è bisogno soltanto di consumatori e produttori.
La carenza di guide paterne, pertanto, l’inclinazione a rimanere ancorati a uno stato di alterazione patologica della coscienza e la promozione di modelli comportamentali consumistici (tipico dell’immaturità delle società contemporanee) concorrono dunque ad alimentare la difficoltà di affrontare le sfide della vita, oltre che i suoi conflitti inevitabili.
Per fronteggiare questa complessa problematica e promuovere una società basata su cittadini consapevoli e davvero autonomi, è assai importante incoraggiare lo studio della filosofia e di attività pratiche capaci di ripristinare un senso di realtà oggi totalmente schiacciato dal virtuale e dalla propaganda mediatica. Con la sua capacità di stimolare il pensiero critico e la riflessione etica, soltanto la filosofia potrebbe fornire gli strumenti necessari per comprendere le vere radici della violenza, da qualsiasi parte essa provenga, favorendo nel contempo lo sviluppo di una visione più autentica e vera dell’esistenza.
In conclusione, la pratica della filosofia contribuisce indiscutibilmente a creare una base solida per una società più equa e consapevole, nella quale l’educazione tradizionale e la figura paterna possano essere valorizzate, insieme ad un equilibrio più armonico fra maschile e femminile – oggi purtroppo posti l’un contro l’altro armati da una forma di potere cinica e distruttiva.
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