Quando si tratta di realizzare un’analisi concreta e seria dell’attuale modo di produzione capitalista non restano che due opzioni:o Marx con i suoi giusti ammodernamenti di cui forse il più prezioso è arrivato dagli States con la Monthly review (Sweezy, Baran, Magdoff…) o gli squali della finanza di cui conosciamo i propositi attraverso documenti interni venuti alla luce o attraverso dichiarazioni sparse, emerse grazie a studiosi attenti come Paul Barnard, a siti o a blog che rifuggono dalle fake news dei media mainstream, alla ricerca di fonti attendibili, anche in riferimento allo “stato profondo”.
Beninteso, l’analisi degli “squali” è di tipo empirico, fondata su un modesto e fallimentare impianto teorico, incapace di esplicare il ruolo della merce e la genesi del profitto dal plusvalore, ma ha il vantaggio dell’esame concreto dei dati finanziari ed economici perché necessari alle strategie di realizzazione del profitto (infatti, personalmente, il giornale del Potere cui ricorro maggiormente è “Il Sole24ore”, da cui trapelano, per chi sa leggere, oltre i commenti, in genere approfonditi del quotidiano, i disegni di desertificazione del pianeta come è nella logica immanente al capitalismo).
In poche parole, la realtà delle cose emerge da chi vuole distruggere il modo di produzione capitalista e da chi vuole, a dispetto delle immani sofferenze di miliardi di esseri umani, continuarne la conservazione per il diletto di una ristretta elite.
Subito dopo la seconda guerra mondiale, la paura della diffusione del comunismo e di una fuoruscita dalla storia del capitalismo, sollecita le classi dominanti ad adottare piani di azione immediati per lo sterminio dei ribelli nei Paesi del “terzo mondo” (un solo esempio:Indonesia: assassinio di più di un milione di persone) e operazioni sofisticate per sottomettere le popolazioni dei paesi a tradizione capitalista, con due tipologie di intervento: uno mediatico e l’altro corruttivo.
Innanzitutto un ‘operazione mediatica di grande respiro, di cui, tramite la Cia, s’incarica Hollywood con grande sapienza e dovizia di competenze artistiche: esaltazione del modello americano su scenari lussureggianti in forte contrasto con un’Europa semidistrutta: grattacieli, ville da sogno, panfili, una ricca vita notturna, le case della provincia americana con elettrodomestici, giardini e garage, scenari in cui appaiono figure di grande fascino e personalità tipo Ava Gardner, Burt Lancaster, Alan Ladd, Rita Hayworth, Humprey Bogart, Bette Davis…
E sopratutto mitizzazione e creazione di un’epopea del Far West , della conquista dell’ovest e del sogno americano ottenuta tramite l’eroico intervento delle giacche blu e la grande caparbia dei colonizzatori che sfidano gli assalti dei nativi selvaggi. “Arrivano i nostri”. Tutta l’Europa dei giovani non comunisti diventa “americana” ( il giovane di periferia “americanizzato” di Albero Sordi vale quanto un ottimo saggio di sociologia)
Un’epopea che mistifica quell’efferato genocidio che distrusse la civiltà dei popoli nativi. Forse nove milioni di morti. Un’epopea di cannoni contro frecce, di saccheggi, di stupri, di assassinii a sangue freddo. Un massacro che Hollywood riuscì a trasformare per gli ingenui europei in una gloriosa avventura.
La portata politica di questa operazione mediatica ebbe effetti straordinari di addomesticamento. Non a caso Giulio Andreotti incoraggiò l’ingresso, anche nelle sale cinematografiche delle parrocchie, del cinema americano, con gli inevitabili tagli su abbracci e baci, ed ebbe sempre da ridire, in particolare su Zavattini e su De Sica, per il carattere “deprimente” delle loro opere che disegnavano un’Italia disperata che “sarebbe servita solo alle sinistre”. Fu bersagliato sopratutto quel capolavoro che fu “Umberto D”.
Era indispensabile, tuttavia, non solo plagiare le grandi masse popolari ma anche penetrare nelle teste degli “intellettuali” europei. Saranno il guru del neoliberismo Milton Friedman e i suoi discepoli ad incaricarsi della trasmutazione ideologico-culturale di socialisti, di comunisti,di sindacalisti…
Quadro 1…Il secondo a breve
“Umberto D” Vittorio De Sica