La sinistra neoliberale non riuscirà a salvarci


LFazi editore, due anni or sono, con prefazione di Vladimiro Giacchè, ha pubblicato il libro di Sahra Wagenknecht  “Contro la sinistra neo liberale”. L’autrice, uscita da Die Linke insieme ad altri parlamentari e attivisti, ha dato vita ad una nuova organizzazione politica:   BSW – Per la ragione e la giustizia.

Il libro è stato recensito nel nostro paese da autori e critici autorevoli e quindi non staremo a ripeterci, è un testo vivamente consigliato a chi non abbia pregiudizi e verità precostituite, per quanti vogliano un reale confronto e non la cancel culture, a chiunque pensi non basti avere una buona lettura della realtà senza il coraggio di operare scelte conseguenti.

Sarah Wagenknecht inizia il suo libro con un capitolo dedicato alla emorragia di consensi popolari alle organizzazioni politiche comuniste; oggi la sinistra riscuote voti e riconoscimento in una classe media, colta, informata, assai incline a considerare la Ue come ambito privilegiato o a ritenere la svolta green un cavallo di battaglia sul quale puntare, al contrario invece i ceti popolari votano in buona parte a destra con la sola (parziale) eccezione della Francia.

La prima domanda alla quale rispondere è per quale ragione un elettorato popolare a partire dagli anni ottanta si sia spostato in massa verso posizioni di destra; la risposta diffusa è che davanti alla immigrazione di massa il popolo abbia assunto posizioni razziste, nazionaliste se non proprio xenofobe e reazionarie.

Una tesi assai diffusa ma errata, non si analizza la ragione di questo spostamento epocale comprensibile con la insoddisfazione delle classi subalterne e della loro certezza che nessuno ormai voglia difendere i loro interessi. Veniamo da anni di mancato confronto nelle realtà sociali e lavorative, è scontato prendersela con l’anello debole della catena produttiva  o con gli immigrati, o con i fannulloni della Pubblica amministrazione, posizioni destinate a riscuotere successo.

L’avvento della Ue è stato il cavallo di Troia della sinistra, la scusa per abbandonare politiche nazionali favorendo invece i processi di delocalizzazione produttiva e le privatizzazioni, processi che hanno finito con il ripercuotersi negativamente sulle condizioni di vita delle classi meno abbienti.

La liberalizzazione dei mercati finanziari, la ricerca del profitto e della crescita, la cultura del merito e della produttività sono ormai punti fermi del programma politico delle sinistre moderate e le varie desistenze e accordi elettorali con le stesse da parte delle residue formazioni comuniste ha finito con l’aprire una voragine tra movimento comunista e classi popolari.

Il problema non è solo fermare le destre ma salvarsi dal neo liberalismo di sinistra e da quei valori culturali ed etici che va da tempo affermando. Prendiamo ad esempio i Pacchetti sicurezza e le logiche securitarie, siamo certi che oggi non ci sarebbe il decreto 1660 senza  anni di caccia alle streghe contro i facchini della logistica, gli occupanti di case, gli homeless, i movimenti sociali o ambientalisti.

All’indomani dell’ingresso nella Ue, e della vittoria elettorale democratica negli Usa, parliamo dei primi anni del secolo,  abbiamo assistito alla riduzione degli aiuti sociali, al depotenziamento del welfare, all’innalzamento dell’età previdenziale, al progressivo svuotamento di sanità e previdenza pubblica. 

Sono fatti incontrovertibili rispetto ai quali aprire una riflessione dovrebbe essere non solo utile ma doveroso.

In ambito lavorativo tanto il centro sinistra italiano quanto la socialdemocrazia tedesca si sono mossi per ridurre tutele collettive ed individuali, hanno precarizzato il lavoro favorendo il ricorso ad appalti e subappalti, la brutalità economica del sistema capitalistico ha mietuto vittime proprio nelle classi popolari, i ceti senza cultura e con lavori umili e assai poco gratificanti e pagati. E a difendere questi ceti popolari non c’era nessuno regalandoli alla propaganda di destra.

Se pensiamo al Pacchetto Treu e alla Legge Biagi, sono proprio queste scelte ad avere precarizzato il lavoro indebolendo il potere di acquisto dei salari, se estendiamo il ragionamento alle regole contrattuali è palese la perdita del potere di contrattazione con i sindacati tradizionali trasformatisi in piazzisti dei fondi previdenziali e della sanità integrativa, fautori della limitazione del diritto di sciopero

Fare i conti con la realtà è quasi sempre scomodo e non indolore, eppure questi sono i nodi irrisolti da 30 anni ad oggi; una sinistra che salita al potere ha optato per scelte impopolari sottoscrivendo tutti i patti di austerità salariale e di contenimento della spesa pubblica, i dettami di Maastricht hanno determinato la riscrittura anche delle Carte costituzionali con l’obbligo del pareggio di Bilancio.

