È a mio avviso esemplificativa in modo paradigmatico il modo in cui la “sinistra neoliberale”, per usare una formula cara a Sahra Wagenknecht, va incontro dovunque a delle vere e proprie Caporetto elettorali e direi più in generale politiche, in tutto il mondo (Italia, Germania, Francia e probabilmente USA), la sua narrativa tanto ottusa quanto proterva. Ci si ostina a leggere la storia e l’attualità con occhi novecenteschi, accusando di ogni sciagura chi non si allinea per lo piu a sinistra al cosiddetto “pensiero unico” liberal-atlantista. A chi contesta o anche soltanto dubita del mantra propalato a reti unificate si riservano parole-stigma (rossobruno, complottista, sovranista, no-vax, etc), che hanno il compito di ridurre il dibattito a un manicheismo da età della pietra e e al tempo stesso di squalificare, espellere dalla polis, chi ne viene fatto oggetto, con un marchio di infamia simile alla celeberrima lettera scarlatta letteraria. Ciò accade peraltro con logiche orwelliane per cui chi viene di fatto ostracizzato diventa apoditticamente “intollerante”, come in questa perla di Repubblica, per il solo fatto di pensare diversamente dal cosiddetto “mainstream” liberal. In questo caso, poi, la capziosità propagandistica è ancora più scoperta: in un pezzo peraltro scombiccherato in cui si vorrebbe censurare il benaltrismo di Piantedosi verso l’infame sottobosco neofascista di Gioventù nazionale, ciò che si sbatte in prima pagina e’ l’esatto contrario, peccato che nel pezzo ciò occupi un rigo o poco più. Nel giornale si fa di peggio, assecondando ancora un odiosa equazione: chi critica le,politiche genocidarie di Israele, in Italia o in Francia, diviene per definizione “antisemita”. Nessuno di questi soloni però si interroga perché mai nonostante i loro editoriali grondanti indignazione, la destra estrema seguiti a vincere dappertutto. A loro del resto, che pontificano dai salotti tv e che si arroccano nelle varie ztl, che cavolo gliene importa?