L’esprit de guerre revient


Le crisi secondo i padri fondatori avrebbero favorito l’integrazione tra i vari Stati che, nel corso degli anni,  hanno aderito  alle istituzioni che hanno dato origine all’Unione Europea. La realtà è altra come prova il conflitto ucraino – russo iniziato, non tre anni fa come vuole la narrazione di regime, ma nel 2014 se non addirittura prima. Il conflitto risale all’indomani della fine dell’URSS e al mancato rispetto delle intese raggiunte in quel contesto. Impegni che prevedevano un’area di interposizione tra la Federazione Russa e la NATO.  E’noto che la NATO nasce nel contesto rappresentato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla divisione in blocchi del Mondo: da una parte gli USA e i suoi vassalli, dall’altra l’URSS e gli Stati satelliti. Sul piano militare: NATO contro Patto di Varsavia. Sul piano economico le Comunità Europee contro COMECON. La divisione in blocchi ha garantito la pace sul Continente europeo. La “Cortina di ferro” che divideva in due l’Europa, può piacere o no, è stata una vera e propria forza di interposizione che ha  impedito conflitti bellici tra gli Stati europei. Sul continente europeo i conflitti militari sono ritornati all’indomani della fine dell’URSS. La guerra civile jugoslava è da ascrivere alla fine della contrapposizione Liberalismo verso Comunismo. La divisione in blocchi del mondo ha favorito il processo di decolonizzazione come provano, ad esempio,  l’episodio del canale di Suez. Per memoria il canale di Suez nazionalizzato dall’Egitto di Nasser provocò l’intervento militare congiunto di Regno Unito e Francia, i quali occuparono il Canale per garantirne il libero accesso. L’intervento militare fallì a causa delle pressioni operate da URSS e USA con il conseguente ridimensionamento delle velleità imperialiste e neocoloniali di Francia e Regno Unito. Questo per ricordare il ruolo che hanno svolto le due potenze imperiali ossia USA e URSS nel processo di decolonizzazione. Sia chiaro l’imperialismo è sempre da condannare come i conflitti che a partire dagli anni 50 del secolo scorso in poi, vere e proprie guerre per procura, hanno interessato il Mondo anche se, come dicevo, fino agli anni 90 del secolo scorso non hanno riguardato direttamente il continente europeo.  

A partire dal XVI secolo gli Stati europei hanno combattuto una serie di conflitti bellici finalizzati a stabilire l’egemonia sull’intero continente. Il fuoco alla miccia è stato dato dalla discesa di Carlo VIII re di Francia in Italia nel 1492 per proseguire quasi ininterrottamente fino al Congresso di Vienna del 1815. In questi tre secoli sono stati sottoscritti diversi Trattati i quali in quel dato momento hanno determinato equilibri precari messi in discussione nel momento stesso in cui venivano firmati. Alcuni trattati rappresentano veri e propri passaggi epocali nella Storia europea. Uno di questi è il Trattato di Pace di Cateau – Cambresis sottoscritto nel 1559 tra Francia e Spagna. Trattato che non segna comunque la pacificazione dell’intero continente. La guerra continua su altri fronti fino al punto da poter essere considerata un’unica cosa con la Guerra dei Trent’anni che interessa l’intero continente dal 1618 al 1648. La guerra dei Trent’anni si conclude con il Trattato di Pace di Westfalia che sancisce la nascita dello Stato moderno. Anche in questo caso l’Europa dell’epoca è interessata da una serie di conflitti per cosi dire minori tra Stati e guerre civili all’interno di singoli Stati. A partire dalla fine del 600 e fino al Congresso di Vienna del 1815 gli anni non interessati da conflitti bellici generalizzati sono davvero pochi. Si inizia con la Lega di Augusta che vede diverse potenze europee opporsi ai tentativi egemoni del Regno di Francia per proseguire con la Guerra di successione Spagnola determinata dall’estinzione del ramo spagnolo degli Asburgo per poi proseguire con la Guerra di Successione polacca, austriaca, la guerra dei sette anni, conflitti bellici tra gli Stati del Nord Europa, del Levante tra Russia e Impero Ottomano. La guerra di Indipendenza americana che risale 1776 è in pratica in successione con la Guerra dei sette anni. Con la Rivoluzione francese del 1789, l’ascesa di Napoleone e le coalizioni che si contrappongono al Bonaparte fino alla sconfitta definita di questi a Waterloo , il Continente europeo non conosce periodi di pace lunghi. Dal 500 in poi le varie potenze si sono combattute per il controllo del Continente. Inizialmente Francia e Impero Asburgico ossia la Spagna, dopo il declino di quest’ultima tra Francia e le potenze che nel corso degli anni erano cresciute e si erano affermate: Asburgo d’Austria, Province Unite dei Paesi Bassi, Svezia, Russia, Impero Ottomano,  Prussia, Repubblica di Venezia, Ducato di Savoia, Polonia ed altre piccole entità statuali. Nel corso dei secoli l’intervento bellico del Regno di Gran Bretagna e Irlanda è stato sempre finalizzato alla creazione di un equilibrio tra le varie potenze continentali.