Anche sul piano fiscale il ragionamento è analogo, la riduzione delle aliquote fiscali avvenuto in 40 anni e sostenuto tanto dal centro destra quanto dal centrosinistra ha spianato la strada alla tassa piatta per gli autonomi e agli sgravi fiscali venduti come aiuto ai salari.

Cosa avremmo dovuto invece fare? Lottare per aumenti salariali adeguati all’aumento del costo della vita, opporci all’aumento dell’età pensionabile e non assumere posizioni compatibili con il neoliberalismo economico per il quale le privatizzazioni e l’aumento delle spese militari sono scelte ineluttabili come anche l’aumento dell’età pensionabile ormai giunta alle soglie dei 70 anni.

Recentemente l’ex ministro Fornero ha sostenuto che in Italia si va in pensione tardi perchè iniziamo a lavorare con almeno 10 anni  di ritardo rispetto a quanto avviene in altri paesi Ue.

Chiediamoci la ragione di questa situazione, siamo il paese con il più elevato numero di lavoratori e lavoratrici part time, le ore lavorate si riducono nel tempo, i contratti precari e part time assicureranno un domani assegni previdenziali da fame, intere aree del paese presentano elevate percentuali di disoccupati soprattutto tra gli under 30. Davanti a questa situazione quali sono le risposte politiche e sociali? Sgravi fiscali equamente ripartiti tra lavoratori e imprese, aiuti a fondo perduto alle aziende libere di accumulare profitti con la bassa occupazione.

Siamo certi di non condividere tutte le idee di Sahra Wagenknecht ma i suoi scritti inducono a riflettere ciascuno di noi, basta avere una mente aperta e senza condizionamenti politically correct, fuori dal perbenismo delle idee diffuse a sinistra che ormai rappresentano una oppressione culturale per farci sposare tesi e posizioni diametralmente opposte agli interessi delle classi subalterne.

Chiudo sulla Ue. Diamo per scontato che l’assetto politico del vecchio continente sia quello giusto e la centralizzazione delle decisioni dirimenti nelle mani di una burocrazia ristretta possa tutelare i nostri reali interessi?

Parlare di democrazie sovrane è forse un cedimento a quel sovranismo assunto come cavallo di battaglia delle destre o invece afferma l’idea di una Europa che non si presti a progetti di guerra, che  sappia invece cooperare, senza rivalità e senza ostilità?

Proviamo quindi a rimetterci in discussione, facciamolo in fretta senza cedere a ricatti etici e morali, senza scimmiottare le politiche culturali neoliberali statunitensi; sarebbe un buon inizio.

Fonte foto: da Google

2 commenti per “La sinistra neoliberale non riuscirà a salvarci

  1. Giulio Bonali
    2 Settembre 2024 at 16:10

    Chiudere gli occhi di fronte a verità spiacevoli é sempre sbagliato e foriero di eventi ancor più disastrosi.
    Ora é vero che le (sedicenti, per quanto mi riguarda) “sinistre” occidentali e in particolare europee sono passate da gran tempo incondizionatamente dalla parte del padronato monopolista finanziario cosmopolita e -fra l’ altro- approfittano dell’ immigrazione dai paesi poveri di Asia, Africa e altre parti del mondo (causate dalle loro politiche biecamente e brutalmente imperialistiche) per peggiorare a loro vantaggio le condizioni di vita dei lavoratori dei loro (e nostri) paesi.
    Ma ciò non toglie che, anche e forse soprattutto per questo, fra gli stessi proletari e lavoratori sfruttati dei nostri paesi stiano effettivamente, per davvero estendendosi “posizioni razziste, nazionaliste se non proprio xenofobe e reazionarie”.
    Le quali sono da comprendere nella loro genesi e sviluppo, ma anche da non giustificare bensì combattere (intelligentemente, non stupidamente, com’ é ovvio), non essendo affatto fatalisticamente “scontata” una siffatta deriva reazionaria fra le masse lavoratrici e popolari in risposta alla deriva non meno reazionaria delle ex e/o sedicenti “sinistre” politiche.

