Brics+: l’ampliamento alla prova della compattezza geopolitica
L’ingresso di nuovi di nuovi membri innalza il livello di complessità
del processo di creazione di un soggetto geopolitico coeso, passo
indispensabile per la rimodulazione dell’ordine internazionale su base
multilaterale
L’acronimo Bric, come esposto
nel primo saggio della presente serie[i], venne
ideato nel 2001 dall’economista inglese Jim O’Neal, chief economist della banca d’investimenti Goldman Saschs, per
indicare le potenze emergenti che, per caratteristiche simili[ii], avrebbero
verosimilmente dominato lo scenario economico mondiale nel corso del XXI secolo,
consigliando altresì al governo di Washington di cercare di inglobare tali
paesi nella governance internazionale,
fino a quel momento di esclusivo appannaggio statunitense. In pratica O’Neal
suggeriva all’amministrazione Bush Jr di cercare di coinvolgerle nella
definizione del sistema di regole economiche e finanziarie internazionali al
fine di evitare fratture e contrapposizioni nello scenario globale e
continuare, seppur in forma mediata, ad esercitare la propria leadership
globale.
Lo scontro globale in atto
Da allora è trascorso oltre un ventennio durante il quale gli sviluppi,
soprattutto a causa della strategia statunitense tesa a procrastinare sine die il proprio dominio unipolare,
hanno intrapreso tutt’altra direzione sino ad arrivare alla situazione attuale
di scontro aperto fra l’Occidente globale[iii] e le
potenze emergenti raccolte nel Brics, metaforica punta dell’iceberg della
variegata entità costituita dall’insieme dei Paesi del Sud economico. In
particolare lo scontro, come indicato nei vari documenti ufficiali statunitensi[iv] e della
Nato[v],
riguarda, da un lato, gli Stati Uniti e i suoi alleati/subalterni occidentali e,
dall’altro, la Russia nello scacchiere est-europeo, e la Cina nel quadrante
Asia-Pacifico, con lo scopo di contenere le legittime aspirazioni di controllo
dei mari rivieraschi da parte di Pechino[vi], al
fine ultimo di impedirne o quantomeno rallentarne l’ascesa ai vertici
dell’economia mondiale.
Le tensioni geopolitiche derivanti da tale strategia hanno creato inevitabili
ripercussioni nella sfera militare innescando, soprattutto nelle due
macroregioni interessate, una pericolosa corsa al riarmo, tant’è che nel
decennio 2013-2022, in pratica fino all’inizio dell’escalation del conflitto in
Ucraina, i due quadranti in questione hanno, non casualmente, registrato il
maggior incremento nelle spese militari a livello globale: Europa orientale +72%
e Asia Orientale +50%[vii].
Nell’ambito di un trend mondiale
espansivo, attestatosi al +19% nel decennio 2013-22, risultano soprattutto i
paesi alleati degli Usa, raccolti nella cosiddetta “Nato globale”, ad
evidenziare gli aumenti più consistenti: Canada (+49%), Australia (+47%), Corea
del Sud (+37%) e Giappone (+18%, con la politica di riarmo di Tokio che tuttavia
subisce un’accelerazione nei due anni successivi). Del tutto eccezionale la
situazione dell’Ucraina che nel decennio considerato, al cospetto di un +15%
della Russia, registra un aumento di ben +1.661%, il più imponente nella storia
delle rilevazioni del Sipra, sotto la politica di riarmo innescata dalla guerra
nel Donbass iniziata nell’aprile del 2014 e dalla contemporanea entrata in
pianta stabile della Nato nel paese nello stesso anno. Presenza pubblicamente
ammessa dallo stesso Segretario generale della Nato Jens Stoltemberg: il
sostegno a Kiev non è iniziato con l’invasione russa ma “nel 2014, nel
centro di addestramento di Yavoriv ho visto militari canadesi e statunitensi
addestrare quelli ucraini”[viii]. Confermando
come la Nato, anche nella sua accezione allargata, stia da anni implementando
una significativa politica di riarmo che sta pericolosamente innalzando il
livello delle tensioni internazionali, fino a sollevare minacciosi venti
guerra.