A partire dal Congresso di Vienna del 1815 fino al 1870, quando a Sedan la Prussia sconfisse in malo modo  la Francia di Napoleone III, i conflitti bellici che si sono avuti in questo arco di tempo sono stati funzionali all’ ascesa degli Stati Nazionali e Liberali e a volte di ordine pubblico internazionale. L’unità d’Italia per come è nata, ad esempio,  è  l’affermazione dello Stato Liberale, Conservatore e Nazionale. La lotta per l’ unità d’Italia è da intendersi anche come una operazione di polizia internazionale finalizzata ad evitare che essa potesse mettere in discussione l’egemonia di classe negli Stati liberal – conservatori dell’epoca. Il Risorgimento come una sorta di Rivoluzione d’Ottobre nel caso in cui l’Unità dell’Italia avesse dato origine alla nascita di uno Stato Repubblicano e magari Democratico e Socialista.  A partire dal 1871 con la riunificazione della Germania il conflitto per l’egemonia continentale è tra Germania e Francia. Dalla fine dell’800 potenze come Gran Bretagna e Russia si schierano con la Francia per evitare che il mondo tedesco, il blocco mitteleuropeo – danubiano potesse prendere il sopravvento sul resto del Continente.  

Dal 1871  fino allo scoppio della Grande Guerra il continente europeo non è interessato da  conflitti bellici. Con l’espansione coloniale le potenze europee esportano il conflitto bellico in Africa e in Asia. Tanto il primo quanto il secondo conflitto bellico sono il risultato della rivalità franco – tedesca in primis, rivalità che per il gioco di alleanze coinvolge gli altri Stati europei. A questa rivalità si aggiungono quella Britannica e Tedesca, su questo tema gli studi dell’economista Marcello De Cecco sono illuminanti; e la rivalità tra la duplice monarchia Austro- Ungarica  e la  Russia rispetto al mondo slavo.   

La fine della prima guerra mondiale con la sconfitta degli Imperi centrali, crea uno squilibrio nella mitteleuropa dovuto alla disgregazione  della monarchia Asburgica. A favorire tale disgregazione è la diplomazia americana dell’epoca che accettando in modo ideologico il principio di nazionalità favorisce la nascita di entità statuali con un peso specifico minimo nell’Europa centrale. Tra queste entità l’unico Stato che avrebbe potuto svolgere un ruolo di un certo rilievo poteva essere la Polonia la quale riacquistava la propria indipendenza persa alla fine del 700. Il problema è che la Polonia si rivela incapace di reggere il confronto tanto con la Germania, nel frattempo diventata nazista, quanto con l’Urss.

