Non si capisce quale sia la linea della Cgil se da una parte si schiera con il fronte delle spese militari (la manifestazione pro Ucraina del 15 Marzo, alla fine, si prefigge quell’obiettivo e va detto senza giri di parole) oppure se farsi promotori, con i sindacati europei, di una iniziativa contro il riarmo, per il lavoro e la spesa sociale. Andiamo al sodo delle questioni e chiediamoci quale sia il ruolo e la funzione oggi della Confederazione europea dei sindacati davanti a scelte che vedranno ridotto al lumicino lo stato sociale per investire fondi comunitari e nazionali nel grande riarmo.
Siamo ovviamente concordi con la Cgil nel dire che “i fondi europei vanno utilizzati per rilanciare le politiche industriali, per impedire i licenziamenti, tutelare i lavoratori e qualificare le loro competenze nei processi di transizione ecologica e digitale, per rafforzare le politiche sociali e garantire a tutte e a tutti il diritto all’istruzione e alla sanità pubblica, per tutelare i salari e le pensioni davanti alla crescita del costo della vita” ma gli organizzatori della manifestazione del 15 a Roma hanno forse queste posizioni?
Ovviamente no, è ormai bipartisan la richiesta di aumento delle spese militari e si eviterà perfino il voto al Parlamento Europeo avvalendosi di un articolo che permette in casi eccezionali di bypassare il confronto democratico.
Ci sono poi alcune palesi contrattazioni in Cgil ad esempio ove si parla di politiche europee per un sistema comune su difesa sapendo che queste politiche nascono proprio dall’economia di guerra e dall’impulso pubblico al riarmo; inutile e fuorviante accompagnare queste istanze ad una linea comune su economia e fisco, politiche industriali e Stato sociale quando il riarmo determinerà proprio l’indebolimento del welfare e politiche finalizzate non al rilancio tecnologico della manifattura per guardare invece a una industria essenzialmente appiattita sulle politiche di guerra.
Il riarmo non può essere la priorità strategica dell’Unione, su questo la pensiamo come Landini, ma possiamo dirlo senza muovere un dito? Anzi, scendere in piazza con i guerrafondai nascosti dietro ad istanze di altro tipo non è certo di aiuto; gli 800 miliardi di euro, di cui 650 fuori dal Patto di stabilità, sono soldi sottratti alla economia reale, al lavoro, alla innovazione tecnologica.
E a cosa serve quel Patto per il dialogo sociale che i sindacati hanno firmato con la Commissione europea e con i datori di lavoro? E a chi parla di Europa sociale e del lavoro contro la Europa del riarmo chiediamo: cosa intendono fare oltre alle chiacchere?
Ad oggi ben poco salvo scendere in piazza con i fautori del riarmo europeo, lupi travestiti da agnelli con le bandiere ucraine.
Fonte foto: La Repubblica (da Google)