Le valide ragioni per votare Fabrizio Marchi

Se fossi cittadino romano, alle prossime elezioni per il rinnovo del consiglio comunale trasgredirei la mia ormai ultraquindicennale abitudine di non partecipare al voto, non riconoscendomi in alcun schieramento. Lo farei votando per l’amico Fabrizio Marchi, candidato indipendente nelle liste del Partito Comunista di Marco Rizzo. Non perché mi identifichi ideologicamente in quel partito, e nemmeno perché condivida in tutto le idee di Fabrizio. Dal partito di Rizzo mi distingue l’impianto filosofico del materialismo storico, ed anche una sorta di nostalgia per i socialismi reali, esperienze che ritengo fallite, più che per la lotta senza quartiere condotta dal così detto “mondo libero”, per le insanabili contraddizioni interne che avevano alienato loro i favori popolari.

Purtuttavia il partito comunista di Rizzo si distingue in positivo, nel pietoso panorama politico italiano, a) per le posizioni in politica estera, contrarie allo schiacciamento senza condizioni sulle politiche degli Usa e della Nato, entro la quale l’Italia sta come l’ultimo dei lacchè, senza mai alcun sussulto di autonomia e dignità nazionale. b) Per il fatto che pone con decisione l’accento sui “diritti sociali” anziché su quelli così detti “civili”. Questi ultimi costituiscono, è del tutto evidente per chi voglia vedere, il cavallo di Troia  con il quale il sistema liberalcapitalista afferma la sua egemonia culturale, induce le persone a pensare secondo i suoi paradigmi antropologici e filosofici (Jacques Camatte parla di  antropomorfosi del capitale – il capitale che si fa uomo e l’uomo che pensa se stesso come particella di capitale),  e distoglie l’attenzione dalle vere contraddizioni. Le quali  possono essere definite , classicamente, come  contraddizioni di “classe” ma, senza potermi qui addentrare in complicate discussioni teoriche sul tramonto delle classi intese in senso marxiano stretto, anche come elites vs popolo, o Alto vs Basso. Comunque la si voglia definire è un fatto che esiste una frattura e una polarizzazione crescente fra coloro che dispongono di immense ricchezze e di grande potere, e coloro che sono costretti ad arrancare nella precarietà, senza  più quelle sicurezze minime che assicurava loro il welfare state.

Rizzo concepisce  i diritti sociali non nel senso di un generico umanitarismo buonista, ma come parte integrante della lotta sociale, il che non gli impedisce di vedere , si diceva un tempo, le “contraddizioni in seno al popolo”, e di tentare di scongiurarle, consapevole che quando sfociano nella lotta fra poveri (per esempio autoctoni vs immigrati) nei quartieri già degradati delle periferie metropolitane) è sempre e comunque l’avversario che vince, in qualsiasi modo lo si definisca.

E sempre a proposito di diritti civili, considero benemerita la sua netta presa di posizione contro il così detto utero in affitto, mediante il quale coppie nostrane (etero ma anche e soprattutto omosessuali) si procurano un figlio mediante un vero e proprio contratto di schiavitù contratto con donne povere di paesi poveri.  Il Partito di Rizzo, insomma, è politicamente scorretto, e di tale scorrettezza fanno parte il suo non essere femminista, il peccato più grave per la sinistra progressista, ed, infine, la scelta coraggiosa di candidare  Marchi.

Come scrivevo sopra, non mi identifico totalmente nelle posizioni di Fabrizio. Ad esempio rispetto alla sua,  per me,  eccessiva ortodossia filosofica e lessicale marxiana, che però è disposto a discutere ed aggiornare, conscio che qualsiasi autore, pur grande, è figlio del suo tempo. Oppure rispetto alla sua concezione della sessualità (anche circa la quale ha scritto il libro “Donne, una rivoluzione mai nata”) che lo induce a pensare possibile una società in cui il sesso sia giocoso  (il che è ovviamente  auspicabile) e  libero da regole sociali. Ora, posto ovviamente che non si tratta di spiare e/o normare le scelte sessuali di nessuno, è però evidente che la sessualità implica il modo con cui le generazioni si succedono, e mi pare quindi logico che ogni società si dia delle regole in materia (solo per fare un paio di esempi, la questione del cognome, o il fatto che in un matrimonio il figlio viene automaticamente attribuito al marito).

