Nell’editoriale odierno Scalfari utilizza l’argomento residuale dei filo-euro, oramai rimasti privi di elementi dialettici. Non potendo più dire, vista l’evidenza, che l’euro garantisce prosperità, si rifugiano nella favoletta dell’Italietta mafiosa, caotica e criminale, che l’Europa correggerebbe, con robuste dosi di austerità. Al di là dell’argomento lievemente razzista (si fa pagare a tutto un popolo, considerato inadeguato ed inferiore, la colpa di pochi e di ristrette classi dirigenti) e inutilmente e crudelmente punitivo, esso è tecnicamente sbagliato.
Gli studi più seri sui rapporti fra criminalità amminsitrativa e sviluppo economico dimostrano come non vi sia una correlazione univoca fra i due fenomeni, e che anzi, al contrario, entro certi limiti, nelle fasi iniziali dello sviluppo economico di un Paese, la corruzione è un fattore di spinta, mettendo in termini problematici, e non semplicstici, il rapporto fra i due fenomeni. Ad esempio, Leff (1964) dimostra come la corruzione possa essere fattore correttivo di politiche pubbliche distorsive, in caso di over-regulation o di normativa inefficiente (un pò come il mercato nero che, nelle economie socialiste pianificate, correggeva le distorsioni della pianificazione); in un modello basato sulla negoziazione coasiana, che è adatto ad una situazione corruttiva (dove non esistono costi di transazione, perché il negoziato è totalmente informale) la corruzione può portare a risultati più efficienti, nella misura in cui solo l’impresa più efficente nei costi, o finanziariamente più solida, può permettersi di erogare i livelli più alti di bustarella, vincendo quindi l’appalto. Ancora, in un modello di programmazione lineare, la corruzione associata all’economia informale può, in alcuni casi, aumentare il tasso di crescita, facendo entrare nel mercato imprese marginali che non potrebbero entrare in condizioni “legali” (Wei, 2010). Ancora, alcune modellizzazioni delle code nell’accesso a servizi pubblici mostrano un incremento di efficienza legato alla corruzione. Lui (1985) illustra come in un modello in cui l’entità monetaria di una mazzetta nell’accesso ad un servizio pubblico viene determinata dal funzionario pubblico, essa tende ad eguagliare il costo-opportunità del rimanere in attesa nella coda, riducendo i tempi complessivi di attesa, e quindi raggiungendo un equilibrio-Nash (cioè un equilibrio non cooperativo) che migliora l’efficienza sociale complessiva. Tale modello può applicarsi anche alle tempistiche di realizzazione di opere publbiche strategiche, ad esempio.
Tutto ciò non giustifica ovviamente la corruzione: anche nei casi migliori in cui aumenta l’efficienza, essa produce effetti distributivi avversi, ed a lungo andare, ed oltre determinati livelli, genera una sottrazione netta di risorse alla crescita ed una allocazione inefficiente delle risorse.Serve solo per dire che gli approcci moralistici alla Scalfari sono indicativi di superficialità analitica, sostituita da moralismo da quattro soldi. Non ha senso stigmatizzare in assoluto “l’Italia da bere di craxiana memoria”, dicendo che essa è stata la base originaria del disastro economico attuale del Paese, quando peraltro essa offriva tassi di crescita e un livello di eguaglianza redistributiva che oggi non ci sogniamo nemmeno. Come dimostrano molti studi su Paesi emergenti, come dimostrano i casi empirici della Cina, dell’India, nelle fasi iniziali dello sviluppo industriale e della modernizzazione di un Paese arretrato, la corruzione è funzionale all’ingresso dentro il mercato di interi sistemi produttivi ancora marginali in termini di competitività strutturale, all’aumento del tasso complessivo di imprenditorialità, alla correzione di fenomeni di over-regulation che una programmazione pubblica dello sviluppo molto penetrante inevitabilmente genera, ad una crescita della domanda aggregata, fornendo, sia pur illegalmente, beni che il mercato legale, ancora poco sviluppato, non offre, e generando redditi aggiuntivi che nei meccanismi legali della competizione non si genererebbero. Ebbene, l’Italia degli anni Settanta ed Ottanta era esattamente un Paese emergente.
Quello che Scalfari dovrebbe invece dire è che oggi, in un sistema economico e produttivo maturo, l’illegalità, la corruzione, l’evasione fiscale sono diventati fattori di inefficienza, non sono più motori della crescita del Paese, ma bensì freni. Senza nessun moralismo, che conduce ad una giustificazione perbenista dell’austerità letta come “punizione collettiva”, ma semplicemente in base a ragionamenti di efficienza economica. Ed in base a questi stessi ragionamenti, chiedersi come eliminare corruzione e crminalità economica ed amministrativa.