Dal Bric al Brics fino all’attuale Brics+
In questo primo quarto di secolo del nuovo millennio, il Bric, come
abbiamo analizzato[ix],
ha subito un importante processo evolutivo trasformandosi gradualmente da
aggregato geoeconomico in soggetto geopolitico, con l’assunzione di posizione
comune sullo scenario internazionale per la prima volta nel 2011, in occasione
della comune astensione di Russia, Cina, India e Brasile in merito alla
Risoluzione n. 1710 del Consiglio di Sicurezza Onu sull’intervento militare in
Libia.
Nello stesso anno, inoltre,
invitando la Repubblica Sudafricana ad unirsi al raggruppamento, viene assunta
la più nota denominazione di Brics. L’ingresso di quest’ultimo stato, che pur
essendo caratterizzato da minor rilevanza economica (espressa dal Pil totale), inferiore
peso demografico e maggiori disparità interne[x] rispetto
agli altri (tab. 1), venne motivato con fattori di carattere geografico
(fornire rappresentatività nel gruppo anche al continente africano) e storico-simbolico
per la pluridecennale lotta per l’abolizione dell’Apartheid, guidata da Nelson
Mandela dal carcere, emblema mondiale delle aspirazioni emancipatrici,
anticolonialiste e antirazziste dei popoli sottomessi.
Tabella 1: potenza, livello di sviluppo economico, popolazione nel 2023
(Fonte Fmi, vedi note) e assetto istituzionale e politico (agosto
20224) dei paesi Brics
Potenza, livello di
sviluppo economico, popolazione (anno 2023) e assetto politico-istituzionale (agosto 2024)
dei membri Brics
|
Stato
|
Pil
in mld $[xi]
|
Pil pro capite in $[xii]
|
Popolazione
in mln[xiii]
|
Struttura istituzionale
|
Presidente
Partito
politico e orientamento
|
Repubblica Popolare
Cinese
|
17.662 (2°)
|
12.510
|
1.430
|
Stato unitario Rep. socialista parlamentare
guidata dal Pcc
|
Xi Jinping
Partito comunista cinese
Estrema sinistra
|
Repubblica
dell’India
|
3.572 (5°)
|
2.500
|
1.410
|
Stato Federale
Rep. parlamentare
|
Narendra Modi
Partito: Bjp Nazionalista indù Destra
|
Repubblica
Federale del Brasile
|
2.174 (9°)
|
10.640
|
204,250
|
Stato Federale
Rep. presidenziale
|
Luis Inacio da Silva –
Partito: PT
Socialdemocratico
|
Federazione russa
|
1.997 (11°)
|
13.650
|
164,330
|
Stato Federale
Rep. semi presidenziale
|
Vladimir Putin Partito: Russia Unita Destra
|
Repubblica
Sudafricana
|
377,68
|
6.140
|
61,530
|
Stato Federale
Rep.
parlamentare mista[xiv]
|
Cyrille Ramaphosa
Partito: Anc Progressista
|
Partendo
da queste significative basi comuni, nel decennio successivo, il gruppo dei
Brics pur rimanendo un vertice auto-convocato, vale a dire al pari del G7 un
soggetto informale non dotato di statuto, ha compiuto significativi passi verso
l’integrazione, il coordinamento interstatale, e proceduto alla realizzazione
di istituzioni finanziarie alternative a quelle di Bretton Woods, Nuova Banca
di Sviluppo (Ndb) e Fondo di Riserva (Cra), creato progetti infrastrutturali
comuni e intensificato le relazioni commerciali[xv].
Come abbiamo già analizzato,
l’intensificazione della politica sanzionatoria da parte degli Usa degli ultimi
anni, in particolare contro Federazione Russa, Siria, Iran, Venezuela e Cuba e la
guerra dei dazi contro la Cina, ha finito per creare una frattura geoeconomica
e geopolitica a livello globale e impresso un significativo input sia al
processo di integrazione fra i paesi Brics, soprattutto economico, commerciale
e monetario, nel senso della dedollarizzazione, sia attirando l’attenzione di
una variegata gamma di paesi che hanno così avanzato richiesta di adesione.
Da inizio 2022, con le varie tranche di sanzioni contro la Russia (la
prima il 23 febbraio), l’escalation del conflitto in Ucraina (il 24 febbraio) e
il piano comunitario REPowerEu (18 maggio), i due processi in atto hanno
registrato una decisa accelerazione, portando al primo importante ampliamento
del raggruppamento delle potenze emergenti a livello mondiale del 1 gennaio
2024.
