Questo di seguito è l’elenco degli sponsor dei Gay Pride di Milano e Roma. Vado in ordine sparso:
Coca Cola, Deloitte, PayPal, Indeed, Bayer, Absolut, Bioderma, Bombay Sapphire, Durex, Estee Lauder, doebo, Gilead, Google, Generali, Arnigr, TIM, Pulsee, Sky, Unicredit, Universal, Fanola, Mondelez, Nestlè, Warner, WindTre, Kraft Heinz, Mc Kinsey&Company, Scalo, ADP, Glamazon, Baker Hughes, Jagermaister, PHV, De Nora, Walt Disney, Engie, Zurich, Intellera, Randstad, Rainbow Fertility Barcellona, Savills,CBRE, Bivio, Cosmopolitam, Ben&Jerry, VitaSnella, Bernabei, Heineken, Birra Peroni, Red Bull, Vertex, American Express, Garofalo.
Segue un altrettanto lungo elenco di istituzioni e ambasciate di tanti paesi del mondo.
Ora, la domanda da porsi non è se il movimento lgbtq+ (costola e parente stretto di quello femminista (anche se sono da tempo iniziati gli screzi) è o non è organico a quello che per semplificare chiamiamo “sistema (capitalista) dominante” perché è evidente che lo sia e soltanto una persona in malafede può negarlo.
Le vere domande da porsi sono altre, e cioè:
- Perché lo è diventato?
- Quali sono le ragioni che hanno determinato tale organicità?
- Perché il “sistema (capitalista) dominante” ha trovato utile e conveniente la cooptazione del movimento lgbtq+tra le sue fila?
- Perché il movimento lgbtq+ si è lasciato cooptare?
- Le ragioni di questa cooptazione sono dovute ad un processo degenerativo (eterogenesi dei fini) oppure il germe della sua degenerazione era già contenuto nelle premesse?
Naturalmente, per ciò che mi riguarda, ho le mie risposte, ma sarebbe interessante ascoltare quelle dei diretti interessati, nella speranza che anch’essi partano dalla premessa di cui sopra – onde evitare di perdere tempo con improbabili salti carpiati – e ci aiutino a spiegare le ragioni di quello che appare come un vero e proprio matrimonio, evidentemente conveniente ad entrambi.
Fonte foto: The Vision (da Google)