Nel chiedersi come eliminarla, facendo un ragionamento economico e non moralistico, Scalfari dovrebbe convenire che sono proprio le politiche europee che impediscono di ridurre il tasso di corruzione e criminalità dei Paesi come l’Italia. D’altra parte, è proprio negli anni di partecipazione all’euro, che le posizioni italiane nelle classifiche internazionali sulla percezione della corruzione sono crollate, e questo dovrebbe suggerire qualcosa anche alle menti più ottenebrate. Che a Roma nel 2014 si sia scoperta una cupola mafiosa diffusa, dovrebbe dimostrare qualcosa. Che le mafie meridionali si siano ramificate nel Centro Nord del Paese a partire dagli anni Novanta, anche.
Le politiche europee impediscono di ridurre la criminalità amministrativa per due fattori:
a) tramite l’austerità, generano povertà, contrazione della base produttiva e disoccupazione. Ci riportano cioè verso quello stato pre-moderno di economia emergente che compete sui costi di produzione e non sull’innovazione e la qualità, che, come detto prima, favorisce la corruzione come “leva” dello sviluppo;
b) tramite la privatizzazione della PA e l’esternalizzazione dei servizi pubblici, generano enormi bacini di business, che un privato con alle spalle una leva criminale, può occupare, esattamente come nel modello-Buzzi, in cui un imprenditore formalmente legale, addirittura “etico” perché cooperativo, che, grazie ad un sodalizio criminale, politico ed amministrativo, ha occupato, praticamente da oligopolista, intere aree di mercato di servizi pubblici “privatizzati”, per compiacere le regole europee, a partire dalla direttiva Bolkestein, in poi.
In questi termini, Scalfari, che assegna patenti di stupidità a chi non la pensa come lui, sulla base di ragionamenti pre-economici sul legame fra criminalità e sviluppo, dovrebbe chiedersi se le politiche succitate siano “svincolate” dall’area-euro. Cioè se sia possibile tenerci l’euro eliminando le succitate politiche, che impediscono di eradicare la corruzione, ed anzi la favoriscono. Evidentemente, tale “decoupling” fra euro e politiche economiche è impossibile. Per vari motivi:
– in un’area monetaria unica con libera circolazione dei capitali, ma senza politiche fiscali unitarie, che, lo dico consapevole di spezzare il cuore a Scalfari, non si unificano perché la Germania non ha la volontà sociale, popolare, di unificarle, qualsiasi minimo differenziale di credibilità finanziaria e di CLUP fra i Paesi membri genera enormi spostamenti di capitali, investimenti, spread nel servizio del debito, e differenziali di saldo di bilancia commerciale; pertanto, se l’economia leader ha deflazionato ed è in equilibrio strutturale di bilancio pubblico, i Paesi follower sono costretti a deflazionare essi stessi, ed a fare politiche di tendenziale neutralità del bilancio pubblico (di pareggio strutturale del bilancio) per evitare gli effetti di credibilità dannosi. Avvitandosi in un gioco a somma negativa in cui, se tutti deflazionano, nessuno ne esce sano e vincente. E’ una variante di un teorema della teoria dei giochi: il gioco del pollo, in cui nessuno dei due contendenti può sterzare prima di scontrarsi vicendevolmente, perché la eventuale volontà di sterzare prima dello scontro, da parte di ciascuno dei due giocatori, non è credibile sui mercati, per cui l’equilibrio che si raggiunge è quello in cui entrambi muoiono;
– con il meccanismo di compensazione dei pagamenti internazionali denominato Target 2, i Paesi in disavanzo nelle partite correnti accumulano passività monetarie presso la Bce che, in assenza di cooperazione da parte dei Paesi in surplus, si traducono in crediti insostenibili per questi ultimi, a meno che non vi sia un riaggiustamento dei deficit commerciali dei Paesi fragili, da ottenere tramite una riduzione delle importazioni legata al calo della domanda interna ed un aumento delle esportazioni da competitività di costo, entrambe misure che si ottengono mediante sanguinose politiche di austerità.
Ergo, caro Scalfari: le politiche europee aumentano la propensione alla corruzione ed alla criminalità, e non sono scindibili dall’euro come è oggi. Tutto questo sistema produce povertà e diseguaglianze senza correggere i “vizietti” strutturali del nostro Paese e del popolo italiano, e se Lei crede che gli italiani saneranno la strutturale propensione a (uso le Sue parole) considarare “ostile, inefficiente e corrotto” il loro Stato mediante un nuovo Stato sovranazionale ancora più lontano e burocratizzato, Se Lei pensa di costruire un nuovo Stato europeo confederale sulla base di queste patologie, ebbene Lei sta fornendo una analisi profondamente distorta e, direi, molto pericolosa.