Foto: Tempi (da Google)
La globalizzazione ha edificato una città sovranazionale interamente poggiante sulla tecno-scienza e sul denaro. Interi popoli, già sfruttati per secoli dalla ferocia predatoria del capitalismo occidentale, sono stati ora deprivati delle radici culturali e vagano, come ombre agitate dai venti, attraverso non-luoghi che – appunto – non appartengono più a nessuno. Chiunque voglia vedere, comprende bene che, piuttosto che di fenomeni migratori, si tratta di spostamenti titanici di carne umana totalmente priva di connotati qualificanti sul piano geo-culturale. Nelle nostre città, si muovono, spesso a gruppi, vestiti talvolta con abbigliamenti pieni di brand pubblicitari (che cantano dunque la triste ironia del tempo della disperazione), donne e uomini neri che, in uno stato schiamazzante o sonnambolico, assumono tratti di “invisibilità” estrema: non c’è alcuno scambio esperienziale, né forse può esserci, fra loro e gli uomini dei paesi ospitanti. È chiaro: si tratta di un esodo gigantesco che, come accade negli eventi naturali, offre la sensazione acutissima di non poter essere in alcun modo né fermata né arginata.
Milioni di uomini vanno dunque riversandosi nel corpo di un Occidente che, privo a sua volta di identità etica, “promette” di condividere l’unico universale accettato nel nostro tempo, ossia la tecno-scienza e il denaro. Si tratta di un’illusione. Di un’ennesima illusione…
Le risorse di questo mondo non possono essere globalizzate al di fuori dell’Occidente neppure volendo. Ed è del tutto evidente che l’Occidente non abbia nessuna voglia di condividere i suoi privilegi e neppure di smettere di attingere alle risorse (soprattutto energetiche) degli altri. Il capitalismo ha “condiviso” la ricchezza soltanto quando aveva bisogno di forza lavoro (la schiavitù non fa parte del lessico della “civilissima” democrazia capitalistica) ma ora il capitale punta non più sul lavoro vivo degli uomini, bensì sull’automazione meccanica. Che cosa dunque potrebbe farne il capitalismo di milioni di uomini non qualificati e non qualificabili secondo gli standard produttivistici e cibernetici a cui siamo abituati? Per essere ancora più chiari, anzi, l’Occidente non condividerà le risorse bramate dai migranti anche perché queste appaiono allo stremo perfino per quanto riguarda le pretese di vita dell’Occidente stesso. I limiti dello sviluppo economico sono stati dichiarati (ma non intesi) già da tempo: presto, drammaticamente quanto irreversibilmente, la terra “presenterà il conto” ad uomini sordi e ciechi che, in un delirio di tracotanza e bulimica ingordigia, sporcano la tavola dove mangiano e imbrattano di sterco il letto dove dormono.
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