Da un punto di vista politico, le parole di Salvini in difesa di un amministratore locale del suo partito che ha ucciso un immigrato a Voghera, sono ancora più gravi del fatto in sé.
Naturalmente sarà la magistratura, come è giusto, a stabilire come si siano svolti i fatti. Al momento possiamo solo attenerci a quanto hanno riportato i giornali. E, a mio parere, sempre se la ricostruzione dei fatti stessi riportata dai quotidiani corrisponde al vero, mi sembra abbastanza evidente che siamo di fronte ad un omicidio.
L’assessore sarebbe intervenuto per allontanare l’uomo che stava importunando gli avventori di un bar, quello lo avrebbe spintonato facendolo cadere e, a quel punto, nella caduta (questa la sua versione) sarebbe partito un colpo che accidentalmente ha colpito l’uomo in pieno petto, all’altezza del cuore.
Ma se le cose sono andate così vuol dire che l’esponente leghista aveva già impugnato la pistola. E quando l’ha impugnata? Fermo restando, come ripeto, che le indagini le fa solo e soltanto la magistratura, o l’aveva già estratta prima di essere spintonato, quindi per intimidire l’uomo, oppure successivamente. A quel punto, cadendo, sarebbe partito incidentalmente il colpo di pistola che ha ucciso il maghrebino.
Anche, ammesso e non concesso, volendo dare per scontata questa seconda ipotesi, cosa giustifica l’estrazione della pistola da parte dell’esponente leghista? Un uomo mi spintona e io tiro fuori la pistola? Se vengo spintonato posso reagire con una reazione proporzionata, spintonandolo a mia volta o, al limite, perché no, anticipando le sue intenzioni e colpirlo prima che lo faccia lui, con un pugno o un calcio (se sono in grado di farlo) ma di certo non tiro fuori una pistola. Sarebbe, come minimo, una reazione abnorme all’evento che, infatti, nel caso specifico ha portato ad una tragedia. Se non ho la forza di reagire – cosa del tutto normale se il mio avversario è molto più robusto e aggressivo di me e non sono avvezzo (e meno male..) al litigio e tanto più allo scontro fisico – posso sempre fuggire e avvertire la polizia ma di certo non tiro fuori la pistola e soprattutto non gli sparo. Anche solo estrarre una pistola è un atto di enorme responsabilità e prima di farlo bisogna pensarci non una ma mille volte.
Quindi, comunque la mettiamo, e dando per certa la versione dell’esponente politico, c’è ben poco da giustificare nel suo gesto.
Ma, ripeto, molto più gravi di quanto avvenuto, sotto un profilo politico, sono le dichiarazioni di Matteo Salvini che ho ascoltato in una intervista video che volutamente non pubblico perché non voglio fare pubblicità a quello che considero uno scempio.
Salvini spiega che l’uomo ucciso – riporto testualmente – “era noto e arcinoto sia alla polizia che ai commercianti e ai cittadini di Voghera per violenze, aggressioni e, addirittura, per atti osceni in luogo pubblico”. Al contrario, l’omicida – cito sempre testualmente – è un docente di diritto penale, un ex funzionario di polizia, un avvocato penalista noto e stimato nella città, vittima di una aggressione”. “Altro che far west – prosegue Salvini – siamo di fronte ad un atto di legittima difesa”.
La difesa del leader della Lega del suo uomo – come si evince dalle sue parole – è prettamente ideologica (e, naturalmente, politica) e prescinde dallo svolgimento dei fatti. Che diamine! Siamo di fronte ad un uomo “perbene” che si è difeso dall’aggressione di un delinquente, un sottoproletario emarginato violento e per giunta straniero.
La sentenza ideologica e politica Salvini l’ha già scritta. Lo svolgimento dei fatti è del tutto secondario. Del resto è il rappresentante politico di una borghesia reazionaria, securitaria e “perbenista” che vorrebbe un contesto sociale ritagliato a sua misura: polizia dal grilletto facile (naturalmente contro chi di dovere…) sul modello americano o sudamericano, licenza di possedere armi (e di usarle…), sempre sul modello americano, città militarizzate, quartieri residenziali come fortini circondati da vigilantes. La “giustizia” di Salvini è una giustizia di classe nel momento in cui dà, appunto, per scontato che l’uomo “perbene” (cioè benestante, socialmente affermato, di successo) sia innocente per il solo fatto di essere tale.
Sia chiaro – onde evitare i soliti avvoltoi che svolazzano in attesa del loro miserabile brandello di carne – che quanto dico non ha nulla a che vedere con la legittima esigenza di sicurezza da parte dei cittadini (che va salvaguardata) e alla repressione, anche molto dura, della criminalità organizzata, che il sottoscritto è il primo a sostenere. Ma un conto sono la sicurezza e la repressione – a mio avviso fin troppo blanda – della criminalità organizzata (in fondo le varie mafie niente altro sono se non organizzazioni capitaliste criminali), e un altro il “securitarismo” di classe che è l’esatto contrario di quel sacrosanto bisogno di sicurezza di chiunque viva in una comunità e in una società civile degna di questo nome.
(Fabrizio Marchi, candidato, come indipendente, alle prossime elezioni amministrative di Roma, come consigliere comunale, con il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo)
Fonte foto: Corriere della Sera (da Google)