La crisi tedesca riguarda tutta l’UE


I dati economici e le future scelte Usa dovrebbero essere motivo di grande preoccupazione e non essere invece sottovalutati dal capitalismo europeo.

La produzione tedesca è calata del 17% rispetto al 2017, crisi di un’economia in recessione che attraversa tutti i comparti industriali.

Ma quali sono le cause di questa crisi?

Senza dubbio la guerra in Ucraina, il blocco delle importazioni energetiche a basso costo dalla Russia e gli anni pandemici, ma forse le cause della crisi andrebbero ricercate anche nella Unione Europea, nelle politiche intraprese all’indomani del crollo del Patto di Varsavia con una espansione nell’Est Europeo che aveva trasformato la Germania nel motore del vecchio continente. Infine un capitolo a parte di una disamina anche frettolosa dovrebbe riguardare i ritardi in campo tecnologico tanto che il documento di Mario Draghi ipotizza lo sviluppo delle tecnologie duali.

Quella fase di espansione tedesca si è da tempo interrotta anche per l’avvicinamento di paesi dell’Est europeo verso gli Usa, fase caratterizzata dalla manodopera a basso costo in quegli stessi paesi, dalle importazioni a prezzi stracciati dell’energia e da accordi commerciali con la Cina.

Non è casuale che proprio la Germania abbia avversato la decisione Ue di imporre dazi alle macchine cinesi visto visto che con alcuni marchi esistono interessi economici comuni per gli ingenti investimenti tedeschi avvenuti negli ultimi 30 anni sul mercato asiatico.

Se non puoi acquistare energia a basso costo, se l’esercito di riserva non è a tua completa disposizione, se la guerra ha indebolito il tuo prestigio rimettendo in discussione l’egemonia all’interno della Ue, se aumenti esponenzialmente le spese militari sacrificando quelle sociali,  se la manodopera orientale si indirizza non più in Germania ma in altri paesi è scontato l’arrivo di una crisi non solo economica ma sociale e politica.

Oggi la competitività dell’industria tedesca è un lontano ricordo ma il suo crollo avrà presto effetti nefasti anche sulla manifattura di altri paesi Ue, il vecchio continente non era preparato alla transizione verde, o almeno era del tutto illogico allontanarsi con troppa rapidità dalle fonti energetiche tradizionali senza prima disporre di alternative valide ed economicamente sostenibili per alcuni anni.

Quello che non capiscono Meloni e Macron è l’effetto della crisi manifatturiera tedesca e le sue ripercussioni su tutta la Ue; chi si esalta per la vittoria di Trump come giustificherebbe tanto entusiasmo con la imposizione dei dazi sui prodotti europei al 10 per cento? E il sostegno alla guerra in Ucraina resterebbe tale qualora gli Usa volessero scaricarne gli oneri economici sulla UE?

Sono domande logiche alle quali la classe politica dominante evita di rispondere. Ma torniamo, per chiudere, sulla Germania, che indirizza la sua industria e ricerca industriale verso produzioni ad alto valore aggiunto, un settore attanagliato anch’esso dalla crisi ma in misura assai inferiore alla manifattura tradizionale. La Ue nel suo complesso è pronta a questo salto di qualità? Dubitiamo fortemente se guardiamo ai singoli paesi del vecchio continente impreparati ad investire in settori ad alto tasso tecnologico per lo sviluppo dei quali avrebbero bisogno della Cina che invece avversano con i dazi per compiacere gli Usa.

E quindi proprio dalla crisi economica e dalla marginalizzazione della industria tedesca anche i competitor europei hanno tutto da perdere. 

Fonte foto: da Google

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