    E per combatterle e per favorire una presa di coscienza diffusa delle cause reali e dei reali rimedi effettivi della devastazione vandalica dello stato sociale in occidente a mio parere bisogna innanzitutto superare la subalternità culturale, la passiva accettazione dell’ egemonia ideale del nemico di classe.
    La quale si fonda secondo me su una serie di mistificazioni massicciamente “propalate” da un poderoso apparato “monolitico” di manipolazione ideologica della realtà attivo “h24 per 365 giorni all’ anno, 366 nei bisestili” fra i cui più fondamentali caposaldi da demolire (senza impazienze e frettolosità velleitarie) vi sono a mio parere:

    1 Il preteso “crollo” o peggio “fallimento” del cosiddetto socialismo reale (non privo di difetti da studiare criticamente, ma) in realtà sconfitto in una settantennale sanguinosissima (anche quando “fredda”) guerra condotta dal nemico di classe impiegando i mezzi più barbarici e disumani (“metodo Giacarta”!); quelle esperienze presentavano evidenti limiti e difetti (in parte imposti dalla forsennata ostilità imperialistica), ma in compenso grandi conquiste di civiltà e progresso (piena occupazione, scuola e sanità gratuite per tutti, previdenza pensionistica decente o più che decente per tutti, ecc).
    Tutte queste mostruose falsità sono alla base della pretesa che “There is no alternative” (Thatcher), senza demolirle e rimuoverle non si va da nessuna parte.

    2 La bballe (non é un errore di ortografia ma un’ enfatizzazione) sull’ Unione Europea imperialistica, guerrafondaia, filonazista, demolitrice di ogni pur limitata conquista delle cassi lavoratrici in campo economico ma anche politico (leggi elettorali truffa, leggi antisciopero e anti-libertà-sindacale, leggi smaccatamente censorie e negatrici della libertà anche solo meramente formale di pensiero ed espressione, ecc.). Andazzo che é fra l’ altro potentemente favorito proprio dalla suddetta sconfitta del “S.R.” e dalle mostruose falsità dilaganti in proposito.
    Unione Europea dalla quale (come pure dalla NATO) é necessario uscire come paesi che ne fanno parte al più presto, anche da soli all’ inizio, sbattendo ben bene la porta, nella chiara consapevolezza (da non nascondere ma anzi illustrare chiaramente al popolo lavoratore) che questo comporta inevitabilmente una terribile fase di inauditi sacrifici per le masse lavoratrici (per parafrasare un bieco reazionario del XX° secolo, decenni di “lacrime, sudore, sangue”), senza i quali però non esiste realisticamente alcuna pur minima speranza di sottrarsi a questo inarrestabile, sempre ingravescente destino di miseria e di decadenza civile e morale, di barbarie: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca!).

    Visti anche i penosi precedenti di Tsipras-Varufakis in Grecia e di Podemos in Spagna mi chiedo: siamo sicuri che la Wagenknecht si attenga a questo “minimo sindacale” per essere credibile come reale, autentica alternativa al pessimo stato di cose presente o non costituisca invece l’ ennesimo penoso tentativo velleitario di minimizzare il massacro sociale in atto senza mettere in discussione le logiche profonde che lo determinano, con conseguente prontissima e penosissima calata di braghe nonappena i nodi venissero al pettine (per esempio dopo una pur improbabile vittoria elettorale)?

    Errare humanum est, perseverare diabolicum!

    • Giulio Bonali
      3 Settembre 2024 at 17:55

      Nel rammaricarmi per non avere (almeno finora) ricevuto critiche ed obiezioni (più o meno demolitrici oppure più o meno costruttive-integratrici) a queste mie considerazioni (critiche verso Sara Wagenknecht e verso il presente articolo: mi sembrerebbe utile e necessaria una discussione in merito), rimedio a una dimenticanza.
      Secondo me del “minimo sindacale” per essere credibili come autentica sinistra antisistema (e non pseudosinistra sistemca o politicamente corretta di complemento) fa parte una terza condizione: 3 Rifiutare qualsiasi ipotesi di alleanza (per qualsiasi motivo) con partiti e movimenti della pseudosinistra sistemica non meno (né più) irrevocabilmente e ineccepibilmente che con partiti della (autentica, “sincera”) destra più o meno esplicitamente e spudoratamente fascista o fascisteggiante. Si tratta in entrambi i casi di veri e propri nemici del popolo (secondo me “da trattamento alla Robepierre Stalin”; se appena possibile, ovviamente)!

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