L’ex capobastone missino, ora Presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha dichiarato che si farà carico di organizzare una manifestazione di soli uomini per sensibilizzarli sul problema del “femminicidio” e della violenza contro le donne perché – ha spiegato – “siamo noi uomini che dobbiamo prendere coscienza del problema perché il femminicidio è una questione degli uomini”. “Se un genitore vede il figlio che manca di rispetto a una ragazza ha soggiunto – penso che debba tiragli un ceffone, forte. Se lo ricorderà”.
Le sue parole hanno naturalmente trovato il plauso immediato delle “opposizioni”, PD e M5S in testa. Alessandra Maiorino (M5S) ha dichiarato che “sono gli uomini che devono mettersi in discussione, tutti, non solo quelli violenti e per questo – ha spiegato – è necessario introdurre l’educazione (rieducazione?…) emotiva e sessuale nelle scuole”. Le ha fatto eco la senatrice del PD Valeria Valente per la quale “il tema della violenza maschile sulle donne è infatti culturale e attiene alla sperequazione di potere e ai rapporti asimmetrici tra uomini e donne in una società maschilista”.
Non da meno la Bonino che ha sottolineato come “sia necessario coinvolgere gli uomini, d’altra parte non siamo mica noi donne ad andare in giro con la sega elettrica per ammazzare qualcuno” (sic). Rincara la dose l’immancabile Laura Boldrini che ci ricorda che “Se vogliamo uscire da questa degenerazione occorre che cambi la mentalità patriarcale degli uomini per la quale la donna è mia e ne faccio ciò che voglio fino a maltrattarla e ucciderla se lei si oppone alla mia volontà”.
Il solo punto di dissenso da parte delle rappresentanti dell’opposizione è stato sui “ceffoni” perché – hanno sostanzialmente spiegato – non è con i ceffoni che si educa ma, appunto, con l’educazione (leggi rieducazione) nelle scuole e nelle famiglie. Quindi un no ai ceffoni ma un sì convinto alle strette repressive che lo stesso governo Meloni ha già messo a punto in questi giorni.
Le parole di La Russa confermano ciò che già sapevamo da tempo. L’ideologia femminista e neofemminista affonda le sue radici nella “sinistra” liberal e radical post comunista, post socialista e post movimento operaio ma è da molto tempo ormai politicamente trasversale. Sotto accusa, come si evince chiaramente dalle dichiarazioni di cui sopra, non sono soltanto gli uomini violenti ma l’intero genere maschile, ritenuto colpevole e responsabile di ogni forma di violenza e in particolare di quella sulle donne. E’ nel genere maschile – secondo la narrazione ufficiale (che è quella femminista) – il gene della violenza. Questa concezione apertamente sessista attraversa trasversalmente ogni posizione politica e ideologica, dall’estrema destra all’estrema “sinistra”, anche quella cosiddetta “antagonista”, passando per tutto il carrozzone liberale e neoliberale. E’ evidente che si tratta di un mattone fondamentale dell’ideologia neoliberale dominante nel mondo occidentale da una quarantina d’anni a questa parte e soltanto gli sprovveduti non lo hanno capito mentre gli opportunisti fingono di non capirlo. Si tiene artificialmente in vita il cadavere del patriarcato, elevato ad una sorta di sempiterno feticcio, altrimenti se si dichiarasse la sua morte l’intera impalcatura ideologica franerebbe rovinosamente con due fondamentali conseguenze.
La prima. Intere carriere, accademiche, giornalistiche, politiche, manageriali, costruite su tale narrazione, perderebbero di ogni autorevolezza e funzione, e una pletora di persone appartenenti alle elite (le quote rosa sono per i cda e per i parlamenti, non certo per lavorare come commesse nei supermercati o come operaie nelle fabbriche) rischierebbe di perdere ruolo e stipendio.
La seconda, e ben più importante. La più grande e divisiva tra le guerre orizzontali fra poveri, quella delle donne contro gli uomini (le altre sono quelle fra autoctoni e immigrati e fra giovani vs anziani/pensionati) verrebbe meno, e il sistema non può permetterselo. Del resto, cosa c’è di più funzionale per le classi dominanti e per il capitale di una ideologia “progressista e di liberazione” che individua il nemico nel genere maschile e nel fantasma del patriarcato?
Per questa ragione i riflettori sono perennemente accesi solo e soltanto sulla violenza subìta dalle donne da parte degli uomini e mai su tutte le altre forme di violenza. Silenzio assoluto su quella subìta dagli uomini da parte delle donne* e, soprattutto, da parte di altri uomini che, in proporzione, numeri degli omicidi alla mano, è almeno tre volte tanto quella subìta dalle donne da parte degli uomini. Appena un pochino meno silenziata è quella subìta dai minori e dagli anziani, che è agita in larghissima parte anche e soprattutto dalle donne non perché più “cattive” degli uomini, ovviamente, ma perché più di questi ultimi sono a contatto con i bambini in quanto madri, maestre, insegnanti, badanti, baby sitter, colf, operatrici d’asilo e quant’altro. Del tutto occultato è poi il fenomeno, prevalentemente femminile, dell’infanticidio e quello della violenza delle donne contro altre donne (il 20% circa degli omicidi di donne sono commessi da donne).
Niente da fare. La violenza è e deve essere maschile per definizione e tale dovrà restare, nei secoli dei secoli. Per ogni uomo che uccide una donna – queste le proporzioni stando ai numeri – ci sono centinaia di migliaia di uomini mandanti e moralmente responsabili, perché beneficiari della cultura patriarcale e maschilista che – questo il postulato al quale ha aderito anche un vecchio catenaccio post fascista come La Russa – li pone nella condizione di considerare una donna come un oggetto di loro proprietà e di farne ciò che vogliono.
Il fine di questo falso e abominevole assioma ideologico è quello di colpevolizzare per l’eternità l’intero genere maschile (fine pena mai…) e nello stesso tempo mantenere in vita una narrazione che assicuri la pace sociale per il capitale e per le classi dominanti. Gli sforzi del femminismo cosiddetto “intersezionale” o sedicente “di classe” per tentare di smarcarsi dal femminismo neoliberale dominante sono patetici. Anche il femminismo “intersezionale” infatti continua a considerare l’attuale società capitalista dominata dalla cultura patriarcale, e questo, oltre ad essere ormai privo di ogni reale fondamento lo rende ancor più innocuo, organico alla narrazione neoliberale e funzionale al capitale.
Svelare la trappola che si cela dietro questa ideologia è uno dei compiti fondamentali di tutti coloro che hanno a cuore il superamento dell’attuale sistema di potere.
*Tutti sanno chi è Lucia Annibali, acidificata dall’ex che sta giustamente scontando la pena a vent’anni di reclusione, poi eletta al parlamento con il PD e insignita con l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica dall’allora Presidente Napolitano, ma nessuno conosce Rosario Almiento, ucciso alcuni anni fa a Brindisi dalla moglie con la stessa tecnica dell’acidificazione, la quale è stata assolta per essere stata riconosciuta incapace di intendere e di volere. La notizia dell’acidificazione di Almiento fu pubblicata su un giornale locale e solo dopo la sua morte avvenuta dopo circa un mese di atroci sofferenza, la notizia fu data, nelle cronache locali, da alcuni quotidiani nazionali. Invito a riflettere su cosa sarebbe accaduto a parti invertite…
Fonte foto: da Google