Ci scambiamo gli auguri di Buon Natale con mio vecchio amico, un vecchio, storico e autorevole dirigente socialista e, come sempre, ci mettiamo a parlare dell’universo mondo. E ad un certo momento il discorso va sull’Italia degli anni ’50, quella dei celebri film di Peppone e Don Camillo. E ovviamente constatiamo come quell’Italia lì non esista più. Non esiste più da molto tempo quel popolo, non esistono più né le masse comuniste né quelle cattoliche che Guareschi prima e Berlinguer e Moro dopo volevano far incontrare. Ma era già tardi, perché negli anni ’60 e ’70 il processo di decomposizione di quel mondo era già ad uno stato avanzato. Del resto Pier Paolo Pasolini, forse il più lucido intellettuale che abbia partorito questo paese dopo Gramsci e ipocritamente tirato per la giacchetta da tutti (guarda caso, avviene in parte la stessa cosa anche con Gramsci…), lo aveva ampiamente previsto.
L’Italia contadina e quella proletaria (ma vale per tutto il mondo occidentale) è stata letteralmente distrutta, spappolata, insieme alle culture che animavano quel mondo: quella cattolica, quella comunista e quella socialista. Il sistema capitalista ha gradualmente trasformato quelle masse in un magma indistinto e indifferenziato, una sorta di gigantesca piccola borghesia priva di storia, coscienza e identità e completamente intrisa di ideologia capitalista. Quelle stesse masse che nel dopolavoro andavano nella sezione di partito o in parrocchia oggi (da decenni) riempiono i centri commerciali. Quelle persone che si facevano il cicchetto la sera all’osteria o al baretto del quartiere o del paese sniffano cocaina. Quelle che andavano la domenica o il sabato sera nelle balere si impasticcano nelle discoteche. I giovani che incendiavano le strade (“sconvolgere Milano a volte è un gesto un po’ più umano”, qualcuno ricorda quella canzone?…) ascoltano musica oscena e ingrossano la schiera dei “followers” dei “Ferragnez”.
Anche questo è stato uno dei capolavori del sistema capitalista. Un processo di devastazione sociale, culturale e umana ancora in corso. E non si vede luce in fondo al tunnel.