Quello che è successo per la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane si ripete all’indomani della sconfitta del centro-sinistra alle elezioni regionali Umbre.
Non oso paragonare la portata degli eventi, sia chiaro, ma cerco di rappresentare una tendenza dei liberal di tutto il mondo a seguito di batoste elettorali. Questa tendenza, cioè di attribuire il significato delle sconfitte a fattori esterni – fake news, strumenti di propaganda per così dire “scorretti”, finanziamenti di potenze straniere – ha un triplice significato.
Il primo è quello di rafforzare le politiche neo-liberali e renderle indiscutibili. La relazione tra politiche tendenti alla privatizzazione della sfera pubblica, alla deflazione salariale, alla disoccupazione definita “congenita”, a quella che Federico Caffé definiva la spirale neo-liberista, e la reazione popolare deve essere esclusa a priori.
Solo pochi giorni fa Romano Prodi ha candidamente ammesso che lo smembramento dell’IRI punto di partenza delle politiche di privatizzazione in Italia, fu commissionato dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sotto dettatura delle strutture dell’Unione Europea. In due parole ha ammesso che il progetto europeo prevedeva una precisa strategia per il nostro paese e che la sovranità nazionale era di fatto compromessa. Sostanzialmente ha definito, senza volerlo, un colpo di stato.
Ma all’interno del dibattito pubblico è pressoché vietato mettere in relazione l’avvio di determinate politiche che hanno determinato il progressivo impoverimento della popolazione, la riduzione degli spazi democratici, l’attacco ai diritti dei lavoratori con la trasformazione genetica della sinistra, la quale si è ridotta a protettrice degli interessi del grande capitale. Ragion per cui le classi popolari non possono più votarla. E che difatti non votano.
La seconda motivazione è convincere i militanti di “sinistra” che l’analisi della società, lo studio, l’impegno, la critica sociale siano passatempi obsoleti, novecenteschi e che soprattutto non servano a nulla. Più importante è la relazione tra marketing, strategie di comunicazione, campagne pubblicitarie e risultato elettorale.
All’indomani delle elezioni umbre mi sono imbattuto in una discussione di militanti “di sinistra” i quali discutevano delle ragioni della sconfitta. Nello scorrere i commenti notavo la solita vena auto-assolutoria e soprattutto indicazioni di strategia futura in linea con l’idea della politica ridotta a componente della società dello spettacolo – messaggio poco moderno, poco spazio alle donne e tutto l’armamentario tipico degli ultimi anni.
In uno slancio di masochismo e preso da ingenuo impeto ho consigliato ai partecipanti la lettura del testo di Dardot e Laval “La nuova ragione del mondo” – ne avrei potuti consigliare molti altri – il quale spiega da un punto di vista storico-filosofico l’avvento dell’ideologia neo-liberale e il suo carattere totalitaristico ma soprattutto indica i motivi per cui la sinistra sia diventata nel tempo il guardiano degli interessi del grande capitale. Il tentativo era di far comprendere che i risultati elettorali dipendono in primo luogo dalle condizioni socio-economiche delle persone.
La reazione più significativa per i tempi che corrono arriva dalla risposta di un mio stretto conoscente, renziano di ferro, il quale consiglia a sua volta, e per contrasto, il noto romanzo d’avventura “Shantaram” – libro tra l’altro appassionante – con l’intento appunto di far apparire la lettura di un testo di critica politica assolutamente inutile.
L’intento ironico nasconde il tentativo di riportare la discussione al classico dibattito che viviamo in un’era di completa de-politicizzazione della società: battutismo da talk-show, velata indicazione di complottismo per chi solo osa affermare che la politica non ha alcun significato se non si occupa dello scontro di classe; dall’altro emerge la voglia di ridicolizzare qualsiasi pensiero critico e di certificare l’ormai irreversibile “fine della storia”.
L’episodio che a ben ragione qualcuno potrebbe rubricare a qualcosa di insignificante determina al contrario un risultato specifico del potere neo-liberale. L’assuefazione dell’essere umano ai dispositivi di comando del neo-liberalismo. Questa omogeneizzazione, l’idea che il Potere sia immutabile, ciò che Gramsci chiamava “sciocco determinismo”, rappresenta l’elemento centrale su cui fa leva il capitale per la raccolta del consenso di massa.
Oggi questi dispositivi non vengono dettati direttamente dai governanti ma sono distribuiti equamente tra strateghi della comunicazione, tecnocrati, giornalisti, sacerdoti dell’ideologia spettacolarizzata del disimpegno, accademici relativisti, economisti convinti delle capacità taumaturgiche del libero mercato, i quali sembrano non imporre alcuna opinione ideologica ma che in realtà compongono l’apparato centrale del pensiero unico neo-liberale.
Si rimanda alla differenza descritta da Philippe Muray tra Consenso duro e Consenso molle. Il primo, proprio delle strutture di potere totalitarie classiche, non ha mai ridicolizzato la critica. L’ha combattuta anche con la repressione violenta, ma non ha mai impedito, si pensi al fascismo, all’oppositore di diventare un eroe.
Oggi il Consenso molle, proprio della società spettacolarizzata, impedisce questo esito. La critica viene resa innocua. Non serve il Governo per escluderla dal dibattito. Sono gli stessi individui, soprattutto quelli politicizzati, che tendono a ridicolizzarla perché sono loro stessi che hanno ormai interiorizzato i meccanismi di riproduzione del consenso neo-liberale. Il cosiddetto “popolo della sinistra” si pone all’avanguardia di questo meccanismo nel momento in cui rifiuta qualsiasi ragionamento complesso.
Il terzo intento è quello di limitare la libera circolazione delle idee. Far apparire oggi come pericolosi determinati mezzi di comunicazione significa giustificare in seguito la messa al bando di vere e proprie organizzazioni politiche.
Il tutto sarà giustificato dal fatto che a mettere all’indice determinate opinioni saranno piattaforme private. Il privato insomma può tutto. In realtà il privato non ha un potere illimitato soprattutto se la proprietà privata – in questo caso di contenitori che sono diventati veicoli di trasmissione del pensiero – assume un ruolo di rilevanza pubblica.
Si arriverebbe alla contraddizione per cui mentre lo Stato ammette formalmente determinate forze politiche per raffigurare una manieristica vita democratica il privato le esclude dai mezzi di comunicazione.
Ma gli alibi si scontrano con le reali condizioni di vita delle persone. Di fronte alla perdurante crisi economica non avranno vita lunga.
Photo #: 259232
Date Taken: 11-26-1952
Description: 3-D Movie Viewers. Formally-attired audience sporting 3-D glasses during opening night screening of film “Bwana Devil,” the 1st full-length
color 3-D (aka “Natural Vision”) motion picture, at Paramount Theater.
City: HOLLYWOOD
State: CA
Country: US
Photographer: J. R. EYERMAN/TimePix