Il Trattato di Versailles che segna la conclusione della Grande Guerra, come evidenziò giustamente l’economista J.M. Keynes, ha in se le cause che hanno determinato lo scoppio della seconda Guerra Mondiale. Secondo alcuni Storici, l’arco di tempo che va dal 1919 al 1939 è a tutti gli effetti una sorta di seconda Guerra dei Trent’anni; ad analizzare attentamente i vari aspetti la definizione è per molti versi condivisibile. Tra guerre civili e conflitti bellici i trent’anni che vanno dal 1919 al 1939 sono un susseguirsi di conflitti militari localizzati. Per memoria: guerra civile in Russia tra bianchi e rossi, guerra sovietico – polacca, guerra rumeno – ungherese, guerra tra Grecia e Turchia, guerre coloniali come la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia,  guerra civile spagnola, seconda guerra mondiale. Se i vari conflitti venissero messi in successione cronologica scopriremmo che, proprio come la Guerra dei Trent’anni combattuta dal 1618 al 1648, i vari conflitti bellici sono tutti ascrivibili ad un solo grande conflitto : la ridefinizione degli equilibri all’interno del Continente europeo.

Da quanto ho esposto, seppure per sommi capi, la materia è talmente complessa che non può essere esaurita in una riflessione limitata come questa. Si evincono due cose: la prima è che la guerra, addirittura perpetua, che interessa l’Europa a partire dal 500 ha a che vedere  con la modernità, l’affermazione degli Stati nazionali, l’emergere dell’individuo e del diritto di proprietà come fondamenti etici dello Stato Liberale, l’ascesa del Capitalismo e del libero mercato. Sul libero mercato una breve riflessione: per libero mercato è da intendersi la concorrenza tra imprese e non solo. Per libero mercato è da intendersi anche la competizione tra sistemi economici locali, regionali e statali. Da qui l’idea che le stesse politiche protezioniste nazionali sono da ascrivere al libero mercato. Questa mia affermazione è supportata dall’idea che vuole lo Stato come una sorta di impresa in competizione con altri Stati,  imprese a loro volta. Lo Stato da intendersi come sovrastruttura funzionale all’egemonia di classe utilizza il protezionismo economico in funzione della coesione sociale ossia della costruzione dell’identità nazionale come unico corpo dello Stato Nazione in concorrenza/contrapposto ad altri Stati Nazione.

Con la globalizzazione si è passati dal duopolio rappresentato dalla divisione in blocchi del Mondo, al monopolio post guerra fredda alla concorrenza oligopolistica post moderna. Il superamento dei conflitti bellici che hanno interessato l’Europa dal 500 alla fine del Secondo conflitto mondiale, un arco di tempo enorme, sono circa 500 anni, mezzo millennio; si è avuto solo grazie alla vittoria del conflitto mondiale ad opera di due imperi: quello statunitense e quello sovietico, da qui l’idea di un mercato regolato da una concorrenza duopolistica.

