Non più restrizioni al commercio di armi e autonomia strategica dell’Europa
Nella coalizione governativa i partiti della maggioranza fanno a gara per ergersi a paladini degli interessi industriali e militari, da qui nascono le modifiche della legge 185/90 sull’export di armi (DDL S. 855 (senato.it)
Fratelli d’Italia da tempo voleva rivedere le norme inerenti alle autorizzazioni per la vendita di armi all’estero, norme giudicate dalle imprese belliche troppo ristrettive; sarà presto possibile, con un loro emendamento al disegno di legge approvato nel Consiglio dei ministri lo scorso 3 agosto, vendere armi all’estero senza controllo e autorizzazione del Ministero degli Esteri a condizione che siano in toto o solo in parte prodotte con finanziamenti della Unione Europea. Tale disegno di legge già prevedeva che fosse Palazzo Chigi (il Comitato interministeriale per gli scambi di materiale di armamento, il cui capo è la Meloni) a decidere, trasformando in semplice ufficio tecnico, l’organismo (UAMA Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) fino ad oggi responsabile di questo delicato settore.
Se guardiamo agli interventi del Parlamento per bloccare vendite di armi non registriamo alcun ostacolo burocratico o limitazione di sorta delle esportazioni, solo nel caso delle vendite a Emirati Arabi e Arabia Saudita, impegnati nel conflitto in Yemen, ci sono state pressioni per fermare (come poi avvenuto) la vendita di armamenti a questi due paesi direttamente coinvolti nella guerra. Ma sono innumerevoli le esportazioni autorizzate negli anni anche a nazioni in guerra e colpevoli di minacciare i diritti umani (come Israele) a conferma che gli ostacoli insormontabili denunciati dalle lobby delle aziende produttrici di armi non sono mai esistiti.
Come si diceva, il Disegno di legge stabiliva che fosse l’esecutivo, il cui rafforzamento è sempre più stringente, a decidere quali armi importare e quali esportare, semplificando allo stesso tempo le procedure necessarie per la vendita di armi ed escludendo da ogni autorizzazione la cessione di armi ai paesi Ue.
Eliminati quindi controlli e autorizzazioni, se non quella del su menzionato comitato, alla vendita di armi se finanziate in parte o in toto con i fondi della Ue, non sarà più necessaria l’autorizzazione del ministero degli Esteri e verrà meno anche la verifica che siano rispettate le norme della vecchia legge 185 a tutela dei diritti umani. In futuro sarà necessario il finanziamento europeo per vendere armi a chiunque, i diritti umani anche in termini formali e generici non saranno vincolanti per le esportazioni, a dominare – come sempre avviene – saranno solo gli affari economici.
La mancata esportazione di armi a Emirati Arabi e Arabia ha dato inizio ad una perseverante campagna portata avanti da aziende belliche, parlamentari, industriali, tutti insieme per revisionare una legge sicuramente contraddittoria ma guidata, fin dalla sua emanazione, da alcuni principi etici e morali che ora potranno essere archiviati proprio in nome del business non solo italiano ma della UE.
Pertanto, all’UAMA viene strappato il compito di esaminare “in modo rigoroso e articolato” le licenze di esportazione di materiali d’armamento, ossia viene abolita proprio questa vecchia procedura considerata ostile alle aziende e alle esportazioni e nei fatti la guerra in Ucraina, il riarmo della Nato e la guerra globale promossa dal Congresso Usa (senza dimenticare il documento strategico UE denominato Bussola Europea) hanno favorito questa profonda revisione delle norme in materia di esportazione di materiale bellico.
Leggiamo testualmente dal sito ministeriale:
Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
La valutazione di eventuali autorizzazioni a Paesi extra UE-NATO coinvolge previamente vari Ministeri ed Enti italiani: a) nell’analisi del merito della singola operazione, sin dalla comunicazione societaria sull’avvio delle trattative commerciali indirizzata, oltre che al Ministero degli esteri, a quello della difesa: b) con i pareri preventivi all’autorizzazione finale all’esportazione/importazione, successiva alla fase delle trattative con firma del contratto, sottoposti al Comitato consultivo interministeriale composto dai Ministeri degli esteri, difesa, interno, sviluppo economico, economia e finanze – Agenzia delle dogane e dei monopoli, ed ambiente. L’Autorità si avvale altresì dei pareri vincolanti, in presenza di informazioni classificate, della Presidenza del consiglio – Dipartimento informazioni per la sicurezza/DIS – Ufficio centrale per la segretezza/UCSe…..
L’autorità nazionale – UAMA rilascia le autorizzazioni previste per l’esportazione, il trasferimento, l’intermediazione, l’assistenza tecnica ed il transito dei prodotti a duplice uso; rilascia le autorizzazioni per il commercio di merci soggette al regolamento antitortura; rilascia le autorizzazioni, per il commercio, diretto e indiretto, di prodotti listati per effetto di misure restrittive unionali.
Per quanto deboli queste norme da domani non esisteranno più e i piazzisti di armi, i guerrafondai, le imprese “strategiche” avranno via libera nei commerci di morte.
Abbiamo parlato in precedenza della Bussola strategica (Strategic Compass, https://www.iai.it/sites/default/files/iai2206.pdf), documento strategico approvato il 21 marzo 2022 dal Consiglio dell’Unione europea e adottato il 25 marzo dai Capi di Stato e di governo dei 27 paesi facenti parte di essa, ma è forse meglio approfondire il tema. Secondo i fautori dell’UE, nano politico e militare proprio a causa del dominio NATO nel continente, tale documento sarebbe un avanzamento“ verso una Europa della difesa più capace di proteggere i cittadini europei” (così dicono), di “tutelare e promuovere gli interessi e i valori da loro condivisi”.