Detto questo, Fabrizio, anche con i suoi strumenti mediatici (Uomini Beta e l’Interferenza)  1) conduce da anni una battaglia sacrosanta per evidenziare quanto ci sia di tragicamente sbagliato nel voler sostituire il conflitto di classe di classe con quello fra i sessi, ed identificare in quest’ultimo la contraddizione principale. Non più, insomma, borghesia contro proletariato (con tutti gli aggiornamenti di cui sopra) ma donne contro uomini. Sa bene però che non si tratta, in realtà, di errori, bensì di una vera strategia per deviare energie e forze, e impedire che si possa saldare una naturale alleanza senza distinzione di sesso fra i ceti subalterni. 2) Considera il femminismo fra i responsabili o i corresponsabili di tale strategia,  con ciò individuandolo come elemento portante dell’attuale sistema capitalistico, ad onta dei proclami libertari. 3) Combatte, portando esempi concreti, dati e numeri,  contro l’idea propagandata incessantemente dai media che il sesso maschile sia intrinsecamente  privilegiato, nonché il solo  violento e oppressore per sua natura.  4) In questo contesto, non fa solo una battaglia teorica ma, cosa importantissima, avanza anche proposte concrete per alleviare la situazione tristissima di molti uomini, quali ad esempio i padri separati. E’, questa, una vera emergenza sociale ancora ampiamente disconosciuta.  Fra i padri separati, alcuni finiscono per accrescere la categoria degli homeless, ma molti altri,  anche senza arrivare a tali estremi, versano in una condizione di grave povertà materiale ed affettiva, impossibilitati o ostacolati in ogni modo nell’avere un rapporto costante e positivo coi figli.

Credo basterebbe e avanzerebbe per dare il voto a Fabrizio, se fossi cittadino romano!

(Armando Ermini)

 

Con l’amico Armando Ermini ci conosciamo ormai da quasi vent’anni, da quando cioè cominciai ad indagare la cosiddetta “Questione maschile” (non l’avessi mai fatto… ), e non c’è dubbio che Armando, insieme a Rino Barnart Della Vecchia e al caro Cesare Brivio, purtroppo scomparso da alcuni anni, sia uno dei padri nobili della stessa, uno di quelli che per primi ha cominciato ad esplorare quel terreno in tempi in cui la condizione di chi osava criticare la narrazione femminista era equiparabile a quella dei primi cristiani nelle catacombe. Non che oggi le cose siano cambiate di molto però non c’è dubbio che quell’area critica si è ampliata di molto e soprattutto è uscita da tempo allo scoperto.

C’è un aspetto apparentemente singolare, e molto significativo, che a mio parere è importante sottolineare. Nell’immaginario collettivo – comunque di una gran parte delle persone (né potrebbe essere altrimenti, dal momento che sono sistematicamente e quotidianamente sottoposte ad un bombardamento mediatico-ideologico senza sosta) – coloro che criticano l’ideologia politicamente corretta e il femminismo vengono automaticamente considerati dei reazionari, negazionisti, fascisti, misogini o comunque di area ultra conservatrice.

Nulla di più falso. I più autorevoli e storici critici del femminismo – fra cui, appunto, anche Armando Ermini – provengono dalle file marxiste, comuniste, socialiste oppure della fu sinistra extraparlamentare degli anni ’70 nelle sue varie e differenti declinazioni. Poi possono esserci stati, e ci sono stati, come è normale che sia, percorsi diversi, ma non c’è dubbio che la matrice sia quella. E anche oggi, i maggiori intellettuali che, sia pure in modi e approcci diversi (a volte anche conclusioni), sono approdati successivamente a quella critica, sono marxisti, comunisti e socialisti. Penso ad Alessandro Visalli, Carlo Formenti, Andrea Zhok, Marino Badiale, Salvatore A. Bravo, Ferdinando Pastore, Norberto Fragiacomo.

Un caso? Niente affatto, al contrario è la logica e coerente evoluzione del pensiero per chi oggi si pone in una posizione di criticità nei confronti dello stato delle cose presenti, tanto più per chi si professa ancora marxista o socialista.

Un grazie sincero e sentito all’amico Armando per questa sua dichiarazione in mio sostegno.

(Fabrizio Marchi)

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