In occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (che sarà il prossimo 11 dicembre), è stata oggi promossa una manifestazione in un locale del popolare quartiere di San Lorenzo a Roma. All’evento avrebbe dovuto prendere parte anche Leila Khaled, membro dell’ufficio politico del FPLP e storica combattente e dirigente del movimento di liberazione palestinese, se le autorità italiane, genuflesse ai diktat del governo israeliano, non le avessero impedito di entrare in Italia. “Tale divieto è ovviamente un atto politico – ha spiegato Fazwi Ismail, dell’Unione Democratica Araba palestinese – che conferma la totale subordinazione del governo italiano nei confronti di Israele e del sionismo”. Ismail ha brevemente ricordato la storia del FPLP e ha voluto ricordare due giornalisti italiani, purtroppo scomparsi, che hanno speso la loro vita per la causa del popolo palestinese: Stefano Chiarini e Maurizio Musolino.
E’ intervenuto, fra gli altri, Bassam Saleh, rappresentate di Al Fatah in Italia, che ha sottolineato quanto sia necessario riconciliare tutto il fronte palestinese. “Moti regimi arabi – ha spiegato Bassam – stanno collaborando con Israele e con l’imperialismo per distruggere tutti i movimenti di resistenza nell’area mediorientale e questi regimi devono essere rovesciati dai popoli con la lotta”. “La decisione del governo italiano e dell’UE – ha aggiunto – di non permettere a Leila Khaled di entrare in Italia, è di una gravità inaudita, soprattutto perché in questo paese sono stati accolti tanti criminali di guerra, a cominciare da Netanyahu”.
Hassan Assi, rappresentante della Resistenza libanese ha ricordato la storica resistenza nel sud del Libano che è stata in grado nel 2000 di infliggere gravi perdite all’esercito israeliano. “Proprio per cancellare quella bruciante sconfitta, Israele attaccò nuovamente il Libano sei anni dopo con bombardamenti pesantissimi che provocarono tantissime vittime fra i civili”. “Israele – ha spiegato Hassan – ha sempre cercato di distruggere l’OLP con tutti i mezzi, l’assedio dei palestinesi a Beirut nell’82 fu l’ultimo atto di una offensiva iniziata molto prima”.
Prima dell’intervento di Leila Khaled, collegata in diretta in videoconferenza, sono intervenuti anche un rappresentante dei Cobas, uno della Federazione giovanile del Partito Comunista e un altro della Rete dei Comunisti che ha ricordato come il movimento in sostegno della causa palestinese in Italia abbia registrato una vittoria, dal momento che già da due anni, dopo una serie di provocazioni nei confronti della comunità palestinese, i gruppi israeliani e sionisti non partecipano più alle celebrazioni del 25 aprile, isolati e respinti dal movimento.
Dopo di ciò, è stata la volta di Leila Khaled, in collegamento video, che ha innanzitutto voluto ricordare tutti i combattenti palestinesi caduti, in particolare Ghassan Kanafani e Abu Ali Mustafa, dirigenti del FPLP, e quei militanti internazionali che hanno dato la vita per la causa palestinese, fra cui l’inglese Rachel Corrie, travolta da un bulldozer israeliano mentre tentava di impedire la demolizione della casa di una famiglia palestinese, e l’italiano Vittorio Arrigoni. Non poteva mancare il ricordo di Yasser Arafat e il saluto caloroso ai circa 7.000 prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, a cominciare dal segretario del FPLP, Ahmad Sa’adat, e Marwan Barghouti, dirigente di Al Fatah e leader della prima e della seconda Intifada, con ben cinque ergastoli sulle spalle.
“Come prima cosa – ha detto Leila Khaled – è fondamentale individuare i nemici e gli amici. I nemici sono il sionismo, l’imperialismo guidato dagli USA, Israele e tutte le forze reazionarie, arabe e non. Gli amici sono le classi lavoratrici, gli operai, i profughi, i giovani e le donne palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana e tutti i movimenti di liberazione antimperialisti del mondo di cui quello palestinese è parte. Israele, infatti, è solo l’avamposto dell’imperialismo nella regione. Uno stato che a tutt’oggi applica una politica di apartheid nei confronti del popolo palestinese”.
