La scomparsa di Maradona ha dato spunto a molteplici riflessioni. Campione, santo, eroe popolare, disgraziato, tossico. In poche parole ecco il contenuto delle migliaia di dissertazioni consumate in questi giorni. Un’ ultima parola manca all’elenco, quella che permetterà di affrontare una questione quasi dimenticata. Il resoconto del suo vissuto ha preso due strade parallele in quello che è stato un vero e proprio fiume mediatico. Ma le due rette sottintendono un minimo comun denominatore. Maradona è stato un genio. In una delle versioni la sua genialità è stata circoscritta alle gesta del campo da gioco condite però dalle reprimende moralizzanti sulla sua vita privata. Nell’altra si è scelto un tono più paternalistico. Trattasi di genio appunto e la sua sregolatezza diventa parte integrante del suo essere. Quindi gli eccessi in vita non sono giudicabili perché connaturati all’estrosità del personaggio. Ma anche questo accento nasconde un significato che si vuole lasciare nell’ombra. Si intende dire che il campione argentino seguiva l’onda scaturita dalla propria ingenuità e che in quanto artista non potrà mai essere paragonato a un uomo che ha vissuto consapevolmente le proprie scelte.
Gli eccessi dunque completano il quadro delle sue stramberie. Peccato però che all’interno delle scelte eccentriche siano state fatte rientrare anche le sue convinzioni politiche. E in questo modo si arriva all’unico nodo centrale della sua esistenza celato dalla comunicazione ufficiale e globale. Il socialismo. Nessuno ha donato dignità all’uomo che intimamente e consapevolmente ha creduto nel socialismo. Per i salotti televisivi le frequentazioni con Castro, Chavez, Lula. Maduro non appartengono alla dimensione della riflessione di un essere umano ma rientrano in un disegno pittoresco della sua personalità. D’altronde l’artista, il genio appunto, si può esprimere solo attraverso l’istinto. In questo caso i suoi amici sono stati spogliati del loro ruolo. Non erano più statisti alla guida di Paesi che hanno combattuto il capitalismo. Sono stati trasformati in fanciulleschi compagni di gioco. Ma a ben vedere tutto questo ha a che fare con l’egemonia culturale. E’ proprio il socialismo che non può trovare diritto di cittadinanza nell’era del racconto a reti unificate sulla civilizzazione democratica esportata dal libero mercato. Si deve far intendere che un uomo comune quindi non dotato di particolari conoscenze intellettuali, non potrà mai possedere informazioni tali da poter abbracciare consapevolmente l’idea socialista. Troppo celebre il personaggio però per nascondere questo suo aspetto.
Per ovviare a questa contraddizione, l’innegabile propensione dell’uomo Maradona a parteggiare per la ragioni degli ultimi, del sud del mondo, dei colonizzati, è stata ricondotta a ragioni sentimentali legate alla propria infanzia indigente. Marchiato dallo stigma della povertà non ha cercato suggestioni di riscatto in atteggiamenti individualisti ma è rimasto legato a considerazioni arcaiche, non ragionevoli, ideologiche. La condotta sregolata e il socialismo sono inclinazioni personali accomunate dallo stesso marchio. Bizzarrie irrazionali dell’artista. L’esperimento mediatico non ha voluto salvare, come potrebbe sembrare in superficie, il Maradona dal vissuto al limite ma ridimensionare quella che è stata una scelta politica oggi innominabile. Al massimo si potrà parlare di purezza compassionevole di un soggetto privo degli strumenti essenziali per poter prendere una posizione coscienziosa. Un buono.
Ma questo stratagemma, questo giudizio intrinseco viene applicato solo per chi si pone in maniera critica nei confronti degli imperativi capitalisti. Se si prendono ad esempio altri calciatori, magari più integrati nello star system, quelli con le ville a Miami o gli attici a Montecarlo, nel momento in cui si lanciano in avventuristiche opinioni improntate a una generica cultura manageriale o quando ripetono meccanicamente l’elogio acritico degli Stati Uniti d’America, terra culla della libertà e della democrazia, ecco che vengono immediatamente propinati al pubblico come soggetti dotati di uno spiccato buon senso comune. Solo per loro, nonostante la medesima umile origine o simili eccessi consumati però in luoghi più patinati, si apriranno le porte di quella cattedrale nella quale le cosiddette “classi parlanti” avranno il diritto di certificare cosa è ragionevole e cosa non lo è. Elevati nell’Olimpo della credibilità. La loro intelligenza li ha realmente riscattati da un passato triste e da dimenticare per dire all’umanità che la povertà non è un dramma sociale, non ha nulla a che vedere con l’ingiustizia, ma si deve sempre superare con la forza di volontà e il talento personale per avere accesso a quell’aristocrazia naturale composta dai pochi eletti dotati di una coscienza civile, resa sempre dignitosa dal merito. Per i Maradona resta solo la genialità che ha reso la loro vita una sorta di avanspettacolo. Certo non giudicabile, per carità. Il capitalismo non ama i bacchettoni. Ciò che rifugge è il socialismo. Che possa ridisegnarsi come un’opzione di riscatto collettivo. Maradona potrà anche essere santificato dal popolo. Ma non si può permettere che venga celebrato come un compagno.