Continuano gli attacchi sfrenati contro il reddito di cittadinanza, ancora più adesso che siamo in campagna elettorale. In prima fila il centrodestra con Fratelli d’Italia, i berlusconiani di Forza Italia e tutta la pletora neoliberale che va da Renzi e Calenda fino ai fuoriusciti dalla stessa Forza Italia, e naturalmente, anche se con toni minori (solo perché quando era alleato con il M5S ha dovuto mandar giù il boccone), il PD.
Sembra che la causa della crisi economica in cui versa il paese sia data dal reddito di cittadinanza piuttosto che dalle macroscopiche contraddizioni strutturali di un sistema che vive ormai in uno stato di perenne crisi ed emergenza.
Gli attacchi si concentrano su due aspetti. Il primo.
Il rdc non funzionerebbe perché ci sarebbero troppi “furbetti”, e quindi andrebbe abolito per combattere gli abusi e gli sprechi. Quindi, con la stella logica, dal momento che è pieno di furbetti anche in questo caso, bisognerebbe abolire le pensioni di invalidità.
Non parliamo poi dell’evasione fiscale, un fenomeno molto italiano, diciamoci la verità, che costa allo stato italiano non so quanti miliardi di euro ogni anno. Non sono uno che vive sulla luna e so perfettamente che un certo minimo margine di evasione fiscale per piccolissimi artigiani, commercianti e soprattutto partite IVA (cioè falsi liberi professionisti ma in realtà lavoratori parasubordinati) è fisiologico ed anche necessario per tirare avanti. Ma quando questo margine si alza e anni fa leggevamo – è solo un esempio (lo ricordo ancora bene) – che la categoria dei gioiellieri dichiarava di guadagnare mediamente meno di una maestra o di un maestro elementare, allora siamo di fronte ad vero e proprio un furto ai danni della collettività. Per non parlare di tutta l’economia in nero molto spesso controllata dalla criminalità organizzata e, soprattutto, di tutte quelle grandi aziende che hanno trasferito la loro sede legale all’estero, appunto, per pagare meno tasse o non pagarle per nulla. Sorvolo – si fa per dire – sulle multinazionali, i “Grosse Bertha” del capitalismo mondiale, che, come noto, sotto questo aspetto e non solo (mi riferisco alle condizioni di lavoro dei loro dipendenti) fanno letteralmente il bello e il cattivo tempo in questo paese.
Il secondo aspetto consiste nel fatto che il reddito di cittadinanza incentiverebbe il parassitismo sociale. Si scordano di dire che il rdc non viene percepito a vita ma soltanto finchè non si trova un lavoro, un po’ come accade per la cassa integrazione o l’indennità di disoccupazione che comunque, ad un certo momento vengono sospese.
Ora, che il rdc, così come è stato concepito, contenga delle contraddizioni, può essere anche vero, ma questo non giustifica l’attacco concentrico a cui viene sottoposto.
La questione vera è un’altra. Il reddito di cittadinanza è una misura che, per quanto debole e contraddittoria, rappresenta un (comunque fragile) ostacolo all’offensiva neoliberista scatenata da anni e anni nei confronti del lavoro e dei lavoratori. Questi ultimi non devono avere nessun potere contrattuale, devono essere ridotti a merce come qualsiasi altra merce, come si confà al migliore spirito del capitalismo. La Repubblica fondata sul Lavoro è in realtà una Repubblica fondata sul Capitale, e tutto il resto è un corollario.
L’imperativo è, dunque, tornare al vero Spirito della Costituzione. Difendere la Costituzione significa mettere il lavoro e i lavoratori al centro della società. La lotta di classe passa oggi per la difesa della Costituzione.
Fonte foto: AREA (da Google)