In quella data sono stati
ammessi, previa precedente richiesta, alcuni paesi alquanto eterogenei per consistenza
demografica, livello di sviluppo, potenza economica, caratteristiche della
struttura produttiva, nonché ruolo e orientamento geopolitico, quali Iran,
Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia (tab. 2), dando origine al nuovo
acronimo di Brics+. Con l’Arabia Saudita che, pur essendone stata accettata la domanda,
ad oggi non ha ancora provveduto a formalizzare l’ingresso ufficiale. Questione
in sospeso che troverà sicuramente risoluzione entro ottobre, allor che si
terrà l’annuale vertice dei Brics, quest’anno previsto a Kazan in Russia, vista
la presidenza a rotazione del gruppo assegnata a Mosca.
Tabella 2: potenza, livello di sviluppo economico, popolazione nel 2023
(Fonte Fmi, vedi note) e assetto
istituzionale e politico (agosto 20224) dei nuovi membri del Brics
Potenza, livello di
sviluppo economico, popolazione e assetto politico-istituzionale
Nuovi membri Brics anno 2023
|
Stato
|
Pil
in miliardi di $[xvi]
|
Pil pro
capite in
$[xvii]
|
Popolazione
in milioni[xviii]
|
Struttura
istituzionale
|
Capo
di stato
Partito
politico e orientamento
|
Emirati Arabi Uniti
|
504,17
|
51.910
|
9,710
|
Stato Federale
Monarchia assoluta elettiva con
Primo Ministro
|
Mohammed bin Zayed Al-Nayan (Abu Dhabi)
Primo Ministro:
Mohammed bin Rashid al Maktun (Dubai)
|
Repubblica islamica dell’Iran
|
403,53
|
4.660
|
86,550
|
Stato teocratico
Repubblica islamica
presidenziale
|
Guida Suprema:
Hayatollah Alì Khamenei (conservatore)
Presidente: Masoud Pezeshkyan (riformista)
|
Repubblica Araba d’Egitto
|
393,91
|
3.730
|
105,670
|
Stato Federale
Rep. semi presidenziale
(dittatura de facto)
|
Presidente golpista dal 2013: Abdel Fattah al-Sisi
Primo Ministro:
Mostafa Madbouly
|
Repubblica Federale Democratica d’Etiopia
|
159,75
|
1.510
|
105,710
|
Stato Federale
Rep. parlamentare
|
Presidente: Sahle-Uork Zeudé (indipendente) Primo
Ministro: Abiy Ahmed Alì (centro)
|
Ingresso
non ancora formalizzato
|
Regno dell’Arabia Saudita
|
1.070
|
32.530
|
32,820
|
Stato teocratico
Monarchia assoluta islamica priva di parlamento
|
Re: Salman
bin Abd al-Aziz al Saud
Primo
Ministro e Principe ereditario: Mohammad bin Salman al Saud
|
La semplificazione della contrapposizione G7 – Brics
a raffronto di potenza economica
Recentemente sono usciti su vari
siti e pubblicazioni cartacee una serie di articoli, per lo più di carattere
giornalistico, che, alla luce dell’ampliamento del raggruppamento in questione,
attuano un approccio analitico allo scontro geopolitico in atto a livello
globale fra gli Stati Uniti e i suoi alleati/subalterni contro le potenze
emergenti, che in un eccesso di semplificazione è stato, talvolta, ridotto al
confronto fra il G7 e i Brics, utilizzando come vedremo metodologie e strumenti
analitici non sempre appropriati e funzionali.
La contrapposizione geopolitica in atto poggia indubbiamente sulle
dinamiche geoeconomiche sottostanti dalle quali si evince come la traiettoria
di crescita delle potenze emergenti, per questioni fisiologiche legate alla
fase di sviluppo, come aveva previsto O’Neal, sia stata da inizio millennio nettamente
favorevole ai paesi del Brics. Questi ultimi infatti, in base ad un dossier del
Sole 24ore+ realizzato a beneficio degli investitori finanziari[xix], nel
2022 i paesi del G7 rappresentavano circa 770 milioni di abitanti e il 43% del
prodotto lordo mondiale mentre i Brics assommavano circa 3,4 miliardi di
persone realizzando il 27% della ricchezza annua prodotta a livello globale, in
netto aumento rispetto al 19,9% del 2012, dopo l’ingresso della Repubblica
Sudafricana[xx]
(grafico 1).