“Noi stiamo lavorando – ha proseguito – ad un programma politico che preveda il ritorno dei profughi nella loro terra e ad uno stato palestinese con Gerusalemme capitale. L’OLP è il solo rappresentante politico del popolo palestinese; Nel 1982 Israele ha tentato, senza riuscirvi, di distruggerlo. Noi del FPLP abbiamo risposto con la lotta armata per contrastare l’aggressione israeliana e la pulizia etnica tuttora in corso, finalizzata a distruggere l’identità stessa del popolo palestinese. E siamo stati costretti anche a prendere le armi per far conoscere la mondo la nostra condizione. Quello stesso mondo responsabile della tragedia palestinese, oggi tutt’al più considerata alla stregua di un problema umanitario, che si è accorto di quella stessa tragedia grazie all’esplosione dell’Intifada. Il mondo si è svegliato una mattina e ha cominciato a solidarizzare con i palestinesi. Il FPLP aveva individuato proprio nell’Intifada la via per la liberazione. Purtroppo però quella grande ribellione di popolo è stata gestita molto male da una dirigenza politica che ha scelto la strada dei negoziati. Una strada che ha portato agli accordi di Oslo che non hanno fatto gli interessi del popolo palestinese che anzi li ha subiti. Quegli accordi hanno legato le mani al gruppo dirigente che ha proseguito con quella infausta strategia nonostante lo scoppio della seconda Intifada. Accordi che non hanno portato a nulla. Israele continua con la sua politica di occupazione, distrugge le case, espropria le terre, costruisce nuovi insediamenti e prosegue con la politica di “giudaizzazione” di Gerusalemme. Alcuni alti ufficiali dell’esercito israeliano hanno espressamente dichiarato che sarebbero favorevoli ad una politica di sterminio nei territori palestinesi. Ora mi chiedo: come si può convivere con un simile nemico? Israele ha costruito le sue fondamenta sulla devastazione e sulla distruzione di un popolo. Si tratta di uno stato razzista e razziale giunto ai livelli del nazismo. Per questo abbiamo rifiutato gli accordi di Oslo ma nello stesso tempo abbiamo lavorato e stiamo lavorando per costruire l’unità di tutte le componenti palestinesi. E’ nostro diritto resistere con tutte le forme possibili, anche quella armata, come stabilito dal diritto internazionale e come recita la Carta dell’ONU che prevede il diritto dei popoli oppressi alla resistenza armata. Israele, al contrario, non rispetta nessuna risoluzione internazionale perché si sente al di sopra del diritto. Ordina ai suoi soldati di sparare per uccidere e non per ferire, tiene sotto assedio costante la Striscia di Gaza che ormai è considerata da tutti un carcere a cielo aperto. Hanno addirittura abbattuto tutti gli alberi intorno alla Striscia, i pescatori non possono uscire per andare a pescare e la gente viene affamata. E’ una strategia per cercare di fiaccare il popolo. Vogliono cancellare la nostra storia, la nostra identità, e nonostante tutto noi andiamo avanti, anche con la lotta armata. Del resto, la resistenza all’oppressione non l’abbiamo inventata noi ma tutti i popoli del mondo che hanno lottato per liberarsi dai propri oppressori, proprio come è stato per voi italiani che avete lottato contro il nazifascismo. Gramsci diceva:” Se l’oppressione è la legge, la resistenza è un dovere”. Noi potremo considerare conclusa la nostra lotta solo quando la bandeira palestinese sventolerà ad Al Aqsa.
Non abbiate paura – ha continuato – di quelli che vi tacciano di antisemitismo perché combattete il sionismo. E’ una menzogna. Stiamo assistendo ad una aggressione dell’imperialismo in tutto il mondo; in Siria e anche in Iraq gli imperialisti hanno utilizzato in modo strumentale l’Islam per destabilizzare e distruggere quei paesi. Hanno appoggiato e finanziato l’ISIS e Al Nusra pur di conseguire i loro obiettivi. Ora vi chiedo: il nazismo ha causato la seconda guerra mondiale e provocato 50 milioni di morti, dobbiamo attendere che il sionismo provochi la terza guerra mondiale? Io la risposta ce l’ho ma vorrei che foste voi ma darla”.
“Vorrei chiudere – ha concluso – con una famosa citazione di Pablo Neruda:” Si possono tagliere tutti i fiori ma non si può impedire alla primavera di arrivare”.
E’ inoltre fondamentale sottolineare come tutti gli interventi abbiano stigmatizzato la decisione della Federazione ciclistica italiana di far partire il Giro d’Italia da Gerusalemme, su pressione del governo israeliano. Si tratta, come è evidente, di un modo per legittimare l’occupazione israeliana della Palestina. Il governo israeliano aveva minacciato di bloccare i fondi stanziati per il Giro perché in un primo momento gli organizzatori (italiani) avevano scritto che sarebbe partito da Gerusalemme Ovest. Questo aveva fatto infuriare le autorità israeliane, perché poteva lasciar intendere che esiste una Gerusalemme Est che non farebbe parte dello stato israeliano. Ma la Federazione è scattata immediatamente sull’attenti, un po’ per non perdere i finanziamenti e un po’ per servilismo, e si è affrettata a dichiarare che “Gerusalemme ovest” era stato scritto solo per ragioni di ordine logistico https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11/30/giro-ditalia-parte-da-gerusalemme-ovest-israele-minaccia-di-bloccare-finanziamenti-rcs-corregge-subito/4010601/
Un altro squallido episodio a conferma della totale subalternità del governo e delle istituzioni italiane nei confronti di Israele.