Le elezioni si avvicinano, i partiti che hanno occupato gli scranni parlamentari affabulano il popolo suddito con l’ossessione dei diritti individuali. Nessuna nega o potrebbe negare il valore fondante dei diritti individuali, benché manchi su di essi una razionale discussione. In assenza di diritti sociali e di un progetto politico fondato su finalità dialetticamente argomentate i diritti individuali sono solo il volto sovrastrutturale della struttura economica.
Ancora una volta torna nel dibattito la questione dei diritti LGBT+ e dei diritti alle donne. In entrambi i casi non si può non constatare quanto entrambe le categorie siano affette da immaturità politica, non è un giudizio etico, ma una constatazione. Soggetti politicamente maturi che lottano per l’emancipazione dalla condizione di marginalità sociale o di minorità sociale e che hanno vissuto l’esperienza del dominio non possono limitarsi ad un esame limitato al “proprio ombelico”.
Un esame politico deve essere radicale, se vuole rompere l’esperienza del dominio. I movimenti in oggetto, invece, si lasciano strumentalizzare, forse consapevolmente, il sistema fondato sullo sfruttamento umano e ambientale, sempre più vicino all’Apocalisse ambientale ed antropologica deve ricercare disperatamente il consenso. I diritti LGBT+ e delle donne sono gli scudi dietro cui nascondere la tragedia di una società devastata dall’aziendalismo e dal totalitarismo manageriale incapace di porre fini razionali e degni della condizione umana. Sfruttare i soggetti deboli per giustificare un sistema violento è l’espressione veridica di una violenza pianificata.
L’inno ai diritti individuali senza limiti speculari al consumo illimitato non sono solo utilizzati per il consenso, ma anche in politica estera, il globo si divide su un tracciato al di qua il mondo delle libertà, al di là regna solo la sopraffazione bestiale. Manicheismo e semplicismo sono gli squallidi strumenti di una propaganda che parla e solletica il peggio degli esseri umani per giustificare, dopo, il suo antiumanesimo e specialmente la misologia. All’argomentare si è sostituito l’insulto e il linguaggio scurrile.
La propaganda regna, nel frattempo i lavoratori non solo sono sfruttati, ma muoiono sul lavoro, le pensioni sono misere e quasi irraggiungibili, la legge Fornero potrebbe essere riattivata dal 2023. Lavoratori sfruttati e umiliati quotidianamente dalla logica gerarchica padronale nel pubblico come nel privato dovranno aspettare i 67/68 anni per andare in pensione. Pensioni minime in assenza di servizi sociali in un contesto culturale che disprezza la malattia e la vecchiaia.
Su tali tragedie sociali tacciono i partititi dell’arco parlamentare da destra a sinistra, in realtà perfettamente sovrapponibili.
I diritti individuali in tali condizioni sono il privilegio che le classi dirigenti e cosmopolite si concedono, i restanti continueranno a salmodiare belando la parola diritto, ma per loro sarà solo l’ennesima truffa e discriminazione. Non vi è razzismo più grande che usare categorie deboli come sgabello per ipostatizzare un sistema fondato sul censo. Entrare nel sistema significa per le persone omosessuali e per le donne “deboli nel censo” passare da uno stato di marginalità ad uno di sfruttamento.
Senza dialettica politica da vivere nelle sedi di partito o di movimento e senza categorie marxiane e non solo, tali movimenti non sono che l’espressione del sistema, non lo contestano, ma vogliono esserne parte, eppure la verità è dinanzi a loro. Greta Thunberg accolta da capi di Stato è scomparsa dalle cronache, è stata usata per legittimare l’economia verde, ma con la guerra in Ucraina è stata lasciata sul fondo, e la sensibilità verde dimostrata a parole dai Capi di Stato tra applausi scroscianti e venerdì ambientali sono nel dimenticatoio. Si stanno riattivando le centrali a carbone.
Un sistema profondamente ingiusto e attraversato da feroci contraddizioni globali, tutto usa per continuare ad esserci con il suo mortale fiato. Nulla sembra convincere i movimenti di liberazione a pensare che la lotta dev’essere contro il sistema e non per entrare nel mercato che reifica e usa le persone come oggetti da buttar via all’occorrenza. Il veleno primo di cui liberarsi è l’abitudine a vivere solo per i propri interessi privati, in tal modo il dominio può continuare ad espandersi. L’impegno disinteressato è la prima trasgressione da praticare, dove vi è comunità, là vi è l’assedio al dominio dall’interno.
Non c’è libertà in un sistema che nega la natura solidale e comunitaria dell’essere umano e rafforza rapporti di produzione fondati sullo sfruttamento e sulla precarietà. Chi è precario non ha nessun diritto né individuale né sociale, deve solo obbedire o migrare, vive nel ricatto e quel che peggio diventa simile ai padroni, se non ha strumenti cognitivi ed emotivi per capire il suo presente. Il grande successo delle classi al potere è stato far parlare e agire gli sfruttati con le loro parole ad imitazione delle loro azioni.
Alle elezioni ricordiamoci del grande inganno in cui siamo e votiamo contro il sistema il quale non è riformabile. La forza del sistema è l’oscuramento delle coscienze individuali e di classe, eppure la menzogna è palese, sta a noi non solo ricordarle, ma specialmente dobbiamo diventare veicolo di una ricostruzione sociale e nazionale che, al momento, tarda a venire, nel frattempo si vive nel vuoto cosmico del liberismo totalitario. Le elezioni sono un’opportunità per cominciare a ricostruire una opposizione all’altezza dei nostri tempi.
Fonte foto: Insidertrend (da Google)