Le varie comunità che hanno poi dato origine alla UE nascono sotto la spinta tanto del contesto internazionale quanto di una spinta ideale. La spinta ideale rappresentata dal Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli è una sorta di “ foglia di fico”. L’Unione Europea nasce all’insegna dell’ideologia neoliberale partorita dai circoli viennesi a cavallo del 900 e dalla fine dell’Impero asburgico. Gli ideali che ispirano  le elite europeiste non sono nè il cosmopolitismo illuminista nè, tanto meno, gli ideali internazionalisti; l’UE è il prodotto dell’ideologia neoliberale che punta al superamento delle barriere degli Stati nazionali attraverso il mercato. L’Unione Europea nasce come Europa delle regioni. Solo dopo le crisi economico finanziarie e quella dovuta alla pandemia si scopre l’inconsistenza di una Unione Europea come mercato dove individui, imprese  e sistemi economici regionali, in armonia interagiscono tra di loro. Perché i vari soggetti possano interagire tra di loro in modo armonioso si ritengono sufficienti strumenti come la stabilità monetaria, i vincoli di bilancio la regolamentazione attraverso l’emanazione di leggi e regolamenti che hanno finito con il rendere caotico lo stesso sistema di relazione proprio del mercato. L’Unione Europea, di fronte al conflitto bellico Ucraino – Russo, conflitto assecondato da elite europeiste fondamentalmente incapaci, asservite al pensiero unico neoliberale , sovrastruttura ideologica del capitalismo angloamericano, si scopre nuda, da qui il panico che porta gli Stati aderenti all’U.E sul baratro di un conflitto bellico con la Russia dopo la perdita del sostegno da parte dell’Impero di riferimento rappresentato dagli Stati Uniti. Le elite europeiste rispetto al nuovo contesto reagiscono ritornando alla modernità dopo aver pensato che il superamento del conflitto in ambito continentale potesse dipendere dal post moderno. La questione è che il rischio del conflitto bellico è da ascrivere alla post modernità non alla modernità. Il moderno è morto e sepolto. Moderno è da intendersi lo stesso discorso di Draghi al Parlamento Ue quando auspica il ritorno della funzione dello Stato pur nell’ambito della cornice rappresentata dall’Unione Europea. La post modernità, che altro non è che l’abbattimento dei vincoli che impediscono il perfetto funzionamento del mercato, ha finito con l’alimentare i conflitti sociali interni alla stessa Unione Europea e, a livello internazionale, assecondando l’espansionismo statunitense verso l’Est. L’allargamento dell’UE verso Est e l’adesione degli Stati un tempo facenti parte del Patto di Varsavia e del COMECON, sorretto dall’ideologia che vuole lo Stato surrogato dal mercato, ha prodotto l’effetto contrario rispetto a quello sperato. I conflitti sono aumentati invece di annullarsi con l’emergere di istanze nazionaliste non riconducibili all’idea dello Stato nazionale ma alla ricerca di protezione rispetto ad un mercato che annullava qualsiasi forma di protezione sociale a favore del conflitto tra individui, imprese e sistemi economici regionali. L’UE che impegna risorse  finanziarie con Macron e Starmer i quali offrono l’ombrello nucleare dovuto all’essere entrambe potenze militari nucleari, sono politiche non europeiste nel senso post moderno, ossia il superamento della modernità rappresentata dagli Stati nazionali, ma qualcosa di molto peggio. Politiche militariste come queste puntano alla salvaguardia non dell’Unione Europea ma delle oligarchie politiche ed economiche che l’hanno intesa come strumento di tutela e di difesa dei loro interessi. La stessa proposta di riarmo non va oltre le solite politiche dell’offerta e della libera intrapresa. Infatti la proposta avanzata dalla von Der Leyen, il ReArme Europe, prevede un fondo al quale ciascuno Stato aderente all’UE può accedervi e la possibilità di sforare i vincoli di bilancio attraverso l’indebitamento sul mercato finanziario. In pratica ognuno degli Stati aderenti all’UE può decidere se accedervi o meno, non a caso si parla di Stati “ volenterosi” per quanto riguarda l’invio di truppe in Ucraina. La posizione della Francia e del Regno Unito è il tentativo di tornare ad essere Stati guida dell’Europa, è il tentativo di ritornare a quel ruolo di grandi potenze perso ormai da decenni, perso proprio su quel canale di Suez ai tempi di Nasser.

L’UE si presenta come un accrocco liquido, come uno spazio dove l’idea della negoziazione e dello scambio la fa da padrone, per cui l’unica cosa che resta dell’idea moderna è l’ esprit guerrier  proprio  delle Potenze, come si appellavano un tempo, dei secoli passati per intenderci del XVIII e XIX secolo.  L’ esprit guerrier, dato il contesto rappresentato da classi politiche mediocri, potrebbe rivelarsi pericoloso e condurre i cittadini dell’UE, in particolare le società di quei Paesi che hanno promosso l’integrazione europea con le migliori intenzioni, verso un conflitto dagli effetti imprevedibili. Ed è per questa ragione, per evitare che ciò possa accadere, che serve una forte mobilitazione popolare capace di andare oltre gli schieramenti a favore della pace. La mobilitazione del 15 marzo p.v. promossa dal giornalista Serra è il frutto della più assoluta idiozia politica e dalla incapacità di leggere il contesto attuale. Dopo che per 80 anni l’Europa Occidentale è stata l’equivalente di un incapace affidato alla cura degli USA, oggi che si trova, senza nemmeno volerlo, ad essere maggiorenne, l’unica cosa che non deve fare è quella di darsi alla pazza gioia pensando che la maggiore età consenta  Sex, drugs and Rock’n’ Roll. 

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