Per tanti di noi è difficile accettare l’idea che la guerra in corso sia figlia della fine della globalizzazione triadica, come amava correttamente definirla il compianto Bruno Amoroso.
L’emergere di nuove attori economici e politici nella scena globale ha spezzato l’egemonia e la pretesa anglosassone di governo e dominio unilaterale sul mondo.
La risposta a questa crisi che era già iniziata con le guerre in Afghanistan, Iraq, Siria, le rivoluzioni colorate nei paesi ex sovietici e in Medio Oriente , Iran, Egitto, Algeria, Tunisia, ecc..
L’obiettivo era ed è quello di ariginarla, di ritardarla, stangolando con il potete militare, finanziario, politico, ideologico, con sanzioni illegali quei paesi che non si assoggettano alle loro regole.
Non è mai stato un mistero che gli avversari strategici che minacciano l’egemonia anglosassone siano Russia e Cina, la forza militare russa e la potenza economica in ascesa della Cina.
La Guerra provocata in Ucraina è parte della stessa strategia di attacco al principale avversario geopolitico anglosassone, la Russia: sconfiggere la Russia sul piano militare o comunque indebolirla sul piano economico costringendola ad una lunga guerra di logoramento, è l’imperativo della sua scaturigine al fine di minarne la capacità strategica di condizionare i loro interessi.
La crisi dell’unipolarismo anglosassone non poteva risolversi pacificamente. La guerra ne era l’inevitabile corollario.
La guerra in Ucraina sembra preparata e studiata nelle sue dinamiche e nel suo svolgimento in tutti i dettagli a questo fine.
L’obiettivo era attirare con una serie di provocazioni la Russia nel conflitto, pena la sua resa.
L’escation è iniziata col golpe antirusso di Piazza Maidan e le leggi russofobe sulla lingua con le repressioni delle proteste in Donbass e Odessa. Seguita con l’occupazione de facto da parte della NATO delle sue infrastrutture militari e della sicurezza, oltre che dell’apparato informativo e propagandistico per la guerra psicologica.
Ma la domanda che mi faccio è un’alta.
Perché la cultura politica di sinistra ha avuto una reazione prevalentemente morale alla guerra, cadendo nella trappola preparata dalla sua narrazione come guerra tra aggressore russo e aggredito ucraino?
Perché non ci vede soprattutto la risposta anglosassone alla sua crisi di dominio sul mondo e invece la sua reazione è appunto solo di nobile e impotente pacifismo, astratto dalle sue cause più logiche e politiche? Pacifismo nobile ma deriso e attaccato dai guerrafondai istituzionali e non compreso fino in fondo neanche da tanti che pure si definiscono di sinistra e democratici, indignati per l’aggressione russa?
Questa reazione moralistica al conflitto in corso non aiuta la comprensione delle sue cause e non aiuta la giusta risposta che occorrerebbe mettere in campo per sconfiggere gli utilizzatori finali del conflitto in corso e disarmare sul piano politico e morale i suoi ispiratori.
Noi fra quelli di sinistra che hanno sempre combattuto il globalismo imperialista anglosassone e il suo modello sociale neoliberista, dovremmo aiutarlo a morire invece di piangere solo per le vittime che provoca ancora. Dovremmo sulle sue ceneri ricostruire un mondo di pace e cooperazione fra popoli e nazioni, dare vita a un mondo multipolare che si autogoverni ognuno secondo la sua storia e cultura, senza presunte democrazie da esportare sulla punta delle baionette, come da modello coloniale.
La pretesa dell’Occidente di essere il faro della civiltà universale è l’eredità della sua storia coloniale e razzista; i suoi valori appartengono solo al 10% della popolazione del mondo e non condivisi dal restante 90%.
È questa pretesa la radice ultima delle guerre, anche di quella in corso.
Un pensiero di sinistra ancorato a questa falso universalismo occidentalista non ha e non avrà futuro; il suo destino non potrà che ridursi ad essere l’ala sinistra dell’atlantismo liberista, sulle ceneri di quel che resta delll’Europa …