La nuova svolta repressiva del Governo Meloni nel silenzio delle minoranze parlamentari


Sono stati presentati in Commissione alcuni emendamenti peggiorativi al ddl 1660, meglio noto come Pacchetto sicurezza del governo Meloni. Aggiungiamo poi che nel nostro paese non è lecito sapere come e se funziona l’infrastruttura per il riconoscimento dei volti in uso alle forze dell’ordine con un sistema operativo acquisito già 7 anni or sono. Leggiamo testualmente dall’Osservatorio repressione: “In Italia il riconoscimento facciale è sinonimo di Sari. Approvato nel 2018 dal Garante Privacy, questo software permette alla polizia scientifica di confrontare l’immagine di una persona con i volti contenuti all’interno del database Afis (Automated Fingerprint Identification System). L’archivio è gestito dal ministero dell’Interno e include persone fotosegnalate di cui sono state acquisite le impronte digitali. Il database contiene persone che hanno commesso reati in Italia, migranti irregolari, ma anche chiunque debba rinnovare o convertire il permesso di soggiorno….i.n Italia non è dato sapere nemmeno per quali reati possa essere impiegato il riconoscimento biometrico……..

Quel che è certo è che il riconoscimento facciale sembra essere diventato parte integrante dell’attività di polizia mentre l’opinione pubblica è rimasta totalmente all’oscuro di tutto. La risposta ricevuta da StraLi dimostra per l’ennesima volta quanto sia estenuante ottenere informazioni e quanto il puzzle sia lontano dall’essere completato.

Ma si tratta anche di una nuova conferma: fino a ora i dinieghi del ministero all’accesso ai dati statistici sono stati utilizzati come uno scudo improprio per impedire ogni tentativo di comprendere qualcosa in più su una tecnologia che rischia di trasformare per sempre la nostra la società. Da oggi quello scudo inizia a mostrare i primi segni di cedimento.”

Aprire una discussione pubblica sul riconoscimento facciale si scontra allora con la classica argomentazione della sicurezza dello Stato nel nome della quale molti segreti della nostra Repubblica sono rimasti tali impedendo un accesso civico indispensabile per la democrazia?

Un futuro prossimo dispotico e repressivo è all’orizzonte, prenderne atto e aprire una stagione di lotte contro la repressione e per la democrazia è un atto di coraggio indispensabile specie se all’orizzonte intravediamo feroci e ulteriori repressioni contro le realtà sociali attraverso l’approvazione di norme che andranno ad aggiungersi a leggi e decreti sulla costituzionalità dei quali molti hanno dubitato con argomentazioni di vario genere.

Da almeno 40 anni siamo dentro una visione panpenalista della Giustizia , è prevalsa  la logica securitaria costruendo il  classico nemico di turno contro il quale sono state ideate fattispecie di reati con anni di reclusione.

La sinistra italiana e il movimento comunista non hanno mai voluto fare i conti con la legislazione emergenziale degli anni Settanta e Ottanta, ogni misura eccezionale e temporanea  costruita in un dato periodo storico è rimasta al suo posto nell’ordinamento giuridico. Negli anni successivi si sono aggiunti i Pacchetti sicurezza, le misure contro i partecipanti ai rave party e ai cosiddetti eco vandali. 

Siamo in presenza di una ordinaria continuità tra tutti gli Esecutivi avvicendatisi all’insegna della repressione e di logiche securitarie e anche i fautori della difesa della Carta Costituzionale per lo più sono stati silenti dietro alla cancellazione di fatto della democrazia nel nostro paese.

Ci sembrano poi emblematiche le norme intraprese negli anni della pandemia, delle quali il green pass, oggi abrogato, è stato il provvedimento più noto.

La sinistra italiana ha partecipato attivamente alla stesura di norme che rispondevano a logiche securitarie, prova ne sia la cosiddetta certezza della pena nel nome della quale si sono riempite le carceri italiane di proletari, migranti e non, spesso reclusi e condannati per reati che avrebbero dovuto prevedere misure alternative alla pena.

I cpt e le carceri sono oggi sovraffollati, quelli che un tempo definivamo i dannati della terra vivono in condizioni disumane che ledono i diritti umani della persona.

