Ho appena finito di vedere un documentario su Sky sul sequestro Dozier, il generale americano e della NATO sequestrato dalle BR nel 1982 e soprattutto sulle torture a cui i brigatisti catturati, anche prima della liberazione del generale, furono sottoposti dagli agenti speciali dei Nocs per ottenere informazioni utili.
E’ ormai da tempo appurato – come lodevolmente mostra il documentario – che l’ordine di torturare i brigatisti venne dai vertici del governo e non fu una iniziativa individuale degli agenti di polizia. I quali peraltro, e dal loro punto di vista giustamente, si sentirono traditi dallo stato stesso quando successivamente alle denunce dei torturati furono accusati e condannati (sia pure con pene molto blande).
La questione che voglio porre è però di ordine politico.
Quando vuole, se vuole, lo stato non si pone limiti e va fino in fondo. In quel caso c’era di mezzo un alto ufficiale statunitense e della NATO. Non si poteva fallire. E allora il ricorso sistematico alla tortura – come ormai emerso – fu autorizzato e ampiamente praticato.
Non mi risulta di appartenenti alle organizzazioni criminali, mafiose, ‘ndranghetiste, camorriste e quant’altro nei confronti dei quali le forze di polizia siano ricorse alla tortura. Di più. Sono moltissimi i militanti delle formazioni che praticavano la lotta armata ad essere rimasti uccisi non solo in scontri a fuoco ma in veri e propri agguati, così come sono stati moltissimi, per la verità, anche semplici lavoratori, studenti e attivisti politici uccisi dalle forze dell’ordine nelle piazze durante semplici manifestazioni o scioperi.
Non mi pare che lo stato si sia abbattuto con la stessa forza (e violenza) nei confronti delle organizzazioni criminali. Non mi risultano agguati della polizia o dei CC nei quali mafiosi o ‘ndranghetisti hanno perso la vita in seguito al fuoco delle forze dell’ordine. Se ci sono stati (non ho sottomano i numeri ma ho una buona memoria…) sono stati in proporzione di gran lunga inferiori (specie se pensiamo al numero enorme di affiliati alle organizzazioni criminali) a quelli in cui sono rimasti uccisi militanti delle BR, di Pima Linea, dei Nap o di tante altre formazioni terroristiche.
Non solo. Lo stato ha trattato, ad altissimi livelli, con la mafia, come da tempo emerso, ma non ha mai trattato con i brigatisti, se si eccettua l’operazione per la liberazione dell’assessore Cirillo a Napoli dove però trattò con la camorra (che ebbe il suo tornaconto da quella trattativa) che a sua volta era in contatto con la colonna napoletana delle BR. Resto inoltre convinto (ma questa questione comporta un articolo ad hoc) che anche in occasione del sequestro Moro, in molti, ai piani alti, nazionali ed internazionali, abbiano lasciato fare per questioni di “opportunità politica”. Moro, per molti, era più comodo da morto che da vivo.
Ergo, due pesi e due misure. Lo stato si è sentito minacciato dalla lotta armata al punto di sospendere lo stato di diritto. Al contrario, di fronte a quello che è un vero e proprio cancro incistato nel paese e nelle sue istituzioni che ha prodotto e continua a produrre un tasso di violenza intollerabile (e di gran lunga superiore, sia in termini quantitativi che “qualitativi” a quella prodotta dai brigatisti) per una società civile, ha dimostrato tutta la sua debolezza e spesso vera e propria collusione. Non è peraltro un mistero che una parte rilevante di questo paese, per cinquant’anni almeno, dalla fine della seconda guerra mondiale fino almeno agli anni ’90, abbia visto la pressochè totale sovrapposizione tra potere politico e organizzazioni mafiose, che poi sono delle SpA, se non delle vere e proprie multinazionali del crimine che operano sia nell’illegalità che nella legalità. E tutto ciò per esplicita volontà politica delle classi dirigenti di questo paese (sin dai tempi di Crispi e Giolitti) e in seguito anche degli USA.
Nello stesso periodo, cioè nella seconda metà del secolo scorso, la collusione/cooperazione fra stato, forze eversive di estrema destra (P2 ed elementi neofascisti, strategia della tensione), USA e NATO è stata anch’essa ampiamente documentata.
A tutt’oggi, sarà un caso, ma Cesare Di Lenardo, capo del commando delle BR che sequestrò Dozier, è in carcere da quarant’anni a scontare l’ergastolo (ha rinunciato ai benefici di pena previsti per legge dopo ventisei anni di reclusione) mentre il nazista e stragista Franco Freda è libero da decenni e il neofascista Delle Chiaie è stato lasciato galoppare in lungo e in largo in America Latina (oltre che in Italia) a organizzare colpi di stato, addestrare torturatori e gruppi paramilitari con l’appoggio degli americani e della CIA.
Un simile stato non è, purtroppo, credibile.
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