Grafico 1: evoluzione della quota di prodotto lordo mondiale di alcuni raggruppamenti di paesi
Le
differenti traiettorie di crescita fra le economie mature occidentali e quelle
emergenti in fase di sviluppo, per ovvi motivi, sono destinate a mantenersi
anche nei prossimi lustri, come ci confermano, anche per la fase contingente,
le previsioni per il 2024 dell’Economic Outlook del Fmi dell’aprile scorso
(infografica 1), determinando nel medio periodo un riequilibrio fra i due
raggruppamenti, con la prospettiva ultima di un futuro sorpasso da parte dei Brics+,
anche sulla scorta di ulteriori probabili ampliamenti.
Infografica 1: previsione economiche per il 2024 confronto stati G7-Brics+.
Fonte: Economic Outlook Fmi aprile 2024
Occorre, peraltro, specificare che ridurre la potenza geopolitica ed i
rapporti di forza dei due raggruppamenti ad una mera sommatoria della ricchezza
economica prodotta annualmente dai paesi membri potrebbe risultare fuorviante,
in quanto sussistono indubbiamente molteplici fattori da prendere in
considerazione, nel contesto di una situazione dinamica e complessa come lo
scacchiere internazionale attuale, per poter definire la potenza geopolitica di
un raggruppamento di stati.
In primis, dobbiamo tener
presente che i paesi occidentali evidenziano significativi aspetti comuni,
quali la democrazia cosiddetta liberale, il sistema capitalistico in versione
liberista, economie e sistemi finanziari integrati, un percorso storico
condiviso almeno dal secondo Dopoguerra, consolidate relazioni internazionali,
una stringente alleanza politico-militare (la Nato, ora nella versione globale)
e una postura geopolitica unitaria sotto l’indiscussa leadership statunitense.
Mentre per quanto riguarda i paesi emergenti, la situazione si presenta
alquanto eterogenea, salvo la comune rapida ascesa economica e la condivisione,
ad eccezione della Russia, dell’appartenenza al Sud economico e un passato più
o meno recente di subordinazione coloniale e/o neocoloniale. Eterogeneità sul
cui superamento il blocco del Brics sta da tempo lavorando con risultati
incoraggianti ma che, con il recente ampliamento, viste anche le
caratteristiche dei nuovi membri, ha indubbiamente assunto più rilevanti dimensioni
e innalzato il livello di complessità all’opera di creazione di un organismo
geopoliticamente compatto.
L’ampliamento alla sfida della creazione di un
soggetto geopolitico coeso
A supporto di quanto appena
esposto, troviamo alcuni fra i più attenti analisti, fra cui non solo Rodrigo
Rivas con cui il Giga si è a lungo confrontato, i quali prevedono che il futuro
dei Brics+ e le sorti dello scontro con l’egemonia occidentale a guida
statunitense nella ridefinizione degli assetti geopolitici globali su base
multilaterale, non si giochi tanto sulla quota di prodotto lordo mondiale annuo
che riusciranno a conseguire, quanto piuttosto sulla sfida dell’integrazione
interna al gruppo, in primis economica, commerciale, finanziaria e monetaria, e
soprattutto sulla capacità di coordinamento delle politiche internazionali
finalizzata alla creazione di un soggetto geopolitico coeso e capace di una
postura unitaria sullo scacchiere mondiale.
In merito alla complessità
dell’interpretazione delle politiche internazionali risulta paradigmatica
proprio la vicenda dell’Arabia Saudita. Infatti, se Riyad ha recentemente
compiuto decisi passi in avanti verso il multilateralismo (vedi l’accordo con
Teheran mediato da Pechino del marzo 2023[i]) e la
dedollarizzazione della commercializzazione del petrolio[ii], favorita
anche dalla scadenza nel giugno scorso del cinquantennale accordo con la Casa
Bianca del 1974 sui cosiddetti petrodollari[iii], sul
piano geopolitico, non ha ancora reso effettivo l’ingresso nei Brics+ e
attualmente si sta trovando in fase di definizione di un nuovo accordo di
Partenariato strategico con gli Stati Uniti incentrato su un Patto di reciproca
difesa[iv].
