La palpata sul sedere ai danni di una giornalista all’uscita da uno stadio da parte di un idiota – elevato al “rango” di un criminale e accusato di violenza sessuale, reato per il quale rischia anni e anni di carcere – crea una eco mediatica infinitamente maggiore rispetto alla tragedia quotidiana e di classe, (perché muoiono solo lavoratori), e di genere (perché muoiono pressochè quasi esclusivamente solo maschi) degli uomini che cadono sul lavoro (in media più di tre al giorno), degli annegamenti, con cadenza altrettanto quotidiana, dei migranti nel Mediterraneo, dei civili palestinesi e yemeniti (di questi ultimi non se ne sa proprio nulla) uccisi dalle bombe israeliane e saudite, dei licenziamenti di massa avvenuti dall’inizio della crisi pandemica di lavoratori e lavoratrici, degli uomini (non è un lapsus sessista ma un fatto accertato) che si suicidano perché hanno perso il lavoro o non riescono a trovarlo.
Solo i morti per covid (e vorrei ben vedere…) ottengono la stessa attenzione mediatica di queste fesserie ingigantite ad arte dai media. Non per ragioni umanitarie, sia chiaro, ma solo perché l’enfasi mediatica sulla pandemia in atto è funzionale al rafforzamento delle politiche del “governissimo” in carica e del suo “demiurgo”, l’uomo della Provvidenza, cioè del capitalismo finanziario che controlla il nostro paese e l’Europa intera con il sostegno trasversale di tutti i suoi numerosi servi e serve.
Sorvolo sull’ipocrisia di una narrazione ideologico-mediatica in base alla quale il gesto compiuto dall’imbecille palpeggiatore di cui sopra sarebbe soltanto la punta dell’iceberg di un comportamento di cui tutte le donne sarebbero costantemente e sistematicamente vittime.
Se questi sono i parametri – come ho avuto modo di spiegare in altri articoli – tutti e tutte, senza nessuna esclusione, siamo stati vittime di comportamenti molesti, sgraditi o addirittura violenti da parte di altri e altre, anche se di diversa natura e agiti con diverse modalità, fisiche e psicologiche. E probabilmente se non sicuramente (con le dovute proporzioni e le rare fisiologiche eccezioni) – se ci resta un briciolo di onestà intellettuale – tutti e tutte abbiamo avuto nel corso della nostra vita comportamenti molesti e/o malsani nei confronti di altre persone, indipendentemente dal sesso. Ma, come sappiamo, viviamo in un’epoca che ha smarrito il buon senso (ce ne sono state tante altre nel corso della storia, sia chiaro, e anche peggiori) per cui viene dato per assodato, praticamente per definizione, che ogni genere di comportamento malsano, molesto o violento è agito sempre e soltanto da un genere e, a senso unico, verso l’altro genere.
La costruzione e il mantenimento di questo immaginario (riguarda anche altri aspetti, non solo questo, ovviamente) – quindi il controllo della sfera psicologica e psichica delle persone – è il perno fondamentale su cui poggia l’intera architettura dell’attuale dominio sociale, molto più che in epoche passate o relativamente recenti, infinitamente più rozze sotto questo profilo, dove la relazione fra il sovrano e i sudditi si fondava sostanzialmente sul tasso di terrore che il primo era in grado di ingenerare sui secondi. Ma quelle dinamiche sono da tempo ormai obsolete e non adeguate per il contesto storico e sociale occidentale attuale. L’uso della forza resta sempre sullo sfondo, sia chiaro, ma non può costituire, da solo, né il deterrente né l’elemento incentivante indispensabile per la mobilitazione delle energie necessarie a mandare avanti la gigantesca macchina della produzione, del consumo, dell’accumulazione di profitto, dello sfruttamento delle persone e delle risorse. La sfera ideologica e psicologica – e quindi la costruzione di un immaginario (che deve essere condiviso) – ha, dunque, nell’attuale contesto, una funzione strategica e fondamentale. Molto più dei carri armati, delle polizie, degli apparati repressivi.
Tornando a noi, in un contesto laico e relativamente equilibrato e sano, il gesto imbecille di quel “palpeggiatore” doveva e poteva risolversi in un bel “Vaffanculo, deficiente troglodita” da parte della giornalista, oppure da una sonora pernacchia accompagnata da una denuncia per molestie ma non certo per violenza sessuale. Se condanniamo un uomo ad anni di galera e alla pubblica gogna per una pacca sul sedere, se tanto mi dà tanto, non oso pensare quale condanna potrebbe essere inflitta per pene più gravi.
E’ doveroso constatare – ma lo sapevamo già – che questa narrazione mediatica-ideologica dominante ha fatto ampiamente breccia ed è supportata da nutrite schiere di fustigatrici, fustigatori e greggi belanti che intonano cori ditirambici in assoluta simbiosi con la suddetta narrazione senza esserne neanche consapevoli. E questo è desolante ancor più che drammatico, perché il cervello all’ammasso non è mai un belvedere.
Fonte foto: Il Giornale (da Google)