Dopo gli anni della contraddittoria stagione  di Manipulite, le campagne per il 41 bis hanno visto imporre il carcere duro e di massima sicurezza anche a reati non ascrivibili alla galassia mafiosa e della criminalità organizzata, i vecchi e sani principi sanciti dalla Riforma carceraria sul finire degli anni Settanta oggi sono del tutto dimenticati, seppelliti da logiche securitarie e punitive, dalla condizione disumana in cui si vive negli istituti penitenziari italiani.

Nei mesi scorsi il governo Meloni ha iniziato una discussione in commissione parlamentare di un  emendamento all’ultimo Pacchetto sicurezza presentato da un parlamentare della Lega che ha già riscosso il parere positivo degli alleati di centro-destra.

E intanto arrivano i fogli di via, i divieti di dimora per attivisti sociali, le richieste di risarcimento agli attivisti sindacali per processi intentati da società e multinazionali che si ritengono oltraggiate ed economicamente colpite da picchetti, scioperi e manifestazioni di protesta in difesa dei posti di lavoro e per rivendicare condizioni lavorative e retributive dignitose.

Il prossimo obiettivo del governo sarà ancora più ambizioso, ossia ostacolare, prevedendo pene pesantissime, iniziative sociali e di piazza quando si andrà a costruire il Ponte sullo Stretto o qualche base militare sul territorio italiano.

Parliamo di una nuova e specifica aggravante dei reati contro la pubblica incolumità (!), aggravante ideata proprio per colpire movimenti sociali e attivisti che protesteranno contro le grandi opere. Sono infatti previste, qualora l’emendamento dovesse essere votato, pene che vanno dai 4 ai 25 anni di carcere. Nel silenzio delle opposizioni e dell’opinione pubblica, acquisiamo ogni giorno piena consapevolezza che in un Parlamento blindato è possibile approvare leggi liberticide (per l’Osce le norme del disegno di legge potrebbero minare i principi fondamentali del diritto penale e del nostro stato di diritto) che faranno impallidire i provvedimenti già esistenti.

Il ddl sicurezza del Governo ha attribuito maggiori poteri alla polizia ma l’obiettivo perseguito è quello di impedire sul nascere ogni imputabilità alle forze dell’ordine, lo stato di diritto all’improvviso si scopre invece dominato da logiche repressive e securitarie, dalla istituzione di nuovi reati  al posto di quelli che fino ad ora erano solo illeciti amministrativi; ad esempio, i blocchi stradali, se commessi da più persone, saranno puniti con il carcere fino a 2 anni di detenzione.

Se introdotto il nuovo comma all’articolo 339 del codice penale sarà possibile punire con anni di carcere reati quali resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un corpo dello Stato triplicando le pene oggi vigenti.

Siamo davanti a una inaudita svolta repressiva contro le agibilità sociali e politiche dei movimenti sociali e sindacali e ogni protesta contro l’apparato militare italiano diventa occasione per agitare lo spettro di reati associativi incarcerando gli attivisti per azioni simboliche come accaduto in Sicilia.

Se l’emendamento, come siamo certi, sarà approvato, una manifestazione contro un’opera pubblica potrà essere considerata una sorta di minaccia alla sicurezza dello Stato e i colpevoli rischieranno fino a 25 anni di carcere. Emblematico diventa il cosiddetto terrorismo della parola, un volantino nel quale si scriva “assediamo i cantieri” potrebbe costare anni di carcere anche se  gli organizzatori invitano la popolazione solo a iniziative simboliche e non violente.

Una repressione preventiva  “volta a intercettare comportamenti violenti posti in essere nell’ambito delle manifestazioni di protesta per l’esecuzione di opere pubbliche o di infrastrutture di interesse strategico”.  Siamo quindi davanti a un’autentica svolta reazionaria che pone fino a quel poco che resta dello stato di diritto e della democrazia. Nulla sarà come prima se approveranno all’inizio dell’autunno queste norme, per questo urge mobilitarsi e in fretta per difendere quel poco che resta della democrazia a e della agibilità politica.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 07-09-2023 Roma Politica Palazzo Chigi – Conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri Nella foto Giorgia Meloni, Carlo Nordio 07-09-2023 Rome (Italy) Politics Chigi palace – Press conference at the end of the Council of ministers In the pic Giorgia Meloni, Carlo Nordio
Fonte foto: (da Google)

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