L’orientamento geopolitico dell’Arabia Saudita, in questa fase,
evidenzia una strategia tesa alla diversificazione delle relazioni e al
superamento del tradizionale ruolo di storico e principale alleato statunitense
nel contesto del mondo arabo-islamico. Un riposizionamento di linea strategica
indotto anche dalla minor importanza assegnata dagli Stati Uniti negli ultimi
anni all’area mediorientale, a vantaggio dell’Europa orientale e dell’Asia-Pacifico,
a seguito del raggiungimento dell’autosufficienza energetica. Quest’ultima conseguita
grazie al repentino sviluppo a partire dal 2011 dell”estrazione dello shale oil e dello shale gas, fino a divenire nel 2022 primo produttore mondiale di
greggio[v] e
quarto esportatore dopo Arabia Saudita,
Russia e Canada[vi].
Il parziale allentamento dell’alleanza strategica con Washington, è
chiaramente emerso in occasione del varo, nell’agosto del 2020, dei cosiddetto “Accordi
di Abramo”[vii],
fortemente voluti dall’amministrazione Trump col fine di stabilizzare il Medio
Oriente e compattare i suoi alleati in funzione anti iraniana tramite la
normalizzazione delle relazioni diplomatiche fra Israele e gli stati arabi filo
occidentali, in primis per importanza geopolitica le Petromonarchie del golfo e
fra queste l’Arabia Saudita in particolare. Tuttavia, Riyad, al contrario degli
Emirati Arabi Uniti e del Bahrein, ai quali si sono successivamente aggiunti Marocco
e Sudan, non ha ancora proceduto alla sottoscrizione degli stessi, in quanto il
cosiddetto “Accordo del secolo” avrebbe previsto l’applicazione della
legge israeliana su tutti i Territori Palestinesi Occupati o in alternativa
l’annessione definitiva di circa il 30% della Cisgiordania. Condizioni capestro
che di fronte ad un prendere o lasciare, portarono al netto rigetto da parte
dei palestinesi, influenzando in tal modo l’iniziale rifiuto e il successivo
temporeggiamento da parte saudita.
Accordi di Abramo che, seppur nei
progetti di Trump avrebbero dovuto porre fine alla perdurante instabilità
mediorientale, implementando un’alleanza fra Israele e gli stati arabi suoi
alleati (il cosiddetto “volto nuovo del Medio Oriente”), si sono in
realtà rivelati un clamoroso fallimento rispetto alla formazione di una
coalizione mediorientale in funzione anti iraniana, a causa del già citato
accordo fra Teheran e Riyad. E soprattutto in qualità di principale causa dell’attacco
sferrato dalla resistenza palestinese il 7 ottobre scorso come ultimo disperato
tentativo di interrompere la traiettoria di avvicinamento di Riyad alla
sottoscrizione dei suddetti Accordi che avrebbe messo una pietra tombale sulla
pluridecennale lotta palestinese contro l’occupazione e per la propria liberazione
nazionale[viii].
L’Arabia Saudita sotto la spregiudicata guida del Principe reggente,
Mohammed bin Salman impegnato a governare col pugno di ferro accentrando un
enorme potere interno, sta implementando da alcuni anni una politica
internazionale volta a fornire nuova centralità all’area del golfo Persico e a
renderla sempre più influente nel contesto dei nuovi equilibri internazionali
che si stanno delineando, anche a seguito del crescente ruolo del Brics[ix].
Riyad, negli ultimi anni, ha
infatti sviluppato un considerevole interscambio commerciale con Pechino,
mantiene rapporti stabili con Mosca e una salda alleanza, seppur non priva di
criticità e di ondeggiamenti, con Washington. Ed in virtù dello status di
principale potenza geoeconomica e geopolitica del mondo arabo, sta cercando di
ritagliarsi un ruolo autonomo in qualità, sia di potenza macroregionale, che di
paese emergente a livello globale, al fine di perseguire in maniera più efficace
il proprio interesse nazionale (carta geopolitica 1).
Carta geopolitica 1: le relazioni geopolitiche e geoeconomiche ed i progetti dell’Arabia Saudita
Conclusioni
Le strategie internazionali attuate da Riyad negli ultimi anni, pongono
indubbiamente in evidenza alcune criticità del progetto geopolitico dei Brics a
causa delle problematiche che possono scaturire dalla crescita di ruolo del
raggruppamento, derivanti dall’indeterminatezza delle politiche internazionali
dei singoli stati e da mutamenti di visione strategica conseguenti
all’alternarsi di governi di orientamento diverso, soprattutto dei nuovi
entrati e degli aspiranti membri.
