Il M5S candiderà cinque donne come capilista nelle cinque circoscrizioni elettorali alle prossime elezioni europee. Cinque su cinque. A parti invertite (ancor più in altri partiti, soprattutto nel PD) si sarebbe gridato allo scandalo.
Intendiamoci, non avrei nulla da dire, ovviamente, se questa scelta fosse stata il risultato di una selezione politica che avesse portato a scegliere cinque donne su cinque perché effettivamente ritenute le più “meritevoli” o adeguate a ricoprire quel ruolo. E’ superfluo sottolinearlo ma, per quanto mi riguarda, voterei qualsiasi persona, sia essa uomo o donna, naturalmente di qualsiasi orientamento sessuale, a patto di riconoscerla adeguata all’incarico e soprattutto rappresentativa (anche) della mia volontà politica.
E però, dati i tempi che ci tocca in sorte di vivere, l’uccellino birichino mi dice che la scelta di candidare come capilista cinque donne su cinque, sia in realtà dovuta a ragioni di opportunità politica, come si suol dire. In parole povere, anche il M5S cede ai diktat dell’ideologia politicamente corretta e rincorre la “sinistra” sul suo stesso terreno. Forse perché ha capito che quella parte del suo elettorato più orientata verso destra ha già veleggiato verso la Lega, e allora la competizione sarà principalmente con il PD. Comunque sia, siamo di fronte a logiche strumentali di bassa, anzi, bassissima cucina.
Peccato, perché il M5S negli ultimi tempi – pur con tutte le sue contraddizioni strutturali che sulle pagine di questo giornale abbiamo da sempre evidenziato – si era contraddistinto per aver assunto posizioni coraggiose e di rottura rispetto al sistema politico dominante. Penso alle posizioni assunte sulla TAV, sul Venezuela, sulle nazionalizzazioni delle autostrade, sulla “secessione differenziata” delle regioni più ricche del centro-nord, sulla denuncia del ruolo neocolonialista della Francia nell’Africa settentrionale, sulla memoria storica della Resistenza (in risposta agli sproloqui di Salvini…) e, pochi giorni fa, anche sul caso dell’arresto di Assange.
Una vera caduta (non solo di stile…), che ci dice da una parte quanto sia potente, pervasiva e trasversale l’ideologia politicamente corretta (e il neofemminismo in particolare), e dall’altra quanto fragile sia il M5S, che non è in grado di smarcarsi da queste dinamiche politico-mediatiche-ideologiche, confermando la sua sostanziale subalternità ideologica al sistema che dice di voler scardinare.
Insomma, una sorta di “vorrei ma non posso”. Per la serie “Ci sono cose che si possono dire, fare e criticare, e altre che invece non possono neanche essere sfiorate”. Ma senza coraggio – sul lungo periodo – non si va da nessuna parte. E allora meglio l’uovo oggi che la gallina domani.
Così ragionano i piccoli uomini e le piccole donne…
Fonte foto: La Repubblica (da Google)