Cambiano alcune
norme comunitarie in materia di bilancio ma sulla manovra economica del Governo
manca una visione di insieme
Si fa strada un tortuoso
percorso di confronto tra la commissione europea e il Governo italiano
sull’indebitamento economico per rientrare dei parametri previsti dalle norme
comunitarie, il Governo Meloni deve inviare la bozza della Manovra di Bilancio
a Bruxelles per il nulla osta necessario e solo dopo aprire la discussione in
Parlamento per la definitiva approvazione.
Le nuove norme in materia di bilancio comunitario sono state approvate nei mesi scorsi, viene superato il tradizionale rapporto debito/PIL superiore al 60 per cento, con riduzione annua dell’eccedenza di debito rispetto a questa soglia con misura pari ad almeno un ventesimo.
Proviamo quindi a
capirci qualcosa in una materia ostica e oscura a molti.
Partiamo dal tasso di
crescita della spesa primaria netta (Il Governo parla di aumento medio
dell’1,5% all’anno della spesa primaria netta e una celere diminuzione del
deficit che nel 2026 è previsto al di sotto del 3% del Pil), le previsioni
economiche del Governo sono state più volte smentite da un quadro economico
europeo sempre più critico.
Rispetto agli anni
antecedenti alla pandemia sono previsti maggiori investimenti pubblici
accompagnati da un pacchetto di riforme strutturali sostanzialmente imposte ai
singoli paesi, tutto quanto rientrerà nel documento di programmazione economica
con validità pluriennale.
I paesi che non
rientreranno nei parametri di spesa previsti dovranno quindi negoziare un piano
di rientro con alcune riforme che poi sono rappresentate da privatizzazioni e
da aiuti alle imprese. Ogni singolo stato dovrà quindi gestire le politiche di
bilancio all’interno della spesa deliberata, annualmente sarà redatta la
Relazione sullo stato di avanzamento che dovrà dimostrare il progressivo
rientro del debito con la presentazione annuale del Documento
programmatico di bilancio.
Il debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL e il disavanzo pubblico superiore al 3 per cento del PIL comporta un controllo severo da parte di Bruxelles in lunghi sette anni nei quali il paese indebitato dovrà rientrare all’interno dei parametri di spesa previsti.
La presentazione e il nulla osta del Piano e della manovra di Bilancio saranno dirimenti per il futuro del nostro paese e non intravediamo nel paese alcun dibattito sui contenuti ma piuttosto polemiche su singoli punti, magari meritevoli della massima attenzione, lasciando fuori dell’analisi le misure atte a contenere il debito e soprattutto la merce di scambio determinata dalle riforme strutturali richieste.
Mancano in sostanza una
visione di insieme e una articolata analisi economica, fiscale, di quali saranno
i tagli e le loro effettive ricadute sulla riduzione della spesa pubblica.
Leggiamo commenti parziali e critiche scollegate da percorsi analitici e conflittuali per entrare nel merito di una manovra di Bilancio che acuirà le disuguaglianze sociali ed economiche.
E quanti pensano che la discussione Parlamentare in corso sul ddl 1660 sia scollegata dalla manovra economica presto dovranno ricredersi visto che questo insieme di norme repressive e securitarie mira essenzialmente alla criminalizzazione del dissenso e della conflittualità. I padroni sono assai più lungimiranti dei subalterni e per questo vogliono inasprire le pene per azioni finalizzate a contrastare le grandi opere, per rafforzare invece le decisioni padronali e i processi di militarizzazione dei territori e della società.
Una visione di insieme dovrebbe, con lungimiranza, prendere sul serio le riforme strutturali, non crediamo che il ddl 1660 sia suggerito da Bruxelles ma rappresenta pur sempre un ‘offerta da presentare alle autorità europee per offrire e rafforzare l’immagine di un paese coeso e pacificato, senza conflitto sociale, credibile sul piano internazionale.
La
sostenibilità del debito prevede anni di aggiustamento di bilancio, ad esempio
gli Stati con un rapporto debito/PIL superiore al 90 per cento dovranno ridurre
il debito di almeno un punto percentuale all’anno, gli stati che invece hanno
un rapporto inferiore, tra il 60 e il 90 del PIL, dovranno ridurre il debito di
mezzo punto in percentuale.
Queste misure avranno conseguenze sociali sulle quali aprire un dibattito nei luoghi di lavoro dovrebbe rappresentare la priorità per le forze sindacali; ogni manovra di Bilancio comporta da sempre tagli al welfare riducendo le entrate nelle casse statali (tra sgravi fiscali e riduzione del cuneo fiscale), ben presto ci troveremo in condizioni tali da dover tagliare i fondi alla sanità, all’istruzione e ad altre voci dello stato sociale.
Viene permessa una certa flessibilità temporanea per consentire alla Commissione di realizzare anche significative variazioni dei tassi di interesse per la ripresa e la resilienza, un eventuale aumento del costo del denaro avrebbe ripercussioni senza dubbio negative sulle famiglie italiane e sul loro potere di acquisto. L’aumento dei tassi determinerebbe anche la crescita della spesa pubblica.
Altro
aspetto rilevante è dato dalla crescita delle spese militari che il Parlamento
Ue potrebbe escludere da ogni conteggio economico, spese insomma in deroga ai
parametri comunitari.
I prossimi anni presentano sfide per l’Italia e gli altri paesi europei indebitati, ad esempio come contenere la spesa pubblica (e da qui la volontà di far arrivare i dipendenti pubblici a 70 anni di età prima del pensionamento), quali saranno i margini possibili di manovra da parte del Governo italiano e i processi richiesti, o imposti, di riforme strutturali che a loro volta avranno effetti nefasti sulla tenuta sociale del paese soprattutto per le classi sociali subalterne.
A conferma dell’aumento delle spese militari è bene ricordare che tra le misure strutturali richieste da Bruxelles si trova proprio l’incremento degli investimenti pubblici nella difesa.
Altro
motivo di riflessione è dato dalle eventuali e ulteriori riforme costituzionali
all’orizzonte, il pareggio di Bilancio in Costituzione era stato espressamente
richiesto da Bruxelles e puntualmente realizzato dal Parlamento italiano, lo
stesso avverrà nell’immediato futuro davanti a ineludibili richieste
strutturali.
Urge quindi aprire una discussione su questi punti senza eludere i problemi che invece vengono nascosti sotto il tappeto.
Fonte foto: Il Riformista (da Google)