Abbiamo già avuto occasione di rilevare come anche nel contesto dei Brics originari, sussistessero
situazioni contraddittorie e di criticità come l’appartenenza dell’India,
insieme a Stati Uniti, Australia e Giappone, al Dialogo Quadrilaterale di sicurezza
(Quad), l’alleanza strategica creata con lo scopo di contenere le velleità
espansionistiche cinesi in Asia orientale, sud-orientale e meridionale e che ha
portato alla coniazione del neologismo geopolitico di Indo-Pacifico da parte di
Washington per indicare la cintura interoceanica di contenimento di Pechino, posta
sotto il proprio dominio marittimo, grazie anche alla presenza di numerosi
alleati[i].
Come d’altronde aveva fatto
riflettere in merito a tali rischi, il repentino dietrofront dell’Argentina,
sotto il riposizionamento geopolitico intrapreso dal neopresidente,
l’iperliberista di estrema destra Javier Milei, il quale in rotta di
avvicinamento a Washington, ha comunicato il 28 dicembre scorso, a soli 3 giorni
dall’ingresso, il proprio ritiro.
In considerazione di quanto analizzato riteniamo che la sfida del
coordinamento e dell’omogeneizzazione delle politiche internazionali degli
stati membri costituisca la sfida principale per il futuro dei Brics+ nel progetto
di perseguimento della ridefinizione delle relazioni internazionali su base
multilaterale, un’opera a nostro avviso probabilmente più complessa rispetto
all’obiettivo dell’integrazione economica.
Questione fondamentale, per il
futuro ruolo dei Brics+, della quale i paesi fondatori sono perfettamente
consapevoli e alla cui risoluzione si stanno impegnando istituendo vertici,
riunioni e forum a cadenza regolare in merito al coordinamento delle politiche
internazionali come dimostra la riunione dei ministri degli esteri dei paesi
Brics a Nyzhny Novogorod in Russia il 10 e l’11 giugno scorso. Nel cui ambito
si è tenuta anche la sessione dei Brics+ al quale hanno partecipato i ministri
degli esteri di oltre 20 paesi, oltre ai membri anche alcuni aspiranti, durante
la quale è stato discusso della fase di cambiamento che sta interessando le
relazioni internazionali in relazione alla formazione di un ordine mondiale
equo e multipolare.
La strada verso la ridefinizione delle relazioni internazionali
sembrerebbe essere stata razionalmente tracciata ma i vertici dei paesi
fondatori sono coscienti che il percorso non sarà né breve né agevole e che le
possibilità di successo passano inevitabilmente dal far procedere
parallelamente gli ampliamenti con l’integrazione economica e la coesione
geopolitica.
Per questo non è forse casuale
che, nonostante la trentina di domande di adesione pervenute[ii], alcuni
maggiorenti del gruppo hanno dichiarato che prossimi ingressi non sono previsti
a breve termine, pur continuando a tessere la tela diplomatica con i paesi
aspiranti anche invitandoli a partecipare ai vertici e alle riunioni[iii],
soprattutto quelle tematiche e settoriali.
Andrea Vento – Gruppo Insegnanti
di Geografia Autorganizzati (Giga)
10 agosto 2024
[i] Vedi saggio: Le nuove alleanze militari di
Washington nell’area Asia-Pacifico (inserire il link)
[ii] Brics
avanti tutta: 30 nuovi paesi pronti ad aderire nel 2024. E Russia e Iran
abbandonano lo Swift
[iii] Dmtry
Peskov: “Accogliamo con favore l’interesse della Turchia per i
Brics”: “Naturalmente, questo interesse sarà all’ordine del giorno
del vertice Brics sotto la presidenza russa. Questa organizzazione potrebbe non
essere in grado di soddisfare tutti gli interessi di tutti i paesi che
desiderano partecipare, ma il Brics è favorevole a mantenere i contati con
tutti gli stati che mostrano interesse”.
[i] Iran:
l’accordo con Arabia Saudita dà respiro all’amministrazione Raisi
[ii] Petroyuan
in rampa di lancio
L’Arabia Saudita sta facendo tremare il sistema del
petrodollaro
[iii] “Nel 1974 statunitensi e sauditi raggiunsero il seguente accordo: i
primi promisero attrezzature militari e protezione ai secondi, i quali si
impegnarono nel vendere il petrolio in dollari, investendo buona parte della
rendita mineraria (petrolifera, ndr) così ottenuta nell’acquisto di titoli del
Tesoro Usa, al fine di finanziarne i crescenti deficit fiscali”. Tratto da
:
//www.analisidifesa.it/2024/07/decade-laccordo-fra-stati-uniti-e-arabia-saudita-per-il-pagamento-del-petrolio-in-dollari/
articolo che contiene altre indicazioni interessanti in merito.