Aggiungono:“In un contesto internazionale caratterizzato dalla competizione geopolitica e dal ritorno della guerra in Europa” (generato dalle loro politiche), la Bussola trasformerebbe l’Europa in attore responsabile in grado di cooperare alla costruzione della sicurezza internazionale e di quella del continente europeo. Essa sarebbe importante e opportuna perché indica una serie di azioni concrete (investimenti, esercitazioni, forze di intervento rapido etc.), grazie alle quali potrà essere irrobustita la politica europea di sicurezza e difesa comune entro il 2030. Tra l’altro Il documento prevede l’istituzione, entro il 2025, di “una forza di intervento rapido (EU Rapid Deployment Capacity,Rdc) costituita da 5.000 unità in grado di operare anche in ambienti non permissivi (?) nelle regioni di interesse per l’UE. Tale strumento dovrebbe essere considerato “un primo passo verso una maggiore capacità europea di intervento militare”.
Alla luce di queste rapide informazioni possiamo ben comprendere la necessità del su menzionato emendamento, giacché tale indirizzo politico può essere perseguito con il possesso di una maggiore quantità di armi e più sofisticate, anche se molti non lo considerano realizzabile a causa delle divisioni interne all’élite tecnocratica. Infatti, bisogna sottolineare che non tutti i leader europei sono d’accordo con l’ipotesi dell’”autonomia strategica; la stessa Von der Leyen, in un suo discorso, ha affermato che gli europei non potranno mai sostituire gli Usa per garantire la sicurezza internazionale. E sempre la Von der Leyen invoca una Ue capace di costruire una politica di approvvigionamento energetico autonoma, andando a prendere le materie prime indispensabili alla svolta green ove necessario; il che fa presagire anche una rinnovata capacità militare da schierare in difesa degli interessi comunitari.
Ma un’Europa armata, in grado di difendersi e di attaccare da sola, che relazione stabilirà con la NATO? La risposta c’è e starebbe nel “giusto equilibrio tra europeismo e atlantismo”, ma non sappiamo quanto praticabile: “UE e Nato sarebbero complementari e sinergiche”, e l’Europa della difesa sarebbe il pilastro europeo dell’Alleanza atlantica, “con il fine ultimo di promuovere pace, stabilità, sicurezza e cooperazione ovunque”. Proprio come si è verificato in passato e si sta verificando oggi, basti pensare allo Strumento europeo per la pace che ha stanziato fondi per alimentare la guerra in Ucraina.
Naturalmente i governi italiani, sostanzialmente omogenei da molti punti di vista, apprezzano la Bussola, perché contribuirebbe allo “sviluppo tecnologico e industriale del settore aerospazio, sicurezza e difesa – compresa la dimensione cibernetica –, con ricadute positive su tutta l’economia” (v. emendamento di cui sopra), in un contesto che si vuole sempre “competitivo”.
I critici del documento sottolineano che esso è stato elaborato prima della famosa “operazione speciale” di Putin e pertanto sarebbe già superato dai fatti e dai cambiamenti geopolitici degli ultimi anni. Inoltre, mettono in risalto, dato il legame ineliminabile di subordinazione dell’Europa agli Usa, che esso deve essere inteso sostanzialmente come una delega di questi ultimi ai loro sudditi a sorvegliare il continente, così come Israele è stato creato per avere lo stesso ruolo in Medio Oriente. Del resto, la stessa UE è una creazione degli Usa, che alla fine delle Seconda guerra mondiale occuparono gran parte del continente e decisero di non ritornare a casa, costellando i vari paesi europei di basi militari a garanzia della “scelta occidentale” dei suoi cittadini.
Il sempre fantasioso Joseph Borrell, rinominato il giardiniere europeo, ha giustificato la volontà di partecipare direttamente alla competizione globale, affermando che “non si può essere erbivori in un mondo di carnivori”. Egli non si stanca di presentare l’Unione come un modello per il resto del mondo, forse convinto che i cittadini europei siano d’accordo con lui, quando segnali di disaffezione si vedono ovunque, anche se ancora non si sono trasformati in forti mobilitazioni oggi quanto mai auspicabili, se non vogliamo consegnare i diffusi sentimenti antieuropei e probabili proteste sociali alle destre estreme e populiste. Le quali sono strettamente allineate con la Nato, offrono sostegno all’Ucraina e ad Israele.
Su questo punto è interessante un articolo che analizza la Bussola strategica, facendo riferimento al celebre testo L’arte della guerra attribuito a Sun Tzu (544 a. C. – 496 a. C.), il quale affermava che “Tutta l’arte della guerra è basata sull’inganno”. Secondo gli autori coloro che hanno redatto il documento ingannano sé stessi, quando si dichiarano convinti che occorre garantire la sicurezza in accordo con gli Usa, mentre – come è del tutto evidente oggi – questi ultimi hanno obiettivi diversi da quelli europei e nella storia non hanno avuto mai alleati, ma sudditi. Tuttavia, gli stessi autori non escludono la possibilità più convincente che l’élite stanziata a Bruxelles intenda ingannare invece i popoli europei, facendo loro credere che con la Bussola saranno più protetti (https://lacasamata.es/leyendo-la-brujula-estrategica-con-sun-tzu-transformaciones-de-la-fraccion-bruselense-de-la-clase-dominante-europea/).
Fonte foto: Euractiv Italia (da Google)