[iv] Per
approfondimenti sull’accordo Usa-Arabia Saudita in fase di definizione
consultare:
[v]
Petrolio, la classifica dei 20 più grandi esportatori mondiali
[vi]
Petrolio, ecco i dieci che ne esportano di più al mondo
[vii]
Accordi di Abramo la cui denominazione ufficiale è in realtà “Peace to
propserity”.
[viii] Più
vicino la normalizzazione Israele-Arabia Saudita.
[ix] Per
approfondire le politiche internazionali dell’Arabia S: Saudi vision 2030: le
aspirazioni geopolitiche di Riad
https://www.geopolitica.info/saudi-vision-2030-arabia-saudita/
Note
[i] Vedi saggio: L’ampliamento
dei Brics ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti
internazionali – Parte I (inserire il link)
[ii]
Popolazione molto consistente, territorio particolarmente esteso, abbondante
disponibilità di risorse naturali, condizione di economie in fase di sviluppo
con forti prospettive di crescita sia della ricchezza prodotta che del volume
del commercio internazionale.
[iii]
Occidente globale assioma geopolitico che comprende i paesi della Nato e i suoi
alleati soprattutto asiatici, oltre ad Israele, Australia, Nuova Zelanda, Corea
del Sud e Giappone, questi ultimi tutti presenti al vertice Nato di Washington
[iv] Un documento
dell’intelligence Usa delinea “le minacce” del 2024
[v] La Cina
: la nuova “sfida sistemica della Nato”
[vi] Vedi
saggio: Le
crescenti tensioni lungo la frattura geopolitica fra la zolla cinese e quella
statunitense all’interno dell’area Asia-Pacifico (inserire il link)
[vii] Vedi saggio: Le nuove alleanze militari di
Washington nell’area Asia-Pacifico (inserire il link)
[viii]
Guerra Ucraina, Stoltemberg: “Nato addestra esercito di Kiev dal 2014”
[ix] Vedi saggio:
L’ampliamento dei Brics
ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti internazionali –
Parte I
[x]
Nigrizia: Il Sudafrica si conferma il pese con più disparità al mondo.
www.nigrizia.it/notizia/sudafrica-disparita-banca-mondiale.
[xi] Datamapper
del Fmi: https://www.imf.org/external/datamapper/NGDPD@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD
Il valore della Cina non comprende Honk Kong (376,97
mld $) e Macao (47,06 mld $) che sono calcolati separatamente
[xii]Datamapper
del Fmi: https://www.imf.org/external/datamapper/NGDPDPC@WEO/ZAF/BRA/RUS/CHN/IND
Il valore della Cina non comprende Honk Kong (53.610 $)
e Macao (78.960 $) che sono calcolati separatamente
[xiii] Datamapper
del Fmi: https://www.imf.org/external/datamapper/LP@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD
[xiv] Nelle
repubbliche parlamentari miste il presidente viene eletto dal parlamento o da
esso dipende e svolge anche funzione di capo del governo.
[xv] Vedi saggio:
L’ampliamento dei Brics
ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti internazionali –
Parte I (inserire il link)
[xvi]
https://www.imf.org/external/datamapper/NGDPD@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD
Il valore della Cina non comprende Honk Kong (376,97
mld $) e Macao (47,06 mld $) che sono calcolati separatamente
[xvii] Datamapper
del Fmi: https://www.imf.org/external/datamapper/NGDPDPC@WEO/ZAF/BRA/RUS/CHN/IND
Il valore della Cina non comprende Honk Kong (53.610 $)
e Macao (78.960 $) che sono calcolati separatamente
[xviii] Iran:
l’Accordo con l’Arabia Saudita da respiro all’amministrazione Raisi
Datamapper del Fmi: https://www.imf.org/external/datamapper/LP@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD
[xix] Vedi
tabella 3 del Saggio “Economia di guerra V. Lo scontro strategico per
l’egemonia globale sospinge l’aumento delle spese militari” (inserire il link)
[xx] Vedi
tabella 1 saggio: L’ampliamento dei Brics
ulteriore passo in avanti nella ridefinizione degli assetti internazionali –
Parte I (inserire il link)